Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se il primo uomo abbia visto l'essenza di Dio

In 2 Sent., d. 23, q. 2, a. 1; De Verit., q. 18, aa. 1, 2

Pare che il primo uomo abbia visto l'essenza di Dio.

Infatti:

1. La beatitudine dell'uomo consiste nella visione dell'essenza divina.

Ma come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,11 ], il primo uomo, « vivendo nel Paradiso terrestre, godeva di una vita beata e ricca di ogni bene ».

E anche S. Agostino [ De civ. Dei 14,10 ] afferma: « Se i primi uomini avessero avuto quei sentimenti che noi ora abbiamo, in che modo avrebbero potuto essere beati in quel luogo di indicibile felicità che è il Paradiso? ».

Quindi il primo uomo nel Paradiso terrestre deve aver visto Dio per essenza.

2. Scrive S. Agostino [ De civ. Dei 14,10 ] che « al primo uomo nulla mancava di ciò che la buona volontà può conseguire ».

Ma la buona volontà non può conseguire cosa migliore della visione beatifica.

Quindi l'uomo vedeva Dio per essenza.

3. Nella visione di Dio per essenza Dio è visto senza intermediari e senza enigmi.

Ma secondo il Maestro delle Sentenze [ 4,1 ] l'uomo nello stato di innocenza « vedeva Dio senza termini intermedi », e anche senza enigmi, poiché l'enigma, come osserva S. Agostino [ De Trin. 15,9.15 ], comporta oscurità, la quale invece subentrò col peccato.

Quindi l'uomo nel suo stato primitivo vedeva Dio per essenza.

In contrario:

L'Apostolo [ 1 Cor 15,46 ] scrive: « Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale ».

Ma vedere Dio per essenza è cosa sommamente spirituale.

Quindi il primo uomo, nello stato primitivo della sua vita animale, non vedeva Dio per essenza.

Dimostrazione:

Considerando la condizione ordinaria della vita del primo uomo dobbiamo dire che egli non poteva vedere Dio per essenza, se non forse durante quel rapimento in cui « Dio fece scendere un torpore sull'uomo » [ Gen 2,21 ].

Ed eccone la ragione.

L'essenza divina si identifica con la beatitudine: quindi l'intelletto di chi la contempla sta a Dio come l'uomo alla felicità.

Ora, è evidente che nessun uomo può con la sua volontà rinunziare alla beatitudine, dato che l'uomo naturalmente e necessariamente ricerca la felicità e fugge l'infelicità.

Nessuno quindi che veda Dio per essenza può allontanarsi volontariamente da Dio, cioè peccare.

Quindi tutti coloro che vedono Dio per essenza sono così confermati nell'amore di Dio da non poter più peccare.

- Ora, siccome Adamo peccò, è chiaro che non vedeva Dio per essenza.

Tuttavia conosceva Dio in un modo più elevato del nostro: e così la sua conoscenza era, per così dire, intermedia fra quella dello stato attuale e quella della patria [ celeste ], in cui si vedrà l'essenza di Dio.

Per averne la dimostrazione si deve considerare che la visione di Dio per essenza si contraddistingue dalla visione di Dio mediante le creature.

Ma quanto più una creatura è perfetta e simile a Dio, tanto più serve alla visione di Dio: come l'uomo è visto più perfettamente in quello specchio in cui meglio risulta la sua immagine.

È perciò evidente che negli effetti intelligibili Dio è visto molto più perfettamente che in quelli sensibili e corporei.

Ma nello stato presente l'uomo trova ostacolo alla considerazione piena e luminosa degli effetti intelligibili per il fatto che, distratto dalle realtà sensibili, si occupa eccessivamente di esse.

La Scrittura [ Qo 7,29 ] invece afferma che « Dio fece l'uomo retto ».

E la rettitudine dell'uomo creato da Dio consisteva nel fatto che le creature inferiori erano subordinate alle superiori, e le superiori non erano ostacolate dalle inferiori.

Quindi il primo uomo non trovava impedimento nelle realtà esteriori alla contemplazione chiara e continua degli effetti intelligibili procuratagli dall'irradiazione della prima verità, mediante una conoscenza sia naturale che gratuita.

Per cui S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,33.43 ] scrive: « È possibile che in principio Dio parlasse ai primi uomini così come parla agli angeli, illuminando le loro menti con la stessa incommutabile verità, senza tuttavia comunicare loro quel grado di partecipazione dell'essenza divina di cui sono capaci gli angeli ».

Così dunque mediante questi effetti intelligibili di Dio il primo uomo conosceva Dio in modo più chiaro di noi.

Analisi delle obiezioni:

1. L'uomo del Paradiso terrestre era beato, ma non di quella perfetta beatitudine nella quale doveva essere trasferito, e che consiste nella visione dell'essenza divina; conduceva tuttavia « in una certa misura una vita beata », come dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,18.23 ], in quanto godeva di una certa integrità e perfezione naturale.

2. La buona volontà è la volontà ordinata.

Ma la volontà del primo uomo non sarebbe stata ordinata se, trovandosi nello stato di merito, avesse preteso ciò che invece gli era promesso come premio.

3. Il mezzo conoscitivo può essere di due specie.

Il primo è qualcosa che viene percepito assieme all'oggetto: come quando si vede un uomo mediante lo specchio, e insieme con lui lo specchio. Il secondo è qualcosa la cui conoscenza ci porta a conoscere una verità ignota, come ad es. il medio dimostrativo.

Ora, Dio era visto senza quest'ultimo mezzo, non però senza il primo.

Infatti il primo uomo non aveva bisogno di giungere alla conoscenza di Dio mediante una dimostrazione desunta dagli effetti, come dobbiamo fare noi, ma conosceva Dio immediatamente negli effetti, specialmente in quelli intelligibili, secondo le sue capacità.

Parimenti si deve notare che l'oscurità inclusa nella parola enigma può essere presa in due sensi.

Primo, in quanto ogni creatura paragonata all'immensità della chiarezza divina è qualcosa di oscuro: e in questo senso Adamo vedeva Dio nell'enigma, poiché lo vedeva negli effetti creati.

Secondo, in riferimento all'oscurità derivata dal peccato, che legando l'uomo alle realtà sensibili gli impedisce la meditazione delle realtà intelligibili: e in quest'altro senso il primo uomo non vedeva Dio nell'enigma.

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