Relatio et vota

Voto VI

Il processo di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Fratel Teodoreto - al secolo Giovanni Garberoglio dei Fratelli delle Scuole Cristiane - non presenta ne problemi nuovi ne interrogativi complessi, giacché la sua vita si svolse tutta secondo un percorso esemplarmente lineare di fervore cristiano.

Guardata dall'esterno, infatti, essa si presenta secondo lo schema classico della vita di un religioso il quale, entrato con fervore giovanile in una Comunità, accresce di anno in anno il suo amore alla vocazione, partecipa attivamente alle iniziative della sua Congregazione, occupa, negli anni della maturità, dei posti direttivi, mettendo a frutto la sua esperienza formativa e didattica, e conclude il suo itinerario terreno, lasciando in eredità un esempio luminoso di virtù.

Nel nostro caso, poi, il processo di Fratel Teodoreto suscita due interrogativi.

Il primo, ovviamente, riguarda la pratica eroica delle virtù cristiane e religiose, cioè a dire, delle virtù « individuali », seppure di virtù individuali si possa parlare.

A tale quesito, stando alle molte testimonianze, la risposta, positiva, non pare difficile.

Il secondo quesito è più sottile, ed è specifico di questo processo, come di altri processi analoghi, e riguarda l'attività di « fondatore » di opere esterne, al margine della struttura della sua Congregazione sta positiva, pur dovendosi considerare che non mancarono le incomprensioni ed i contrasti, che i testimoni attribuiscono a colpa « degli altri ».

I fatti e i giudizi raccolti nel processo sono concordi nel fornire un'immagine positiva del Servo di Dio; si tratta, però, di una concordia che talvolta assume i caratteri della uniformità ripetitiva.

Nessuna voce veramente discorde si leva fra il coro di elogi: elogi sostanzialmente senza riserve, per un complesso di virtù luminose, senza zone di ombra, anche se qualche contrasto trapela, tra le pieghe delle deposizioni, allorché si parla di problemi sorti per la conduzione delle opere fondate dal Servo di Dio.

Questa concordia di testimonianze dimostra, innegabilmente, che il Servo di Dio lasciò l'eredità di un ricordo che il tempo non e riuscito a cancellare: meno facile appare, ovviamente, il salto dal giudizio di « fervore » a quello di « eroismo ».

Tra le righe delle testimonianze si può scorgere quasi il grafico dell'ascesa spirituale del Servo di Dio: dalla pratica, pia e fervorosa, delle virtù cristiane, apprese e praticate in seno alla famiglia, fino alla piena unione con Dio negli ultimi anni della vita.

I testimoni sono concordi nell'affermare che l'ambiente familiare in cui il Servo di Dio nacque ed ebbe la prima educazione era moralmente sano, nutrito di forte spirito cristiano.

E sono ugualmente concordi nell'affermare che nel periodo della vita religiosa il Servo di Dio fu molto più che un buon religioso, e che negli ultimi anni della vita dimostrava di affinarsi ogni giorno nella perfezione interiore.

Dall'infanzia alla giovinezza ed alla maturità la vita del Servo di Dio appare, dalle testimonianze, come una ricerca continua di Dio, in un fervore sempre crescente.

Esemplare, in proposito, può considerarsi la testimonianza riportata nella Biografia: « Spiccava su tutti gli altri per il buon carattere e per l'ottima condotta.

Subito i compagni lo tennero in concetto di un santarello.

Non che facesse qualche cosa di speciale; solo si applicava ad eseguire bene ogni esercizio portato dal Regolamento.

Era silenzioso, obbediente, studioso, pio, irreprensibile sotto ogni aspetto » ( Informatio, p. 10 ).

Si deduce facilmente, da questa e da altre testimonianze, che dei due possibili itinerari verso Dio, quello della perseveranza nel fervore dei primi anni, maturato ed approfondito col tempo, e quello di una conversione che fa cambiare all'improvviso il corso di tutta la vita, il Servo di Dio seguì il primo.

La sua fu una « santità » vissuta come frutto di una fedeltà mai smentita, anzi ogni giorno più generosa.

