Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se qualche nome si dica di Dio in senso proprio

In 1 Sent., d. 4, q. 1, a. 1; d. 22, q. 1, a. 2; d. 33, q. 1, a. 2; d. 35, q. 1, a. 1, ad 2; C. G., I, c. 30; De Pot., q. 7, a. 5

Pare che nessun nome debba dirsi di Dio in senso proprio.

Infatti:

1. Tutti i nomi che diamo a Dio sono presi dalle creature, come si è detto [ a. 1 ].

Ora, i nomi delle creature si dicono di Dio in senso metaforico, come quando si dice che Dio è una pietra, un leone e così via.

Quindi tutti i nomi che si dicono di Dio sono usati in senso metaforico.

2. Nessun nome è detto in senso proprio di colui del quale con più verità è negato anziché affermato.

Ora, tutti questi nomi: buono, sapiente e simili, con più verità vanno negati piuttosto che affermati di Dio, come dimostra Dionigi [ De cael. hier. 2,3 ].

Quindi nessuno di tali nomi è detto di Dio in senso proprio.

3. I nomi dei corpi non si predicano di Dio se non metaforicamente, essendo egli incorporeo.

Ora, tutti questi nomi implicano delle condizioni materiali: includono infatti nel loro significato l'idea di tempo, di composizione e di altre simili cose, che sono condizioni proprie dei corpi.

Quindi tutti questi nomi si predicano di Dio metaforicamente.

In contrario:

Scrive S. Ambrogio [ De fide 2, prol. ]: « Ci sono dei nomi che ci mostrano all'evidenza le proprietà della divinità; altri che esprimono la chiara verità della maestà divina; altri poi che si dicono di Dio in senso traslato per similitudine ».

Non tutti i nomi, dunque, si dicono di Dio metaforicamente, ma alcuni si dicono in senso proprio.

Dimostrazione:

Come abbiamo già detto [ a. prec. ], noi conosciamo Dio dalle perfezioni che egli comunica alle creature; perfezioni che si ritrovano in Dio in un grado certo più eminente che nelle creature.

Tuttavia il nostro intelletto le apprende nel modo in cui si trovano nelle creature; e come le apprende, così le esprime a parole.

Nei nomi dunque che attribuiamo a Dio si devono considerare due cose: le perfezioni stesse significate, come la bontà, la vita, ecc., e il modo di significarle.

Riguardo dunque a ciò che tali nomi significano, essi convengono a Dio in senso proprio, e anzi più proprio che alle stesse creature, e si dicono di lui primariamente.

Quanto invece al modo di significare non si dicono di Dio in senso proprio, poiché hanno un modo di significare che conviene alle creature.

Analisi delle obiezioni:

1. Certi nomi esprimono le perfezioni comunicate da Dio alle realtà create in maniera che lo stesso modo imperfetto con cui la perfezione divina è partecipata dalla creatura è incluso nello stesso significato del termine, come ad es. la parola pietra significa qualcosa che esiste [ solo ] nella materia: e tali nomi non si possono attribuire a Dio se non metaforicamente.

Altri nomi invece significano le stesse perfezioni in modo assoluto, senza che alcun limite di partecipazione sia incluso nel loro significato, come ente, buono, vivente e simili: e questi si dicono di Dio in senso proprio.

2. Dionigi dice che tali nomi si debbono negare di Dio precisamente per questo, perché ciò che è espresso nel nome non compete a Dio nel modo in cui il nome lo significa, ma in una maniera più sublime.

Quindi Dionigi nel medesimo punto dice che Dio è al disopra di ogni sostanza e di ogni vita.

3. Questi nomi che si dicono di Dio in senso proprio comportano condizioni corporali non nello stesso significato del nome, ma quanto al modo di significare.

Quelli invece che si applicano a Dio in senso metaforico implicano [ materialità o ] condizione corporale nello stesso loro significato.

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