Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se il nostro intelletto intenda le realtà corporee e materiali astraendole dai fantasmi

Supra, q. 12, a. 4; C. G., II, c. 77; In 2 Metaph., lect. 1

Pare che il nostro intelletto non conosca le realtà corporee e materiali astraendole dai fantasmi.

Infatti:

1. Un intelletto che intenda la realtà diversamente da ciò che essa è, è falso.

Ora, le forme delle realtà materiali non esistono nello stato di astrazione dai singolari, le cui immagini rappresentative sono i fantasmi.

Se dunque noi conosciamo le realtà materiali astraendo le specie intelligibili dai fantasmi, avremo un errore nel nostro intelletto.

2. Le realtà materiali sono entità fisiche nella cui definizione è inclusa la materia.

Ora, non può dirsi conosciuta una cosa se si prescinde da ciò che rientra nella sua definizione.

Quindi le realtà materiali non possono essere conosciute prescindendo dalla materia.

Ma la materia è il principio dell'individuazione.

Per conseguenza tali realtà non possono essere conosciute mediante l'astrazione dell'universale dal particolare, che equivale all'astrazione delle specie intelligibili dai fantasmi.

3. Aristotele [ De anima 3,7 ] insegna che i fantasmi stanno all'anima intellettiva come i colori alla vista.

Ora, l'atto della visione non avviene mediante l'astrazione di qualche specie intenzionale dai colori, ma per il fatto che i colori producono un'impressione nell'occhio.

Anche l'intellezione dunque non avverrà per il fatto che si astrae qualcosa dai fantasmi, ma perché i fantasmi producono un'impressione nell'intelletto.

4. Come dimostra Aristotele [ De anima 3,5 ], nell'anima intellettiva si trovano l'intelletto possibile e l'intelletto agente.

Ora, astrarre le specie intellegibili dai fantasmi non spetta all'intelletto possibile, al quale invece spetta ricevere tali specie già astratte.

E neppure pare che spetti all'intelletto agente, il quale sta ai fantasmi come la luce ai colori: luce che non astrae nulla dai colori, ma piuttosto si irradia su di essi.

Quindi in nessun modo possiamo conoscere astraendo dai fantasmi.

5. Il Filosofo [ De anima 3,7 ] sostiene che l'« intelletto conosce le specie intelligibili nei fantasmi ».

Quindi non mediante l'astrazione.

In contrario:

Scrive Aristotele [ De anima 3,4 ]: « Quanto le cose sono separabili dalla materia, tanto hanno rapporto con l'intelletto ».

È necessario quindi che le realtà materiali siano conosciute in quanto vengono astratte dalla materia e dalle rappresentazioni materiali, quali sono i fantasmi.

Dimostrazione:

Come abbiamo già detto [ q. 84, a. 7 ], l'oggetto deve essere proporzionato alla facoltà conoscitiva.

Ora, abbiamo tre ordini di facoltà conoscitive.

Ci sono delle facoltà conoscitive che sono l'atto di organi corporei, vale a dire i sensi.

Quindi l'oggetto di qualsiasi potenza sensitiva è la forma in quanto esiste nella realtà corporea.

E poiché la materia è principio di individuazione, ogni potenza della parte sensitiva può conoscere soltanto i singolari.

Esiste poi una facoltà conoscitiva, come l'intelletto angelico, che non è l'atto di un organo corporeo e non è unita in alcun modo alla materia corporea.

Oggetto quindi di questa facoltà conoscitiva sono le forme che sussistono separate dalla materia.

Sebbene infatti gli angeli conoscano anche le realtà materiali, tuttavia le conoscono negli esseri immateriali, e cioè in se stessi o in Dio.

L'intelletto umano, da parte sua, si trova in una condizione intermedia: non è l'atto di un organo, però è la facoltà di un'anima che è forma [ sostanziale ] di un corpo, come si è detto [ q. 76, a. 1 ].