Come fa osservare anche qualcuno dei testimoni, nessun evento straordinario, nessun gesto clamoroso, nessuna iniziativa di respiro internazionale si trova nella biografia del Servo di Dio, in modo tale da attirare l'attenzione stupefatta e da suscitare l'ammirazione spontanea ed incondizionata; ma, al contrario, molte iniziative proposte ed incoraggiate, molto lavoro accettato con dedizione e svolto in silenzio: frutto, questo, innegabilmente di un grande fervore interiore.

Il problema che si pone alla considerazione del Consultore, ancora una volta, è quello di giudicare se ci si trova di fronte ad un religioso osservante e fervente, oppure ad un'anima che abbia raggiunto, attraverso la pratica eroica delle virtù, le vette dell'unione con Dio, in ricchezza straordinaria di fedeltà alla grazia, cioè la santità autentica.

Sin dai primi anni della vita religiosa, dall'anno del noviziato, all'anno del servizio militare, alla emissione dei voti - dapprima annuali, poi triennali e infine perpetui - il Servo di Dio dimostrò il proposito, forte e tenace, di acquistare sempre più lo spirito della sua Congregazione e l'amore all'ideale a cui si era consacrato, rifuggendo da qualsiasi mediocrità e da ogni contaminazione profana.

Le precauzioni da lui prese, durante il servizio militare, per non lasciarsi coinvolgere dallo spirito di caserma, soprattutto nei suoi lati goliardicamente negativi, costituiscono una prova, anche se forse con un po' di ingenuità e un po' di esagerazione, di grande sensibilità morale.

Il Servo di Dio assimilò gli insegnamenti trasmessigli nell'ambiente educativo e naturale, cioè, dapprima la famiglia e la parrocchia, e poi la comunità religiosa; una volta maturato, seppe trasmettere negli altri la sovrabbondanza della sua vita inferiore.

La sua « scommessa » per Dio - per usare la formula pascaliana - non è databile, quindi, ad un giorno preciso, non segna uno stacco netto tra un prima e un poi, ma coincide con tutto il corso della sua vita.

In questo itinerario spirituale il Servo di Dio fu esemplare nella pratica delle virtù tanto come religioso, quanto come insegnante, quanto come « fondatore » e direttore di opere di apostolato.

Come religioso, praticò, a giudizio unanime dei testimoni, in modo certamente non comune, le virtù teologali e cardinali, nonché i consigli evangelici: come insegnante, fu maestro non soltanto nell'arte di trasmettere le nozioni scolastiche, ma anche nel curare la disciplina e, soprattutto, la formazione morale degli alunni.

A tutto ciò si aggiunge anche l'attività forse più importante della sua vita, certo la più appariscente della sua personalità: la fondazione e la direzione dell'Unione dei Catechisti, in cui egli spese le sue migliori energie e che fu per lui una dura palestra di virtù.

Ovviamente questa tripartizione nella vita del Servo di Dio ha solo un valore didascalico e pratico, giacché in lui ogni attività fu animata da una ispirazione unitaria di fede, che si esplicava in ricchezza di carità.

Su tutte le virtù, i giudizi dei testimoni sono positivi, anche se le deposizioni talvolta si limitano a riferire impressioni soggettive, anziché presentare, con circostanze e fatti particolareggiati e significativi, gli elementi da cui il Consultore possa e debba ricavare il giudizio di merito.

Allorché i testimoni scendono ad elencare le prove delle singole virtù, si limitano, non di rado, a ricordare dei fatti che, presi singolarmente, non sembrano elevarsi al dì sopra del livello di fervore di un religioso esemplare.

In altri termini, il problema del giudizio sulla eroicità delle virtù nasce dal fatto che le testimonianze addotte non inducono a porsi un vero problema di interpretazione di uno stile di vita originalmente eroico.

Le stesse vicende della fondazione e della direzione dell'Unione dei Catechisti si presentano, nelle testimonianze, con contorni così sfumati, da far apparire che non ci furono lacerazioni nella Comunità, anche e soprattutto grazie alla prudenza del Servo di Dio, ma non vengono riportate esemplificazioni concrete.

La biografia di un religioso, che non abbia svolto un'attività di ampio respiro sociale e di vaste relazioni pubbliche e che non sia stato un innovatore nello stile di vita, lascia nell'anima, in casi come questo, un'impressione profonda di fervore, ma lascia anche sospeso l'interrogativo sulla santità come eroismo di virtù.

