Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Fine dell'Unione

Necessità della penitenza

La penitenza è di precetto prima essere di consiglio e s'impone ad ogni cristiano:

"Se voi non farete penitenza, perirete tutti" ( Lc 13,3 )

"Penitenza, penitenza" ( N.S. di Lourdes a S. Bernadette e N.S. di Fatima ai tre bambini ).

"Il Capo si è immolato, tutti i membri devono essere altresì ostie viventi" ( Bossuet ).

Non c'è salvezza senza virtù, non c'è virtù senza sforzo, non c'è sforzo senza penitenza.

La penitenza s'impone per doppio titolo alle anime religiose:

per effettuare l'immolazione di se stessa in un'oblazione più perfetta e fare a Nostro Signore "un'offerta di maggior prezzo operando contro la propria sensualità, l'amore della carne e del mondo", per contribuire maggiormente alla salvezza del prossimo partecipando più da vicino al sacrificio della redenzione compiuto da N.S. Gesù Cristo, "compio in me ciò che manca alla passione di Cristo" ( Col 1,24 ).

Nell'Unione all'obbligo generale che riguarda ogni anima religiosa si aggiunge quello richiesto dal fine e dalla forma della nostra vocazione.

Una parte notevole della penitenza è assicurata dalla fedeltà costante ai doveri numerosi, difficili e qualche volta crocifiggenti, derivanti dai nostri obblighi familiari e religiosi.

Nello stesso tempo la vita di famiglia non manca di offrirci certe soddisfazioni naturali e comodità che noi dobbiamo compensare con certe privazioni e restrizioni nell'ambiente stesso di tali facilitazioni.

L'esercizio dell'apostolato ci offre abitualmente molte occasioni alle penitenze volontarie, lavoro intenso, certe volte ingrato, sacrificio delle inclinazioni personali, umiliazioni, urti frequenti, dipendenza continua, molte occasioni di sofferenze da accettare, non con la reazione ordinaria del mondo e neppure con la sola rassegnazione, ma con la generosità e lo slancio di un'anima veramente data al Signore, condizione necessaria per reagire sul prossimo e conquistarlo al bene.

Come principio, la misura di penitenza è determinata, come tutti i mezzi, dalla considerazione del fine e "quel tanto" che è necessario per dominare le cattive tendenze che portano al male.

In pratica essa è fissata dall'obbedienza che ne aumenta il merito e ci salva dalle illusioni che ci portano al troppo o al troppo poco.

La penitenza principale è interiore; essa deve sempre accompagnare quella esteriore.

Le principali penitenze esteriori possono ridursi a tre:

privazione di nutrimento, privazione di sonno, penitenze affettive.

Fra le penitenze si possono distinguere:

le penitenze libere, interiori o esteriori, temporanee senza influenza sulla salute e senza ripercussione sulla regolarità e sull'esercizio del proprio dovere.

Le penitenze esteriori comuni che dipendono dal Presidente.

Le penitenze alquanto straordinarie che devono essere autorizzate d'accordo tra il confessore e il Presidente.

Ciò che conta è lo spirito di penitenza.

Le austerità esteriori sono un nulla senza lo spirito interiore di penitenza, cioè di espiazione, di riparazione e d'amore sull'esempio di Nostro Signore, della SS. Vergine e dei Santi.

" Ogni membro dell'Istituto deve non solamente spogliarsi d'ogni affezione propria e puramente naturale, ma lasciarsi guidare in ogni cosa dai propri superiori, non avendo di mira che la gloria di Dio " ( R. e C. art. 33 ).

La prima parte di questo articolo contiene un punto essenziale della perfezione evangelica, quello di spogliarci interamente dell'affetto che la carne e il sangue danno per i genitori e i parenti e cambiarlo in affetto spirituale.

C'è la necessità per ogni cristiano di liberarsi da ogni affetto unicamente basato sulla natura e capace di impedirgli la fedeltà alla legge di Nostro Signore.

"Se uno non odia il padre suo, e la madre, e l'anima sua, non può essere mio discepolo" ( Lc 14,26 ).

Quest'odio non è che una preferenza d'amore data a Lui che nella sua infinita bontà volle conquistare tutti i cuori sui quali aveva ogni diritto.

Ma se tale è il distacco che si esige da ogni cristiano, molto più si richiederà dai religiosi che, per il loro stato e in virtù dei loro voti, sono obbligati a tendere continuamente alla perfezione e a seguire più da vicino Nostro Signore.

Ogni vita religiosa implica il sacrificio, il distacco da ciò che si possiede, condizione che deve precedere il dono di sé.

Più il sacrificio è intero, pienamente effettuato e amato, più la vita religiosa è perfettamente vissuta.

Per noi catechisti, l'obbligo del distacco dai parenti cambiando l'amore naturale in affetto spirituale è molto più importante sia perché vi siamo tenuti come tutti gli altri religiosi, sia perché ci è reso assai più difficile dal fatto che in realtà non siamo separati dalla famiglia.

Come effettuare tale obbligo? Seguendo l'esempio di Nostro Signore.

È il nostro modello:

"Gesù obbediva a Maria SS. e a S. Giuseppe" Come Lui obbedendo ai genitori è a Dio che dobbiamo obbedire, ed è Dio che dobbiamo amare.

Come Lui altresì non dobbiamo esitare a sacrificare gli affetti più legittimi a quelli che dobbiamo a Dio per assicurarci in presenza di mansioni superiori la perfetta indipendenza che esse richiedono:

"Non sapevate come nelle cose spettanti al Padre mio, debbo occuparmi?" ( Lc 2,49 ).

Nessuna compiacenza verso i parenti deve distoglierci dalla via nella quale Dio vuole che camminiamo.

Il grado più elevato a cui dobbiamo mirare, non è soltanto il sacrificio affettivo, il distacco del cuore, ma la disposizione al sacrificio effettivo dei parenti.

Bisogna esser disposti ad allontanarci anche per sempre, e perciò affliggerli grandemente, quando il servizio di Dio e la nostra perfezione lo richiedono.

Può darsi che tale obbligo non si presenti, ma non dobbiamo perciò escluderlo dal nostro pensiero.

Dobbiamo anzi mantenere l'anima nostra in questa disposizione generosa.

Nulla ci sarà richiesto se non secondo i disegni di Dio e per il suo maggior servizio.

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