Quindi è sua proprietà conoscere le forme che hanno una sussistenza individuale nella materia, ma non in quanto sono in una data materia.

Ora, conoscere ciò che esiste in una data materia, non però in quanto si trova in quella data materia, significa astrarre la forma dalla materia individuale rappresentata dai fantasmi.

Quindi è necessario concludere che il nostro intelletto conosce le realtà materiali mediante l'astrazione dai fantasmi, e che da una tale conoscenza delle realtà materiali possiamo raggiungere una certa conoscenza di quelle immateriali.

Al contrario gli angeli conoscono le realtà materiali per mezzo di quelle immateriali.

Platone invece, considerando la sola immaterialità dell'intelletto umano, senza badare alla sua unione con il corpo, concluse che l'oggetto della nostra intelligenza è costituito dalle idee separate, e che noi intendiamo non mediante l'astrazione, ma piuttosto col partecipare le idee astratte, come si è riferito in precedenza [ q. 84, a. 1 ].

Analisi delle obiezioni:

1. L'astrazione può avvenire in due modi.

Primo, mediante un processo di composizione e di scomposizione, come quando arriviamo a conoscere che una cosa non è implicita in un'altra, o è separata da essa.

Secondo, mediante la semplice e assoluta considerazione dell'intelletto, come quando intendiamo un oggetto senza badare ad altro.

Ora, astrarre o separare con la mente, nel primo modo, cose che nella realtà non sono divise, non è senza errore.

Invece astrarre intellettualmente, nel secondo modo, cose che nella realtà non sono divise, non implica un errore.

E ciò appare chiaramente nelle realtà sensibili.

Se infatti noi apprendiamo o affermiamo il colore come non inerente al corpo colorato, oppure come realtà separata, avremo l'errore nel pensiero o nel discorso.

Se invece consideriamo il colore nelle sue proprietà, senza pensare affatto al pomo colorato, oppure se esprimiamo a parole quanto abbiamo pensato in siffatto modo, non avremo errore né di pensiero né di parola.

Il pomo infatti non rientra nell'essenza del colore, per cui nulla impedisce di pensare il colore senza pensare in alcun modo al pomo.

- In modo analogo dico che i costitutivi dell'essenza specifica di ogni essere corporeo, quali la pietra, l'uomo, il cavallo, possono essere concepiti senza i princìpi individuali, che non rientrano nell'essenza della pietra.

E ciò equivale ad astrarre l'universale dal particolare, o la specie intelligibile dai fantasmi, ossia a concepire l'essenza della specie prescindendo dai princìpi individuali, che sono rappresentati dai fantasmi.

Quando perciò si dichiara falso un intelletto che percepisce una cosa diversamente da quello che è, si ha ragione se il diversamente viene riferito all'oggetto conosciuto.

Infatti l'intelletto è in errore quando ritiene che un oggetto ha un modo di essere diverso da quello che ha realmente.

Quindi sarebbe falso l'intelletto se, nell'astrarre la specie della pietra dalla materia, la concepisse come realmente separata dalla materia, secondo la teoria di Platone.

- Si ha invece torto se il diversamente viene riferito al soggetto conoscente.

Infatti non c'è errore nell'ammettere che la maniera di intendere del soggetto conoscitivo è diversa dalla maniera di esistere del suo oggetto nella realtà: poiché l'oggetto conosciuto si trova nel conoscente non nella sua fisica concretezza, ma in maniera immateriale, conformemente alla natura dell'intelletto.

2. Alcuni ritennero che la sola forma costituisca l'essenza specifica delle realtà naturali, cosicché la materia non ne farebbe parte.

Ma se così fosse non si dovrebbe porre la materia nella definizione degli esseri fisici.

Bisogna perciò ragionare diversamente, e distinguere due specie di materia: la materia come entità universale e la materia designata o individuale.

Materia universale sarebbero le carni e le ossa, materia individuale sarebbero invece queste carni e queste ossa.

Ora, quando l'intelletto astrae, separa la specie degli esseri fisici dalla materia sensibile individuale, non già da quella universale.