Vero è che eroismo è anche il modo straordinario di fare le cose ordinarie, allorché, però, questo modo straordinario abbia i caratteri di una profondità, di una perseveranza e di una crescita di fervore da richiedere, nella sua totalità, ben più di quanto richiede l'eroismo sporadico ed occasionale di un gesto clamoroso.

Ciò che è essenziale, ai fini del processo, è il tentativo di cogliere l'intensità della vita di grazia e il grado di fedeltà agli ideali evangelici, quali possono trasparire dalla semplicità dei gesti quotidiani, sempre ripetuti, ma anche sempre nuovi.

Gli atti del processo, come relazione di fatti e di gesti, non danno, presi ad uno ad uno, questa certezza: in realtà essi rinviano all'impressione generale di « santità » ricevuta da alcuni testimoni, i quali poterono frequentare il Servo di Dio.

Sta qui il nodo del processo: nel poter intravedere un grado straordinario, « eroico », secondo la terminologia giuridica, di perfezione evangelica, come l'unico elemento in grado di spiegare la continuità e il grado di fervore nella pratica di tutte le virtù.

Resta quindi da chiedersi se la trasparenza della santità interiore, di cui si trova traccia in parecchie deposizioni, poggi su testimonianze fondate e attendibili.

Mi sembra che questa ricchezza di interiorità - che è la radice dei gesti esteriori di ogni santità autentica - si possa ricavare sulla base delle osservazioni di alcuni testi certamente attendibili.

Poste queste premesse, è logico che la discussione analitica sulle singole virtù possa procedere senza alcuna difficoltà.

Quanto alle virtù teologali non è difficile seguire l'itinerario spirituale del Servo di Dio.

Fratel Teodoreto praticò la fede, anzi, ancor più che praticarla, l'amò, e la cercò non soltanto per se, ma soprattutto per donarla e trasmetterla agli altri, attraverso le opere dell'apostolato che egli promosse e diresse con sacrificio e dedizione.

Suor Maria Eletta Sommariva, che fu in rapporto con lui per 34 anni, rimanendo sempre ammirata per la irradiazione di purezza e di santità, ha deposto così: « Dal complesso della sua vita e dal suo comportamento pareva che il Servo di Dio vivesse in una continua meditazione: le cose della terra non avevano presa nel suo animo.

Posso poi attestare che il Servo di Dio aveva un'altissima stima per la parola del Signore » ( Summarium, p. 9 ).

Fratel Anastasio Spalla, che conobbe il Servo di Dio fin dal suo ingresso nell'Istituto, e che ne attesta la pratica di tutte le virtù in grado straordinario, nella sua deposizione mette in evidenza la grande devozione che Fratel Teodoreto aveva verso l'Eucaristia.

" Era modello nella pietà eucaristica.

Si preparava a ricevere la S. Comunione con grande fede: ricordo che quando nel 1943 dovette stare a letto per una grande infermità ed io lo vegliavo, la prima preoccupazione del mattino era prepararsi bene alla S. Comunione: iniziava presto anche delle ore prima del momento in cui sarebbe passato il sacerdote.

Si recava sovente in chiesa a visitare il SS.mo Sacramento » ( Summarium, p. 16 ).

Il fervore della sua fede si manifestava anche nello zelo che egli metteva nello spiegarla, nell'inculcarla, nel diffonderla, soprattutto nell'insegnamento catechistico e nelle iniziative per la conversione di coloro che erano lontani dalla fede.

Lo stesso Fratel Anastasio Spalla ha deposto in proposito: « La prima preoccupazione del Servo di Dio era il catechismo: anche in questo era un modello.

Voleva che anche i suoi Fratelli compissero questo loro dovere con il massimo impegno.

Favoriva il desiderio che gli operai dimostrano per conoscere la Religione e cercava di istruirli con tutti i mezzi a sua disposizione: esortava i fratelli a fare altrettanto.

Pregava perché la fede fosse comunicata ai pagani: quando sorgevano iniziative a favore delle opere missionarie, egli era il primo ad interessarsene » ( Summarium, pp. 15 seg. ).

