Il principio Persona

Indice

Introduzione

1) Scienza e filosofia rischiano costantemente di perdere di vista la persona in un atteggiamento antiumanistico, che le ha condotte lungo i sentieri dell'ideologia, del riduzionismo, della manipolazione.

Per coloro che non accettano questo esito è tempo di « raddrizzare la barca » e di riprendere a meditare sulla persona: il tentativo è stato avviato in varie scuole filosofiche del '900, con esiti incerti in rapporto ai numerosi eventi di grande portata che si parano sul cammino.

Ieri, oggi e domani lo scopo è di « mettere al mondo » la persona, promuovere l'accadimento dell'uomo di cui diceva F. Balbo in Il laboratorio dell'uomo ( 1946 ).

Acuto è perciò il bisogno di riprendere la meditazione su di lui, questo sconosciuto che deve sempre essere riscoperto di nuovo.

Si avverte l'urgenza di una rinascita personalista dinanzi agli immensi poteri mediatici, economici, militari, scientifici che spesso si accaniscono nel diminuire l'uomo, nel farne un essere asservito, umiliato, offeso.

Da vari lustri si è imposta all'attenzione la « questione antropologica », ormai prepotentemente affiancatasi alle usuali questioni pubbliche che, prendendo il nome di « questione istituzionale democratica » e « questione sociale », hanno dato almeno in Occidente il tono a due secoli di storia.

Rispetto a queste problematiche la questione antropologica presenta caratteri più radicali ed appare destinata a diventare sempre più pervasi va.

L'uomo è messo in questione tanto nella sua base biologica e corporea quanto nella coscienza che forma di se stesso.

E ciò non soltanto astrattamente, ma praticamente, perché le nuove tecnologie della vita incidono sul soggetto, lo trasformano, tendono ad operare un mutamento nel modo di intendere nozioni centrali dell'esperienza di ognuno: essere generato oppure prodotto, nascere, vivere, procreare, cercare la salute, invecchiare, morire.

Si tratta di trasformazioni di nuclei sensibilissimi che hanno interessato migliaia di generazioni e che costituiscono il tessuto fondamentale dell'esperienza umana in tutti i luoghi e tempi.

Il rapporto tra Persona e Tecnica costituisce uno dei temi più complessi dell'epoca.

Dubbi circolano sulla reale indisponibilità della persona: l'uomo può migliorarsi ma anche distruggersi.

Più si allarga il potere dell'uomo, più aumentano le possibilità di bene e di male, e forse in certo modo più i rischi che le opportunità.

Intanto nella cultura risuona sempre più spesso l'interrogativo: che cosa rimane della nozione di persona ricevuta dalla tradizione filosofica?

2) « Non vi è alcun ideale o alcuno scopo al quale noi possiamo sacrificare, poiché di tutti conosciamo le menzogne, noi che non sappiamo affatto che cosa sia la persona umana »: tale sembra il messaggio, implicito o esplicito, diffuso da una parte considerevole della cultura attuale che talvolta dispera di se stessa dopo aver disperato dell'uomo.

Nonostante l'accelerato sviluppo delle scienze umane, percepiamo la mancanza di un'adeguata conoscenza dell'uomo, di una vera sapienza dell'umano.

La più alta e complessa controversia, da gran tempo in corso e che accende gli animi ovunque, è la controversia sull'humanum il cui esito appare aperto.

Sembra che quanto più le scienze cercano di stringere da presso la conoscenza dell'uomo, tanto più questa si divincoli e sfugga alla presa dei saperi scientifico-analitìci, lasciando dietro di sé interrogativi e tensioni.

La sfida si era già dispiegata dinanzi all'occhio scrutatore di Pascal.

« Avevo trascorso gran tempo nello studio delle scienze astratte, ma la scarsa comunicazione che vi si può avere con gli uomini me ne aveva disgustato.

Quando cominciai lo studio dell'uomo, capii che quelle scienze astratte non si addicono all'uomo, e che mi sviavo di più dalla mia condizione con l'approfondirne lo studio, che gli altri con l'ignorarle.

Ho perdonato agli altri di saperne poco, ma credevo almeno di trovare molti compagni nello studio dell'uomo.

