Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se l'angelo conosca i singolari

Infra, q. 89, a. 4; In 2 Sent., d. 3, q. 2, a. 3; C. G., II, c. 100;De Verit., q. 8, q. 2; q. 10, a. 5; De anima, a. 20; Quodl., 7, q. 1, a. 3; Opusc. 15, De Angelis, cc. 13, 15

Pare che l'angelo non conosca i singolari.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Phys. 1,5 ] insegna che « il senso coglie i singolari, la ragione ( o intelletto ) invece gli universali ».

Ma negli angeli, come si è visto [ q. 54, a. 5 ], non vi è altra facoltà conoscitiva all'infuori dell'intelligenza.

Quindi gli angeli non conoscono i singolari.

2. Ogni conoscenza avviene attraverso un conformarsi del conoscente al conosciuto.

Ma non pare che un angelo possa conformarsi a un singolare nella sua singolarità: poiché l'angelo, come si è detto sopra [ q. 50, a. 2 ], è immateriale, mentre il principio della singolarità è la materia.

Quindi l'angelo non può conoscere i singolari.

3. Se l'angelo conoscesse i singolari li conoscerebbe o per mezzo di specie singolari o per mezzo di specie universali.

Ma non [ li conosce ] per mezzo di specie singolari: perché allora dovrebbe avere infinite specie.

E neppure per mezzo di specie universali: infatti l'universale non è un principio sufficiente per la conoscenza del singolare in quanto singolare, poiché nell'universale i singolari sono conosciuti solo virtualmente.

Quindi l'angelo non conosce i singolari.

In contrario:

Nessuno può avere in custodia ciò che non conosce.

Ma gli angeli hanno in custodia gli uomini singoli, come dice il Salmo [ Sal 91,11 ]: « Egli ha dato ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi ».

Quindi gli angeli conoscono i singolari.

Dimostrazione:

Alcuni hanno negato agli angeli qualsiasi conoscenza dei singolari.

- Ma ciò, in primo luogo, è contrario alla fede cattolica, secondo la quale le cose di questo mondo sono governate dagli angeli, come dice l'Apostolo [ Eb 1,14 ]: « Sono tutti spiriti incaricati di un ministero ».

Ora, se essi non avessero alcuna conoscenza dei singolari non potrebbero prendersi cura alcuna di tutto ciò che si svolge in questo mondo, poiché tutte le azioni appartengono ai singolari.

E ciò è in contrasto con quanto insegna la Scrittura [ Qo 5,5 ]: « Non dire dinanzi all'angelo: Non c'è provvidenza ».

- In secondo luogo tale concezione contrasta pure con gli insegnamenti della filosofia, la quale stabilisce che gli angeli muovono le sfere celesti, e che le muovono con atti di intelligenza e di volontà.

Perciò altri dissero che l'angelo conosce bensì i singolari, ma solo per mezzo delle cause universali da cui dipendono tutti gli effetti particolari, a quel modo in cui l'astronomo dalla disposizione dei moti celesti prevede un'eclissi futura.

- Ma anche questa tesi non sfugge agli inconvenienti anzidetti: poiché conoscere il singolare nelle sue cause universali non significa conoscerlo come singolare, ossia nelle circostanze concrete.

Infatti l'astronomo che dal calcolo dei moti celesti prevede l'eclissi futura la conosce in modo universale, ma non la conosce nelle sue circostanze di tempo e di luogo se non quando la percepisce con i sensi.

Ora il governo, la provvidenza e il moto hanno per oggetto i singolari nelle loro circostanze di tempo e di luogo.

Si deve perciò procedere diversamente e dire che, come l'uomo conosce ogni genere di cose con le sue varie facoltà conoscitive, cioè quelle universali e immateriali con l'intelletto e quelle singolari e corporee con i sensi, così l'angelo con la sola facoltà intellettiva conosce tanto le une quanto le altre.

L'ordine delle cose vuole infatti che quanto più un essere è superiore, tanto più abbia una virtù semplice capace di estendersi a un maggior numero di oggetti.

E lo dimostra il fatto che nell'uomo il senso comune, che è superiore al senso proprio, sebbene sia un'unica potenza conosce tutte le cose che sono apprese dai cinque sensi esterni, e conosce in più altri aspetti che non sono percepiti da nessun senso esterno, come la differenza del bianco dal dolce.

E la stessa cosa si verifica in altri campi.

Essendo quindi l'angelo superiore all'uomo, sarebbe poco ragionevole affermare che l'angelo non è in grado di conoscere con la sua unica facoltà conoscitiva, che è l'intelletto, quanto l'uomo conosce con una qualsiasi delle sue potenze.

Tanto è vero che Aristotele [ De anima 1,5; Met. 3,4 ] reputa inammissibile che Dio possa ignorare una lite che noi conosciamo.

Possiamo poi farci un'idea del modo in cui l'intelletto dell'angelo conosce i singolari ricordando che le cose derivano da Dio non soltanto per sussistere nella loro propria natura, ma anche per inserirsi nella conoscenza angelica.

Ora, è evidente che da Dio non deriva soltanto ciò che appartiene alla natura universale, ma altresì tutto ciò che è principio di individuazione.

Dio infatti è causa di tutta la sostanza di una cosa, tanto della materia quanto della forma.

Come quindi Dio con la sua essenza, principio di tutte le cose, è causa esemplare di tutti gli esseri, e per mezzo di essa conosce tutte le cose non solo nella loro essenza universale, ma anche nella loro singolarità, così gli angeli, per mezzo delle specie infuse in essi da Dio, conoscono le cose non solo quanto alla loro natura universale, ma anche nella loro singolarità, in quanto sono certe rappresentazioni molteplici di quella essenza unica e semplice.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Filosofo parla del nostro intelletto, il quale non conosce le cose che per astrazione; e ciò che viene astratto è universale appunto in forza dell'astrazione dalle condizioni della materia.

Ma tale maniera di conoscere non si addice agli angeli, come si è già dimostrato [ q. 55, a. 2; a. 3, ad 1 ]: quindi il paragone non regge.

2. Gli angeli nella loro natura hanno una certa somiglianza con le realtà materiali, ma non nel senso di una somiglianza di genere, di specie o di accidenti, bensì nel modo in cui una realtà di ordine superiore può essere conforme a una di ordine inferiore, come il sole al fuoco.

E in questo senso si trova in Dio [ stesso ] una somiglianza con tutte le cose, sia quanto alla forma che quanto alla materia, poiché in lui, come nella sua causa, preesiste tutto ciò che si trova nelle cose.

E per la stessa ragione le specie dell'intelletto angelico, che sono delle somiglianze derivate dall'essenza divina, sono somiglianze delle cose non solo quanto alla forma, ma altresì quanto alla materia.

3. Gli angeli conoscono i singolari per mezzo di forme universali, le quali tuttavia rispecchiano le cose sia quanto ai loro princìpi universali, sia quanto ai princìpi individuanti.

Come poi sia possibile conoscere molte cose con un'unica specie lo si è già visto più sopra [ q. 55, a. 3, ad 3 ].

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