Si comprende da ciò come il testimone Gaetano Sales abbia potuto affermare: « Tutta la vita di Fratel Teodoreto è un inno alla fede » ( Summarium, p. 58 ).

Non meno profonda era nel Servo di Dio la virtù della speranza.

I testimoni mettono in evidenza che egli viveva la speranza e, ancor più, infondeva la speranza in coloro che lo avvicinavano.

Il dott. Carlo Tessitore ha così deposto: « Tutta la vita e l'opera del Servo di Dio erano sostenute dalla virtù della speranza, esistente in lui in modo saldo.

Tutta la sua attività era orientata al cielo: senza tener presente questo, non si spiegherebbe nulla della sua vita.

Non ho mai notato il Servo di Dio ricercare né beni terreni, né onori, né stima e neppure una piccola soddisfazione ». ( Summarium, p. 46 ).

Questa grande speranza, che racchiudeva nella sua anima, il Servo di Dio era capace di trasfonderla negli altri.

Il dott. Pietro Fonti afferma: « Il Servo di Dio era ricercato da tutti e soprattutto dai catechisti per la sua capacità di comunicare una viva speranza cristiana.

Come ho già affermato la presenza di Fratel Teodoreto alle riunioni dei catechisti e del loro consiglio, era per tutti fonte di sicurezza e di incoraggiamento [...].

Mi risulta pure che Fratel Teodoreto sapeva infondere in tutti quelli che a lui ricorrevano in momenti difficili e dolorosi quella speranza e quel conforto di cui abbisognavano » ( Summarium., p. 135 ).

Quanto alla virtù della carità, sia come carità verso Dio che come carità verso il prossimo, le testimonianze sono numerose e altamente probative.

Sulla carità verso Dio ci limitiamo a citare la testimonianza di Giovanni Cesone, il quale afferma: « Il Servo di Dio faceva tutto per amor di Dio, raccomandandoci la medesima norma.

Nelle vie dello spirito - diceva - bisogna avere generosità fino all'orlo.

La misura di amare Dio infinito è di amarlo senza misura.

' Non usate il contagocce ' soleva dire » ( Summarium, p. 27 ).

Non si trattava però soltanto di parole « dette », ma di parole « vissute », che venivano fuori dal profondo del cuore.

Questo grande amore per Dio indusse Fratel Teodoreto, negli ultimi anni della vita, a fare l'offerta di se stesso all'amore misericordioso di Dio nello spirito di S. Teresa del Bambino Gesù.

Si preparò a questa consacrazione con un mese di intenso raccoglimento, con preghiere, mortificazioni e sofferenze.

Questa offerta operò in lui come una più intensa irradiazione di fervore.

Secondo la testimonianza di Suor Maria Eletta, che gli fu vicina in quella circostanza, pregando e soffrendo con lui, si operò quasi una conversione, se di conversione si può parlare per un religioso che è già giunto alle vette della pratica delle virtù cristiane.

« Da quel giorno infatti si avvertì in lui un cambiamento nella sua pietà: si manifestò una dolcezza e soavità interiore nuova [...].

Gli ultimi anni del Servo di Dio furono caratterizzati da una quasi miracolosa innocenza che prendeva fuoco.

Era l'ultima consumazione di una santità seria e robusta, che quasi di sorpresa dava una fioritura di primavera.

Quello spirito solido e forte si era soavizzato sotto questa ultima ondata di potente amore » ( Summarium, p. 10 ).

Quanto alla carità verso il prossimo, il Servo di Dio si dimostrò sempre animato da grande amore verso tutti, guardando tutti, sempre, con spirito di fede.

Fratel Anastasio Spalla ha cosi deposto: « Secondo le sue possibilità attendeva anche a tutte le opere di misericordia spirituale e corporale.

Ricordo in modo particolare la sua attività nell'assistenza agli infermi: egli era in questo pieno di sollecitudine e veramente esperto.

Generosissimo nel perdonar le ingiurie: non conservava mai rancore.

Era in questo di una pazienza immensa.

Anche coloro che non vedevano bene la sua opera, erano trattati con grandissima carità » ( Summarium, p. 18 ).