Sbagliavo: sono meno ancora di quelli che studiano le matematiche ».1

Con questo pensiero Pascal propone la domanda antropologica pochi anni dopo l'infausta separazione cartesiana fra pensiero/mente e corpo/estensione, secondo cui l'io risiede nel pensiero e il corpo - affidato alla contingenza e all'inessenziale - è pronto per essere attribuito alla regia della scienza e ad entrare nell'area del dominio tecnico.

Il presupposto di non poche utilizzazioni recenti delle scoperte genetiche e biologiche può venire con sicurezza individuato nel dualismo cartesiano.

La semplicistica divisione dei compiti fra scienza e filosofia - alla scienza la res extensa e alla filosofia il pensiero - è diventata un ostacolo al sapere, in specie a quello vertente sulla vita che si rifiuta nella maniera più totale a essere ridotta a mera estensione.

3) L'ingresso nella cultura dell'idea di persona ha rappresentato un punto di svolta tanto nella vicenda della filosofia quanto nella storia universale.

Essa mostrerà la massima fecondità quando si estenderà in modo planetario, ben oltre il mondo storico e culturale in cui ha preso avvio e sino ad oggi affonda le sue radici.

Ma se la controversia sulla persona si accende di nuovo in questo ambito spirituale, è perché l'idea-realtà di persona attraversa un momento di eclissi e richiede nuovamente la fatica del concetto.

In tale congiuntura occorre rimeditare speculativamente la realtà della persona, accedendo ad un'adeguata ontologia metafisica.

La chiarificazione della modalità d'essere della persona è di pertinenza della metafisica.

La sua ricerca è più originaria e radicale di quella delle scienze positive, comprese quelle umane, nel senso che l'indagine scientifica sulla persona non ne raggiunge mai l'essenza.

Il ricorso alla concettualità ontologica vuole significare che il logos è altrettanto e forse più necessario del nomos per pensare la persona, nonostante l'immagine disfattistica della filosofia e della metafisica, oggi diffusa forse soprattutto nel pensiero continentale.

Una razionalità ristretta attanaglia molti aspetti del pensiero attuale, pronto a gettare nel non-senso tutto ciò che non quadra con le sue misure.

Il nostro sguardo si è fatto più anemico: spesso non siamo più in grado di cogliere nuclei dell'essere e del vivere che lungo millenni sono stati avvertiti dalle principali civiltà.

Di questa razionalità diminuita fa le spese la persona.

La nozione ( e la realtà ) della persona non è propriamente morale e/o valutativa, ma ontologica.

Il valore che attribuiamo alle persone dipende fondamentalmente dal loro status ontologico, da cui in modo necessario procede la loro dignità, che è un « dopo » non un « prima ».

Ora nella modernità l'ontologia metafisica della persona è andata incontro ad un velamento, che l'enfasi sul suo valore assiologico ( pensiamo a Kant ) non è in grado di bilanciare.

La riscoperta della persona risulta impossibile finché si permane nella sfera del soggetto autocentrato che fa perno solo su se stesso e rende tutto il resto oggetto.

Il soggettocentrismo moderno, sentendosi agli sgoccioli, cerca una rivitalizzazione consegnandosi alla tecnica e alla volontà di potenza, in cui ogni cosa assume senso e realtà solo se è assicurata come oggetto calcolabile e utilizzabile per la rappresentazione dell'io.

Il soggetto non conosce l'altro nella sua alterità ma lo rende un oggetto, che deve dare ragione di se stesso rendendosi disponibile per ogni possibile manipolazione.

4) L'antropologia filosofica attuale non è più d'impronta idealistica o esistenzialistica o psicoanalitica, come accadde nel XX secolo per periodi alquanto estesi.

Ha abbandonato l'idealismo con la sua visione eccessivamente ottimistica e intellettualistica dell'uomo, poco capace di mettere in conto le pulsioni irrazionali presenti in lui; ed ha pure in parte abbandonato la prospettiva esistenzialistica della decisione e della contingenza, nonché quella psicoanalitica dell'inconscio.

Accade invece una decisa ripresa del positivismo col suo correlato quasi necessario che è il naturalismo, contro le intenzioni della fenomenologia: in effetti Husserl conclude la sua lunga polemica verso il positivismo con La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale.

Secondo l'impostazione positivistica che adotta la lettura materialistica dell'essere umano, ciò comporta che l'antropologia filosofica appartenga alle scienze della natura.