Astrae, p. es., l'essenza specifica dell'uomo da queste carni e da queste ossa, che non rientrano nell'essenza della specie, ma sono parti integranti dell'individuo, come insegna Aristotele [ Met. 7,10 ]: cosicché l'essenza può essere concepita senza di esse.

Non si può però astrarre intellettualmente l'uomo dalle carni e dalle ossa in generale.

Le entità matematiche invece possono essere astratte completamente dalla materia sensibile, non solo da quella individuale, ma anche da quella universale.

Non però dalla materia intelligibile, almeno da quella universale, bensì soltanto da quella individuale.

Materia sensibile viene detta infatti la materia dei corpi in quanto soggetto delle qualità percettibili dai sensi, come il calore, il freddo, la durezza, la morbidezza e simili.

Materia intelligibile invece viene chiamata la sostanza come quanta [ o estesa ].

Ora, è chiaro che la quantità è inerente alla sostanza prima delle qualità sensibili.

Quindi i dati quantitativi, cioè il numero, le dimensioni e la figura, che sono delimitazioni della quantità, possono essere concepite senza le qualità sensibili, vale a dire possono essere astratte dalla materia sensibile, ma non possono essere concepite prescindendo dalla sostanza come quanta, cioè non possono essere astratte dalla materia intelligibile universale.

Tuttavia possono essere concepite senza questa o quella determinata sostanza, che è quanto dire: possono essere astratte dalla materia intelligibile individuale.

Vi sono però dei dati che possono essere astratti anche da questa materia universale, p. es. l'ente, l'uno, la potenza, l'atto e simili, che possono esistere prescindendo da qualsiasi materia, come avviene per le sostanze immateriali.

- Per non aver dunque considerato quanto abbiamo detto sui due tipi di astrazione, Platone giunse ad ammettere l'esistenza reale di quelle astrazioni che abbiamo visto dipendere dal nostro intelletto.

3. I colori hanno, nella materia corporea individuale, un'esistenza analoga a quella che ricevono nella potenza visiva, e così possono imprimere la loro immagine nell'occhio.

Essendo invece i fantasmi immagini di realtà concrete e individuali, ed esistendo in organi materiali, non hanno lo stesso modo di esistenza dell'intelletto umano, come si è dimostrato [ nel corpo ], e quindi non hanno la diretta capacità di produrre impressioni sull'intelletto possibile.

Tuttavia in forza dell'intelletto agente, che si volge verso i fantasmi, si forma nell'intelletto possibile un'immagine che rappresenta gli oggetti già riprodotti da quei fantasmi, però soltanto negli elementi costitutivi della specie.

Ed è in questo senso che la specie intelligibile si dice astratta dai fantasmi, non già nel senso che una forma numericamente identica si sia trovata prima nell'immaginativa e poi nell'intelletto possibile, nel modo in cui un corpo viene trasferito da un luogo a un altro.

4. I fantasmi prima sono illuminati dall'intelletto agente e poi, sotto l'azione del medesimo, permettono l'astrazione delle specie intelligibili.

E c'è in questo un'illuminazione per il fatto che i fantasmi ricevono dall'intelletto agente l'attitudine a permettere l'astrazione delle specie intelligibili, come tutta la parte sensitiva acquista maggior vigore unendosi alla parte intellettiva.

Ora, l'intelletto agente astrae le specie intelligibili dai fantasmi nel senso che in forza di tale intelletto possiamo accogliere nel nostro pensiero le nature delle specie lasciando da parte le loro condizioni individuali, e da quelle specie viene posto in atto l'intelletto possibile.

5. Il nostro intelletto, pur astraendo le specie intelligibili dai fantasmi, in quanto considera le nature delle cose nella loro universalità, tuttavia le concepisce nei fantasmi, dato che non può intendere le cose di cui astrae le specie senza rivolgersi ai fantasmi, come si è già spiegato [ q. 84, a. 7 ].

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