Affermazioni analoghe si trovano in quasi tutte le altre deposizioni, tra le quali ci limitiamo a citare quella di Gioacchino Giuseppe Gallo, il quale afferma: «Tutta la vita del Servo di Dio fu un inno della carità che si deve portare al prossimo per amore di Dio» ( Summarium, p. 119 ).

Ma il fervore di carità del Servo di Dio si manifestò soprattutto nello zelo eroico fatto di pazienza, di sofferenza, di perseveranza, nel fondare le sue opere, nel seguirne le vicende, nell'accettare in silenzio le contrarietà, nello spendere per esse tutte le sue forze.

La pratica della carità, in tal modo, veniva a coincidere con l'orientamento di tutta la sua vita.

Le testimonianze non ci dicono molto sulle contrarietà subite, ma fanno intravedere che le sofferenze del Servo di Dio non furono poche.

Creare delle opere parallele alla Congregazione di cui egli faceva parte, trasfondendo in esse il suo spirito e lasciandole nella loro autonomia strutturale, non fu compito facile, giacché tutto questo poteva sembrare - e a qualcuno, di fatto, sembrò - un modo di evadere dallo spirito della Congregazione e di creare attività alternative e divergenti.

E anche quando le decisioni dei Superiori non furono conformi ai suoi desideri, il Servo di Dio accettò tutto, in silenzio e spirito di fede.

Sulle virtù cardinali la concordia delle testimonianze non è minore che sulle virtù teologali.

Ci limitiamo ad alcune brevi citazioni sulle virtù della giustizia e della fortezza e, soprattutto, della obbedienza.

I testimoni sono concordi nell'elogiare il senso di giustizia, di esattezza, di precisione del Servo di Dio dovunque egli avesse il compito di tenere una amministrazione: cosa che può sembrare più che ovvia, ma che, in realtà, richiede spirito di sacrificio e salda coscienza morale.

Giovanni Cesone ricorda che il Servo di Dio tenne per diversianni la cassa dell'Unione Catechisti, per passarla poi allo stesso Dott. Cesone.

« All'atto della consegna potei constatare che tutto era avvenuto sempre con la massima regolarità e precisione.

Da allora quando riceveva delle offerte le trasmetteva a me: mi rendeva però conto delle spese che sopportava per l'Unione.

Potei anche constatare la sua giustizia nel destinare al giusto fine le offerte ricevute.

Mi risulta pure che tutti i debiti che dovette iniziare furono debitamente pagati » ( Summarium, p. 31 ).

Ammirevole era, a giudizio di molti testimoni, la virtù della fortezza che il Servo di Dio praticava.

Dava l'impressione di avere un carattere forte, un saldo equilibrio, una costanza nella pratica delle virtù e, soprattutto, una «sovrumana serenità» negli ultimi anni di vita

« ricchi di tanta sofferenza e di tante specie di sofferenze, in modo particolare dell'impedimento della lingua, certo abbastanza umiliante e gravoso» ( Summarium, p. 11 ).

Il Servo di Dio dimostrava un « pieno dominio di se stesso ».

Era « dotato di un carattere non solo forte ma anche sensibilissimo »; tanto nelle malattie come nella solitudine si dimostrò sempre « sereno e tranquillo, senza alcun cenno di lamento e senza parlare mai dei suoi mali » ( Summarium, pp. 51 e seg. ).

Sulla virtù della fortezza e importante quanto ha deposto Francesco Fonti, che fu a lungo amico del Servo di Dio e rimase in rapporto con lui per ben 30 anni.

« Il Servo di Dio ebbe sempre il pieno e totale dominio di sé: il suo equilibrio era una delle sue peculiarità.

Ritengo che fosse un aspetto della sua virtù della fortezza.

Fratel Teodoreto fu straordinario nell'ordinario.

La virtù della fortezza fu da lui esercitata in modo eroico nell'attuare il piano della fondazione di un Istituto Secolare in un momento difficile, quando cioè il Diritto della Chiesa non li prevedeva.

Egli dovette affrontale difficoltà di ogni cenere, non esclusa l'incomprensione dei confratelli [....].

Anche nelle malattie diede esempio di fortezza non comune, accettandole con perfetta fedeltà alla volontà di Dio » ( Summarium, p. 159 ).

