Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se nell'uomo vi sia qualche altra forma oltre all'anima intellettiva

In 4 Sent., d. 44, q. 1, a. 1, sol. 1, ad 4; C. G., IV, c. 81; De Spir. Creat., a. 3; De anima, a. 9; Quodl. 1, q. 4, a. 1; 11, q. 5; Comp. Theol., c. 90

Pare che nell'uomo vi sia qualche altra forma oltre all'anima intellettiva.

Infatti:

1. Dice il Filosofo [ De anima 2,1 ] che l'anima è « l'atto del corpo fisico che ha la vita in potenza ».

L'anima quindi è paragonata al corpo come la forma alla materia.

Ma il corpo ha una forma sostanziale che lo fa essere corpo.

Perciò prima dell'anima esiste nel corpo un'altra forma sostanziale.

2. L'uomo, come ogni altro animale, muove se stesso.

Ora, ogni essere che muove se stesso si divide in due parti: una che muove e l'altra che è mossa, come prova Aristotele [ Phys. 8,5 ].

Ma la parte movente è l'anima.

Quindi è necessario che l'altra parte sia tale da poter essere mossa.

La materia prima però non può essere mossa, come dice Aristotele [ Phys. 5,1 ], essendo un ente soltanto in potenza; anzi, tutto ciò che è mosso è un corpo.

È necessario dunque che nell'uomo e in ogni altro animale ci sia un'altra forma sostanziale, come costitutivo del corpo.

3. L'ordine tra le forme si stabilisce in rapporto alla materia prima, poiché il prima e il poi si dicono in ordine a un principio.

Se dunque nell'uomo non vi fosse alcun'altra forma sostanziale oltre all'anima razionale, e questa fosse unita immediatamente alla materia prima, ne seguirebbe che essa verrebbe a trovarsi nella categoria delle forme più imperfette, le quali appunto sono unite immediatamente alla materia.

4. Il corpo umano è un corpo misto.

Ora, la combinazione degli elementi [ mixtio ] non interessa soltanto la materia, perché in tal caso avremmo la sola corruzione.

È perciò necessario che le forme degli elementi rimangano nel corpo misto, ed esse sono forme sostanziali.

Perciò esistono nel corpo umano altre forme sostanziali oltre all'anima intellettiva.

In contrario:

Un'unica realtà non ha che un solo essere sostanziale.

Ma la forma sostanziale dà l'essere sostanziale.

Perciò un'unica realtà non può avere che un'unica forma sostanziale.

Ora, l'anima è la forma sostanziale dell'uomo.

È quindi impossibile che nell'uomo vi siano altre forme sostanziali, oltre all'anima intellettiva.

Dimostrazione:

Se si ammettesse con i Platonici [ cf. a. 1 ] che l'anima intellettiva non si unisce al corpo come forma, ma solo come motore, bisognerebbe affermare che nell'uomo vi è un'altra forma sostanziale da cui il corpo, soggetto alla mozione dell'anima, sarebbe costituito nel suo essere.

Se invece l'anima intellettiva, stando a quanto si è detto [ a. 1 ], si unisce al corpo come forma sostanziale, è impossibile che nell'uomo si trovi qualsiasi altra forma sostanziale oltre a quella.

Per averne l'evidenza dobbiamo considerare che la forma sostanziale in questo differisce da quella accidentale, che la forma accidentale non dà l'essere in senso assoluto [ simpliciter ], ma l'essere in una determinata maniera: il calore, p. es., non dà l'esistenza assoluta al suo soggetto, ma solo lo fa essere caldo.

Perciò un soggetto, quando acquista un forma accidentale, non si dice che è prodotto o generato in senso assoluto [ simpliciter ], ma che acquista una qualifica o una determinata maniera di essere; e così pure, allo scomparire della forma accidentale, non si dice che un soggetto perisce in senso assoluto, ma solo in senso relativo.

La forma sostanziale invece conferisce l'essere in senso assoluto: quindi alla sua venuta si dice che un soggetto è generato in senso assoluto, e al suo scomparire si dice che perisce in senso assoluto.

Per tale ragione gli antichi filosofi naturalisti, i quali ritenevano che la materia prima fosse un ente attuale, vale a dire il fuoco, l'aria o altre cose simili, dicevano che nulla si genera o si corrompe in senso assoluto, ma « riducevano ogni divenire a un'alterazione », come si legge in Aristotele [ Phys. 1,4 ].

- Se dunque così fosse, se cioè prima dell'anima intellettiva fosse presente nella materia una qualsiasi altra forma sostanziale per cui il soggetto dell'anima fosse un ente in atto, ne verrebbe che l'anima non darebbe l'essere in senso assoluto: per conseguenza non sarebbe una forma sostanziale, e al suo sopraggiungere non si avrebbe una generazione in senso assoluto, come pure al suo dipartirsi non si avrebbe una corruzione in senso assoluto, ma soltanto relativo.