L'assunto era ben presente in vari filoni dell'illuminismo del '700 e Destutt de Tracy ne dà piena garanzia scrivendo nei suoi Eléments d'Ideologie ( "Prefazione" ):« "L'Ideologia è una parte della zoologia, ed è soprattutto nell'uomo che tale parte è importante e merita di essere approfondita ».

Riportata a zoologia, l'ideologia o gnoseologia si riconduce più esattamente a fisiologia delle sensazioni.

La premessa di Destutt è analoga a quella di Nietzsche: il pensare è sempre un sentire e alla sua base stanno le condizioni fisiologiche.

L'uomo non c'è più, perché la sua psiche è considerata mero epifenomeno della volontà originaria e impersonale della vita come volontà di potenza; e perché il suo pensiero vale solo come un rapportarsi reciproco degli istinti.

In sostanza il cammino dell'antropologia materialistica, iniziato nel Settecento e per un certo tempo fermato dalla barriera ottocentesca elevata dall'idealismo, è ripreso con forza.

In tal modo tende a dissolversi per quanto concerne l'antropologia delle scienze cognitive e della mente artificiale la contrapposizione fra scienze della natura e scienze dello spirito, ma al prezzo di una fondamentale riduzione: quella dell'uomo ad elemento compiuto della physis.

5) Nel titolo del presente volume echeggia quello del celebre libro di H. Jonas: Il principio responsabilità.

Un'etica per la società tecnologica, che forse a sua volta trasvalutava il Principio speranza di Bloch.2

Mi è parso che la fondamentalità della ricerca sulla persona potesse trovare un avallo in tale affinità, secondo cui ritrarre le cose verso il principio è operazione necessaria quando tutto si confonde.

Il nostro specifico ritrarsi verso l'origine è di taglio ontologico, senza con ciò soggiacere all'illusione di aver detto tutto.

Essendo la persona ultimamente eccedenza e ulteriorità mai completamente catturabile, non si da un unico linguaggio su di essa, per quanto quello metafisico sia imprescindibile e capace di andare alle radici.

A maggior ragione appare insufficiente un rinnovamento soltanto discorsivo dell'accesso alla persona: finché non saranno riesperiti i nuclei centrali dell'esser-persona, non vi è molto da attendersi da operazioni di cosmesi linguistica.

Principio-persona significa che nelle ricerche che riguardano l'uomo e il suo agire non è sufficiente limitarsi al termine coscienza, né a quello di soggetto, né a quello di individuo cui viceversa molte filosofie della modernità e postmodernità si sono riferite.

La persona è originaria e primitiva, e raggiunge una profondità e permanenza che non hanno le altre categorie appena citate o l'uso che spesso ne è stato fatto.

6) In filosofia il Novecento è stato il secolo del personalismo, nel quale numerosi e profondi sono stati i corifei della persona.

Un elenco incompiuto include i nomi di Max Scheler, Edith Stein, Dietrich von Hildebrand, Paul Landsberg, Adolf Reinach, Emmanuel Mounier, Gabriel Marcel, Jacques Maritain, Romano Guardini, Paul Ricoeur, Emmanuel Lévinas, Vladimir Soloviev, Karol Wojtyla, Robert Spaemann, Martin Buber.

Indubbiamente il personalismo quale insieme di scuole e correnti filosofiche che assegnano speciale valore e dignità alla persona, non è in senso proprio un'invenzione del '900, ma originariamente della Patristica, del Medioevo cristiano e dell'Umanesimo: qui sono state elaborate in certo modo per sempre le idee fondamentali sulla persona e dischiuso come nuovo guadagno il suo spazio di realtà.

E se è vero che il personalismo del Novecento talvolta toglie qualcosa a questa grandiosa tradizione, d'altra parte vi aggiunge anche non poco per quanto concerne lo sviluppo delle scienze sull'uomo, il tema dei diritti umani, le intuizioni sulla giustizia e l'eguaglianza umana, il valore della vita comune, il fatto che la dignità, inerente ad ogni persona, deve essere difesa concretamente per tutti.

I personalisti hanno reagito a quella spersonalizzazione dell'uomo che può operarsi lungo varie strade e che conduce infallibilmente all'abolizione dell'uomo, quale è ad es. dipinta da Robert Musil in L'uomo senza qualità.

Viceversa, sia pure entro una considerevole varietà di registri, le filosofie di taglio personalistico assumono che la persona umana è al centro della realtà o dell'essere, che ognuno è dotato di una speciale dignità, che alcune filosofie più intensamente personalistiche ritengono infinita.