La virtù che, a mio parere, dà, più di ogni altra virtù morale, la misura dell'eroismo del Servo di Dio è quella dell'obbedienza, giacché egli si trovò nella difficile situazione di essere, da una parte, « suddito » nell'ambito della sua Comunità, ed insieme « fondatore » e responsabile di opere, che vivevano al di fuori della Congregazione.

Contemperare l'obbedienza di suddito e l'autonomia di fondatore non era facile: da quanto possiamo dedurre dalle testimonianze, il Servo di Dio seppe trovare il giusto equilibrio nel contemperare l'amore alla Regola, che aveva abbracciato, ed il rispetto ai Superiori, da cui dipendeva, con l'autonomia e la fermezza necessaria a guidare delle opere in parte estranee alla Congregazione.

Sulla sua obbedienza come « suddito » nell'ambito della Comunità abbiamo delle testimonianze molto belle.

Fratel Teodoreto vedeva nei superiori i rappresentanti di Dio e accettava da essi consigli ed esortazioni.

Ad un superiore che doveva chiedergli il rendiconto e che, con molta delicatezza, si dimostrava imbarazzalo nel fallo, perché aveva ascoltato le esortazioni del Servo di Dio durante i recenti Esercizi Spirituali, Fratel Teodoreto «Fratel direttore, lei in questo momento ha la grazia di stato.

Mi Faccia il rendiconto come all'ultimo dei novizi ». In tal modo, concluse il teste, « egli dimostrava la sua sottomissione a chi in quel momento rivestiva la carica di suo superiore» ( Summarium, p. 114 ).

Questo atteggiamento d'obbedienza, umile e grande, semplice ma sofferta, egli ebbe sempre nei confronti dei superiori.

Gioacchino Giuseppe Gallo afferma che quando il Servo di Dio « si accorgeva che il suo pensiero non era conforme al pensiero del superiore [...], taceva e non ritornava più sull'argomento oggetto del contrasto» ( Summarium, p. 120 ).

La virtù dell'obbedienza non poteva non esser messa a dura prova allorché il Servo di Dio si dedicava alla direzione delle opere da lui fondate.

Il Dott. Domenico Conti afferma che l'obbedienza gli fu occasione delle prove più dolorose della sua vita.

« Basti pensare quando gli dovette costare il dire e il disdire di certi Superiori a proposito dell'Unione ch'Egli aveva fondato, gli apprezzamenti talvolta poco benevoli di alcuni di essi circa gli scritti di Fra Leopoldo e d'altra parte l'impegno ch'Egli sentiva nel doverli presentare come parola del Signore sia pure sulla base di un giudizio di umana prudenza, interamente subordinato all'eventuale giudizio della Chiesa [...].

La sua obbedienza era talmente viva che riusciva a mantenersi calmo in situazioni veramente drammatiche solo perché abituato a ricevere ogni cosa dalle mani di Dio » ( Summarium, p. 228 ).

Da tutti gli elementi che si ricavano dalle testimonianze, mi pare che si possa concludere, facendo proprio il giudizio complessivo di alcuni testimoni che furono più vicini al Servo di Dio.

Il Dott. Carlo Tessitore, Presidente Generale dell'Unione Catechisti del SS.mo Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata, afferma: « Avvicinandolo mi apparve subito come un uomo superiore e straordinario nella sua semplicità.

Tale impressione non fu causata dall'incontro di nessun'altra persona nella mia vita » ( Summarium, p. 38 ).

Il Dott. Gaetano Sales dichiara che, vivendo vicino al Servo di Dio, gli « sembrava di vivere vicino alla virtù » ( Summarium, p. 61 ).

L'Avv. Amedeo Peyron ha testimoniato: « In tutti i miei incontri con il Servo di Dio ho sempre avuto modo di riconoscere in lui l'uomo di Dio, il che spirava dai suoi atteggiamenti e dal suo modo di fare » ( Summarium, p. 70 ).

Considerando, quindi, il complesso delle testimonianze, mi pare che alla domanda di rito, se, cioè, il Servo di Dio abbia praticato in grado eroico le virtù teologali e le virtù morali, si possa rispondere affirmative, salvo meliore iudicio.

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