Summa Teologica - I

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Articolo 8 - Se l'atto intellettivo del giudizio sia ostacolato dall'assopimento dei sensi

II-II, q. 154, a. 5; In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 3, sol. 2, ad 2; De Verit., q. 12, a. 3, ad 1 sqq.; q. 28, a. 3, ad 6

Pare che l'atto intellettivo del giudizio non sia ostacolato dall'assopimento dei sensi.

Infatti:

1. Le realtà superiori non dipendono da quelle inferiori.

Ma il giudizio intellettivo è superiore al senso.

Quindi tale atto non può essere ostacolato dall'assopimento dei sensi.

2. Ragionare è un atto dell'intelletto.

Ma i sensi nel sonno sono assopiti, come insegna Aristotele [ De somno et vig. 1 ], e tuttavia capita talvolta che uno si metta a ragionare nel sonno.

Quindi l'atto intellettivo del giudizio non viene ostacolato dall'assopimento dei sensi.

In contrario:

Come dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,15.31 ], non si considera peccato quanto capita nel sonno contro i buoni costumi.

Ma così non sarebbe se l'uomo nel sonno avesse il libero uso della ragione e dell'intelligenza.

Quindi l'uso della ragione è impedito dall'assopimento dei sensi.

Dimostrazione:

Come abbiamo già spiegato [ a. prec. ], l'oggetto proprio e proporzionato del nostro intelletto è la natura delle realtà sensibili.

Ora, non si può dare un giudizio perfetto di una cosa se non si conosce tutto ciò che la riguarda, e specialmente se si ignora ciò che è il termine e il fine del giudizio.

Infatti il Filosofo [ De caelo 3,7 ] nota che « come il fine delle scienze tecniche è l'opera, così il fine delle scienze naturali è principalmente ciò che si vede con i sensi »: il fabbro, cioè, studia il coltello al solo scopo di produrre questo determinato coltello; parimenti il naturalista studia la natura della pietra o del cavallo al solo scopo di conoscere l'intima struttura delle realtà sensibili.

Ora, è evidente che il fabbro non avrebbe un perfetto giudizio [ pratico ] del coltello se ignorasse il lavoro da compiere; e così pure le scienze naturali non potrebbero formulare giudizi perfetti sulle realtà naturali se ignorassero la realtà sensibile.

Ma tutto ciò che noi adesso conosciamo intellettualmente lo conosciamo per analogia dalle realtà sensibili naturali.

Quindi è per noi impossibile formare un giudizio intellettivo perfetto quando sono assopiti i sensi, con i quali conosciamo la realtà sensibile.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene l'intelletto sia superiore al senso, pure ha una certa dipendenza dai sensi, e i suoi oggetti immediati e principali hanno origine dal mondo sensibile.

Quindi il giudizio dell'intelletto è necessariamente ostacolato quando i sensi sono assopiti.

2. Al dire di Aristotele [ De somno et vig. 3 ], i sensi rimangono assopiti nei dormienti per lo sprigionarsi di certe evaporazioni ed esalazioni.

E secondo l'intensità di queste evaporazioni i sensi possono essere più o meno bloccati.

Quando infatti l'afflusso dei vapori è intenso restano assopiti non solo i sensi, ma anche l'immaginativa, al punto che non si forma alcuna immagine o fantasma, come si riscontra in chi comincia a dormire dopo aver mangiato e bevuto in abbondanza.

Se poi questo afflusso di vapori è più debole, si presentano i fantasmi, ma difformi e sconnessi, come nei febbricitanti.

E se l'afflusso suddetto è ancora più ridotto, i fantasmi si presentano ordinati, come suole accadere, soprattutto alla fine del sonno, alle persone sobrie e dotate di una forte immaginazione.

Se infine l'afflusso dei vapori è minimo, allora non soltanto resta libera l'immaginativa, ma in parte anche il senso comune; cosicché talora uno, mentre dorme, giudica che quanto vede è un sogno, distinguendo in qualche modo la realtà dalle apparenze.

Però il senso comune in parte rimane assopito e quindi, sebbene distingua la realtà da certe apparenze, in altre si inganna.

- Così dunque nel sonno il giudizio intellettivo è reso possibile nella misura in cui viene a destarsi il senso e l'immaginativa, tuttavia mai completamente.

Per cui chi ragiona nel sonno, quando si desta, si accorge sempre di essere incorso in qualche errore.

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