Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se vi sia un gran numero di angeli

Infra, q. 112, a. 4, ad 2; In 2 Sent., d. 3, q. 1, a. 3; C. G., II, c. 92; De Pot., q. 6, a. 6; Opusc. 15, De Angelis, c. 2

Pare che non vi sia un gran numero di angeli.

Infatti:

1. Il numero è una specie della quantità, e risulta dalla divisione di ciò che ha estensione.

Ma l'estensione non può aver luogo negli angeli poiché, come si è dimostrato sopra [ a. 1 ], essi sono incorporei.

Quindi non vi può essere un gran numero di angeli.

2. Quanto più una realtà è vicina all'unità, tanto meno viene moltiplicata, come appare manifestamente nella serie dei numeri.

Ma fra tutte le altre nature create la natura angelica è la più vicina a Dio.

Essendo quindi Dio sommamente uno, pare che nella natura angelica la pluralità debba essere ridotta al minimo.

3. Pare che l'effetto proprio delle sostanze angeliche sia il moto dei corpi celesti.

Ma i movimenti dei corpi celesti si riducono a un piccolo numero ben determinato, che noi possiamo conoscere.

Quindi il numero degli angeli non è superiore a quello dei moti dei corpi celesti.

4. Dice Dionigi [ De div. nom. 4 ] che « tutte le sostanze intelligibili e intellettuali devono la sussistenza ai raggi della bontà divina ».

Ma il raggio si moltiplica in ragione della diversità dei soggetti che lo ricevono.

D'altra parte non si può dire che la materia sia un soggetto ricettivo del raggio intelligibile, poiché si è dimostrato [ a. 2 ] che le sostanze intellettuali sono immateriali.

Pare quindi che la moltiplicazione delle sostanze intellettuali dipenda unicamente dalle esigenze dei primi corpi, cioè di quelli celesti, di modo che ad essi termina, indirettamente, l'emanazione dei suddetti raggi.

Quindi abbiamo la conclusione precedente.

In contrario:

Si legge nella Scrittura [ Dn 7,10 ]: « Mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano ».

Dimostrazione:

Nello stabilire il numero delle sostanze separate i vari autori procedettero per vie diverse.

Secondo Platone [ Phaed. 49; Parmen. 6 ] le sostanze separate sono le specie delle realtà sensibili: come se dicessimo che la natura umana esiste allo stato separato.

Stando dunque a questa sentenza bisognerebbe concludere che il numero delle sostanze separate corrisponde al numero delle specie delle realtà sensibili.

- Ma Aristotele [ Met. 1,9 ] rigetta tale opinione, per la ragione che la materia è parte essenziale della specie di queste realtà sensibili.

Le sostanze separate non possono quindi esserne le specie prototipe, ma hanno una natura superiore ad esse.

Aristotele ritiene tuttavia [ ib. 12,8 ] che quelle nature più perfette siano ordinate alle realtà visibili come loro cause motrici e finali, per cui cerca di stabilire il numero delle sostanze separate in base al numero dei primi moti.

Ma poiché tale sentenza è in contrasto con la Sacra Scrittura, l'ebreo Mosè Maimonide, volendo trovare un accordo fra l'una e l'altra, affermò [ Dux neutr. 2, cc. 4,6 ] che il numero degli angeli, se si intendono con questo nome le sostanze immateriali, corrisponde al numero dei corpi celesti, come insegna Aristotele.

D'altra parte però, per salvare la Sacra Scrittura, sostenne che nei libri sacri sono chiamati angeli tanto gli uomini che annunziano messaggi divini, quanto le forze della natura che manifestano l'onnipotenza di Dio.

- Ma in realtà la Scrittura non suole affatto dare il nome di angeli alle forze cieche della natura.

Si deve quindi affermare che anche gli angeli propriamente detti, ossia le sostanze immateriali, superano per il loro numero ingentissimo qualunque moltitudine materiale.

E questa è la sentenza di Dionigi [ De cael. hier. 14,1 ], il quale afferma: « Gli eserciti beati delle menti celesti sono numerosi, e trascendono la debole e ristretta misura dei nostri numeri materiali ».

E la ragione di questo fatto sta in ciò: che Dio nella creazione delle cose ha di mira principalmente la perfezione dell'universo, di modo che quanto più gli esseri sono perfetti, tanto più grande è il numero in cui furono creati da Dio.

Ora, come nei corpi si misura la preminenza degli uni rispetto agli altri in ragione della grandezza, così nelle realtà incorporee si può valutare la superiorità reciproca in rapporto al numero.

Noi vediamo infatti che i corpi incorruttibili, che sono fra tutti i corpi i più perfetti, sorpassano quasi incomparabilmente per la loro grandezza i corpi corruttibili, poiché la sfera dei corpi corruttibili è ben poca cosa a confronto dei corpi celesti.

È dunque ragionevole che le sostanze immateriali superino quasi incomparabilmente, per il loro numero, le sostanze materiali.

Analisi delle obiezioni:

1. Negli angeli non esiste quella specie del numero che è causata dalla divisione del continuo, ossia la quantità aritmetica; vi è però il numero causato dalla distinzione delle forme, da cui risulta la molteplicità propria dei trascendentali, come si è detto sopra [ q. 30, a. 3 ].

2. La natura angelica, a motivo della sua vicinanza con Dio, deve avere il minimo di complessità nella sua costituzione, ma non richiede affatto di trovarsi in pochi individui.

3. L'argomento è di Aristotele [ Met. 12,8 ].

E la conclusione a cui esso giunge sarebbe necessaria se le sostanze separate esistessero solo in funzione delle sostanze corporee.

In tal caso infatti sarebbero inutili quelle sostanze immateriali da cui non fosse causato alcun movimento nelle realtà corporee.

Ma non è affatto vero che le sostanze immateriali esistono in funzione di quelle corporee: il fine è infatti sempre più nobile di ciò che ad esso è ordinato come mezzo.

Per cui anche Aristotele osserva che l'argomento non è apodittico, ma soltanto probabile.

D'altra parte egli dovette forzatamente servirsi di tale argomento, non potendo noi giungere a conoscere le realtà intelligibili se non attraverso quelle sensibili.

4. L'argomento si fonda sulla sentenza di coloro che assegnavano la materia come unica causa della distinzione delle cose.

Ma tale sentenza l'abbiamo già confutata [ q. 47, a. 1 ].

Per cui la moltiplicazione degli angeli non è fondata né sulla materia, né sui corpi, ma è originata dalla sapienza divina, che ha ideato più ordini di sostanze immateriali.

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