Tutte cose manifestamente false.

Dobbiamo quindi affermare che nell'uomo non vi è altra forma sostanziale oltre all'anima intellettiva; e che essa, come contiene virtualmente l'anima sensitiva e vegetativa, così pure contiene virtualmente tutte le forme inferiori, facendo da sola tutto ciò che le forme meno perfette fanno negli altri esseri.

- Parimenti dobbiamo affermare la stessa cosa dell'anima sensitiva negli animali, di quella vegetativa nelle piante e in generale di tutte le forme più perfette rispetto a quelle meno perfette.

Analisi delle obiezioni:

1. Aristotele non dice soltanto che l'anima è « l'atto del corpo », ma « l'atto del corpo fisico, organico, che ha la vita in potenza », e che una tale potenza « non elimina l'anima ».

È perciò chiaro che in quel soggetto di cui essa è l'atto è inclusa anche l'anima: come si dice che l'atto del corpo caldo è il calore, e l'atto del corpo luminoso è la luce, non perché esista separatamente l'oggetto luminoso senza la luce, ma perché esso è luminoso in forza della luce.

Analogamente si dice che l'anima è « l'atto del corpo », ecc., perché in forza della sola anima esso è corpo, è organico, e ha la vita in potenza.

L'atto primo si dice però in potenza rispetto all'atto secondo, che è l'operazione.

Infatti tale potenza « non elimina », cioè non esclude l'anima.

2. L'anima non muove il corpo col suo essere, cioè in quanto è unita al corpo come forma, ma mediante la facoltà di locomozione, il cui esercizio presuppone il corpo già attuato dall'anima: in modo che l'anima, in forza di questa sua facoltà, viene a essere la parte motrice, mentre il corpo animato è la parte mossa.

3. Nella materia si riscontrano diversi gradi di perfezione, cioè l'essere, il vivere, il sentire e l'intendere.

Ora, il grado che viene ad aggiungersi dopo è sempre più perfetto.

Perciò la forma che conferisce alla materia soltanto il primo grado di perfezione è imperfettissima, ma la forma che conferisce insieme il primo, il secondo, il terzo e ogni altro grado, è perfettissima; e tuttavia è unita immediatamente alla materia.

4. Avicenna [ De anima 4,5; Suffic. 1,6 ] riteneva che le forme sostanziali degli elementi restassero integre nel corpo misto, e che la combinazione avvenisse per il fatto che le qualità contrarie degli elementi si riducono a un grado intermedio.

- Ma ciò non è sostenibile.

Infatti non possono esistere forme elementari diverse se non in diverse parti della materia; e questa diversità di parti implica necessariamente le dimensioni, poiché senza di esse la materia non può essere divisibile.

Ora, la materia è sottoposta alle dimensioni soltanto nei corpi.

D'altra parte corpi diversi non possono stare nello stesso luogo.

Ne segue perciò che gli elementi dovrebbero trovarsi nel corpo misto distinti secondo la posizione.

In tal caso però non ci sarà una vera combinazione del tutto, ma una combinazione apparente, causata dalla giustapposizione di particelle minime.

Averroè [ De caelo 3, comm. 67 ] invece riteneva che le forme degli elementi, per la loro imperfezione, fossero qualcosa di mezzo tra le forme accidentali e quelle sostanziali; e per questa ragione esse sarebbero suscettibili di aumento e di diminuzione, perdendo di intensità nella combinazione fino a ridursi a un grado intermedio, così da costituire una forma unica.

- Ma ciò è ancora più insostenibile.

Infatti l'essere sostanziale di qualsiasi realtà è qualcosa di indivisibile: per cui ogni addizione o sottrazione, al dire di Aristotele [ Met. 8,3 ], varia la specie, come nei numeri.

Perciò è impossibile che una qualsiasi forma sostanziale sia suscettibile di aumento o di diminuzione.

- E non è meno inconcepibile una realtà intermedia fra la sostanza e l'accidente.

Dobbiamo quindi affermare col Filosofo [ De gen. et corr. 1,10 ] che le forme degli elementi rimangono nel misto non già in atto, ma virtualmente.

Restano infatti, sebbene attenuate, le qualità proprie degli elementi, nelle quali si conserva la virtù delle forme elementari.

Tali qualità della combinazione sono la disposizione immediata [ che prepara il soggetto ] alla forma sostanziale del corpo misto, p. es. alla forma della pietra, o all'anima di qualsiasi essere vivente.

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