Perciò ogni essere umano è unico e insostituibile.

Oggi il personalismo egualitario con il corteo dei diritti umani che appartengono alla persona, costituisce la base solida per edificare un cosmopolitismo politico: tale personalismo da voce all'idea che le unità fondamentali di rilevanza ontologica, morale e politica sono le persone, portatrici di eguale valore ed eguale dignità, e non gli Stati o altre forme di associazione umana.

Due capitoli esplorano i riflessi di tale assunto sulle questioni della pace e della democrazia.

Il personalismo del XX secolo, se è stato influente nella critica dei totalitarismi drasticamente antipersonalisti, e se ha gettato i suoi semi nella Carta dell'ONU e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, ha incontrato minor penetrazione negli ultimi decenni in Occidente negli ambienti segnati da individualismo e darwinismo.

Attacchi al principio-persona provengono dallo scientismo e, in altri contesti, dall'antipersonalismo a base marxista esistente in Cina e dall'antipersonalismo non così raro in India.

Uno dei grandi compiti storici del personalismo fu di reagire alla crescita della spersonalizzazione, all'epoca delle masse amorfe, che non di rado conducono per reazione all'individuo isolato e senza legami.

Secondo una nota posizione di Ricoeur, il personalismo negli anni '50 e '60 del secolo scorso « non è stato così competitivo da vincere la battaglia del concetto », riuscendo con difficoltà ad influenzare l'elaborazione del pensiero mondiale.3

Il personalismo ha sì costituito insieme all'esistenzialismo e al marxismo un'espressione culturale diffusa a cavallo degli anni '50 del secolo passato, ma la sua durata è stata alquanto labile.

Contribuirono al suo declino il pensiero strutturalista e la ripresa poderosa del nichilismo di matrice nicciana.

D'altro canto si deve registrare un influsso positivo di alcune intuizioni personaliste, recepite ad es. nelle Carte costituzionali italiana e tedesca e nell'azione politica in vari Paesi.

Alla valutazione ricoeuriana è giusto riconoscere una parte di verità, concernente forse alcune espressioni del personalismo francese, meno se volessimo estenderla a tutto l'ambito della filosofia della persona.

Questa ha continuato ad esprimersi con vigore, incontrando però l'opposizione o venendo marginalizzata dal l'irrompere dell'oblio dell'essere, del nichilismo, delle filosofie del Neutro, da varie correnti analitiche, dalla diffusa postura antimetafisica e postmetafisica.

Nell'oblio dell'essere non è precontenuto l'oblio della persona, essendo questa la più alta e piena realizzazione dell'essere?

Da numerosi anni desideravo dedicare una riflessione specifica alla persona, e per altrettanti pensavo di abbinarle una filosofia dell'amore.

Su entrambi i temi, in specie sul secondo, ho tenuto vari corsi presso l'Università di Venezia, di cui conservo schemi e stesure parziali.

Nell'anno accademico 2000-01, un'epoca in cui insegnavo « Storia della filosofia morale », svolsi il tema « Pensare la persona », e ne pubblicai le dispense presso l'editrice Cafoscarina.

Riprendendo adesso in mano il progetto, ho ritenuto opportuno concentrare il discorso sulla persona, assegnando minor sviluppo alla questione dell'amore.4

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1 Pascal, Pensieri, n. 176, Ed. Scrini, Mondadori, Milano 1970, p. 135.
2 Solo molto tempo dopo aver scelto il titolo mi sono reso conto che C. Arata aveva nel 1977 intitolato un suo studio "Principio di Parmenide e principio di Persona", RFNS, n. 4, 1977, pp. 581-609, sostenendo un 'personalismo teologico' nutrito da "La Metafisica della Prima Persona" (cfr. RFNS, n. 2, 1989, pp. 181-200).
3 P. Ricoeur, La persona, Morcelliana, Brescia 1997, p. 22.
4 Richiamo per comodità i luoghi in cui ho trattato della persona: Una filosofia per la transizione. Massimo, Milano 1984; Approssimazioni all'essere.
Il Poligrafo, Padova 1995; Religione e vita civile. Armando, Roma 2002; Nichilismo e metafisica.
Terza navigazione. Armando, Roma 2004; Noi che non sappiamo affatto che cosa sia la persona umana …, «Filosofia oggi», gennaio-marzo 2004, pp. 3-28.