Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se gli atti nozionali siano volontari

In 1 Sent., d. 6; C. G., IV, c. 11; De Pot., q. 2, a. 3; q. 10, a. 2, ad 4, 5

Pare che gli atti nozionali siano volontari.

Infatti:

1. S. Ilario [ De Synod., can. 25 Sirm. ] insegna che « il Padre generò il Figlio senza esservi costretto da naturale necessità ».

2. Così l'Apostolo [ Col 1,13 ] scrive che egli « ci ha trasportati nel regno del Figlio del suo amore ».

Ma l'amore appartiene alla volontà.

Quindi il Figlio fu generato dal Padre volontariamente.

3. Nulla vi è di più volontario dell'amore.

Ma lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come Amore.

Quindi procede dalla [ loro libera ] volontà.

4. Il Figlio procede intellettualmente come Verbo.

Ma ogni verbo procede dalla libera volontà di chi lo esprime.

Quindi il Figlio procede dal Padre per volontà, non per natura.

5. Ciò che non è volontario è necessario.

Se dunque il Padre non generasse il Figlio di sua volontà, si dovrebbe dire che lo genera per necessità, contro quanto insegna S. Agostino [ Ad Orosium 7 ].

In contrario:

S. Agostino [ Ad Orosium 7 ] afferma che « il Padre non generò il Figlio né per volontà, né per necessità ».

Dimostrazione:

L'affermazione: una cosa è, oppure avviene, voluntate [ volontariamente ], può essere intesa in due modi.

Primo, nel senso che l'ablativo [ voluntate ] stia a indicare solo una concomitanza: come posso dire che sono uomo di mia volontà, cioè perché voglio essere uomo.

E in questo senso si può affermare che il Padre genera il Figlio volontariamente, come volontariamente è Dio: infatti egli vuole essere Dio e vuole generare il Figlio.

- Secondo, nel senso che l'ablativo stia a indicare un rapporto di causa: come quando diciamo che l'artefice opera di sua volontà, perché questa è la causa che lo muove ad agire.

E in questo senso si deve dire che il Padre non genera il Figlio volontariamente; mentre invece volontariamente ha prodotto le creature.

Perciò si legge in S. Ilario [ De Synod., can. 24 Sirm. ]: « Se qualcuno dirà che il Figlio fu fatto da Dio volontariamente come una creatura qualsiasi, sia anatema ».

E il motivo di ciò sta nel fatto che la volontà e la natura, nel causare, presentano questa differenza: la natura è determinata a un unico effetto, mentre la volontà non è determinata.

E ciò perché l'effetto corrisponde esattamente alla forma in forza della quale ogni cosa agisce.

Ora, è chiaro che ogni cosa non ha che una sola forma naturale, quella cioè che le dà l'esistenza: quindi produce un effetto identico a se medesima.

La forma invece per cui agisce la volontà non è una sola, ma ve ne sono molte, quanti sono cioè gli oggetti dell'intelligenza.

Quindi ciò che deriva come effetto dalla volontà non ha la stessa natura della causa, ma ha quella natura che la causa ha inteso dargli.

Concludendo: la volontà è il principio di quelle cose che potrebbero essere anche diversamente da come sono; la natura invece lo è di quelle che non possono essere se non come sono.

Ora, ripugna che la natura divina possa essere diversamente da come è, mentre ciò è proprio delle creature: poiché Dio è l'essere intrinsecamente necessario, la creatura invece è stata creata dal nulla.

Ed è per questo che gli Ariani, volendo giungere a provare che anche il Figlio è una creatura, dicevano che il Padre ha generato il Figlio volontariamente, dando al termine volontà il significato di causa.

Noi invece dobbiamo dire che il Padre generò il Figlio non per volontà, ma per natura.

Quindi S. Ilario [ l. cit. ] afferma: « È la volontà di Dio che ha dato l'essere a tutte le creature, mentre è la perfetta nascita da una sostanza impassibile e innascibile che ha dato al Figlio la natura.

Tutte le altre cose infatti furono create quali Dio le ha volute; il Figlio invece, nato da Dio, è tale quale è Dio stesso ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il testo di S. Ilario è contro coloro che dalla generazione del Figlio volevano esclusa anche la volontà concomitante, dicendo che il Padre ha generato il Figlio senza avere la volontà di generarlo; come capita a noi uomini di subire contro voglia tante cose, p. es. la morte, la vecchiaia e altre miserie del genere.

E ciò risulta chiaramente dal contesto.

Infatti vi si legge: « Il Padre non ha generato il Figlio senza volerlo, o come forzato o spinto da una necessità naturale contro la sua volontà ».

2. L'Apostolo chiama Cristo « Figlio dell'amore del Padre » perché è immensamente amato dal Padre, non perché l'amore sia il principio della generazione del Figlio.

3. Anche la volontà, considerata come una natura, vuole alcune cose naturalmente: la volontà umana, p. es., tende naturalmente alla felicità.

E così pure Dio per natura vuole e ama se stesso.

Invece, come si è visto [ q. 19, a. 3 ], circa le altre cose la sua volontà è in qualche modo indifferente a volerle come a non volerle.

Ora, lo Spirito Santo procede come Amore in quanto Dio ama se stesso.

Quindi procede per natura, quantunque derivi attraverso una processione di ordine volitivo.

4. Negli stessi princìpi razionali è necessario risalire ai primi princìpi che sono conosciuti [ immediatamente ] per natura.

Ora, Dio intende se stesso per natura.

Quindi la concezione del Verbo divino è naturale.

5. Si dice che una cosa è necessaria o per un motivo intrinseco, o per qualche motivo estrinseco.

E il motivo estrinseco può intervenire in due modi.

Primo, come causa efficiente e cogente: e in questo caso "necessario" ha il valore di "violento".

Secondo, come causa finale: si dice, p. es., che una cosa è necessaria in ordine al fine quando senza di essa il fine o non può essere raggiunto in alcun modo, o [ non può essere raggiunto ] pienamente.

Ora, in nessuno di questi due ultimi modi la generazione divina è necessaria: poiché Dio non è ordinato a un fine, e neppure può essere sottoposto a una coercizione.

- Necessario invece per un motivo intrinseco è ciò che non può non essere.

E in questo senso è necessaria l'esistenza di Dio.

E allo stesso modo è necessario che il Padre generi il Figlio.

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