Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la legge sia sempre ordinata al bene comune

Infra, q. 95, a. 4; q. 96, a. 1; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 2, sol. 2, ad 5; In 5 Ethic., lect. 2

Pare che la legge non abbia sempre come suo fino il bene comune.

Infatti:

1. Spetta alla legge comandare e proibire.

Ma certi precetti sono ordinati a dei beni particolari.

Quindi non sempre la legge ha per fine il bene comune.

2. La legge dirige l'uomo nell'agire.

Ma le azioni umane avvengono nel concreto particolare.

Quindi la legge è ordinata a dei beni particolari.

3. S. Isidoro [ Etym. 2,10; cf. 5,3 ] insegna: « Se la legge è stabilita razionalmente, sarà legge tutto ciò che la ragione stabilisce ».

La ragione però non stabilisce solo ciò che ha di mira il bene comune, ma anche quanto dice ordine al bene privato.

Quindi la legge non è ordinata soltanto al bene comune, ma anche al bene privato dei singoli.

In contrario:

S. Isidoro [ Etym. 5,21 ] insegna che la legge « non è scritta per un vantaggio privato, ma per la comune utilità dei cittadini ».

Dimostrazione:

Si è già notato [ a. prec. ] che la legge appartiene al principio delle azioni umane, essendo la loro regola o misura.

Ora, come la ragione è il principio degli atti umani, così nella ragione stessa si trova qualcosa che è principio rispetto agli altri elementi.

E ad esso soprattutto e principalmente deve mirare la legge.

- Ora nel campo operativo, che interessa la ragione pratica, il primo principio è il fine ultimo.

Ma sopra [ q. 2, a. 7; q. 3, a. 1; q. 69, a. 1 ] si è visto che il fine ultimo della vita umana è la felicità, o beatitudine.

Perciòla legge deve riguardare soprattutto l'ordine alla beatitudine.

- Essendo però ogni parte ordinata al tutto, come ciò che è imperfetto alla sua perfezione, ed essendo ogni uomo parte di una comunità perfetta, è necessario che la legge riguardi propriamente l'ordine alla felicità comune.

Per cui anche il Filosofo, nella definizione riferita della legge [ cf. s.c. ], accenna sia alla felicità che alla comunità politica.

Infatti egli scrive [ Ethic. 5,1] che « i rapporti legali vengono considerati giusti perché costituiscono e conservano la felicità e ciò che ad essa appartiene, mediante la solidarietà politica ».

Infatti la comunità o società perfetta è quella politica, come insegna ancora Aristotele [ Polit. 1,1 ].

Ora, in ogni genere di valori il soggetto perfetto al grado massimo è principio o causa di quanti ne partecipano, in modo che questi vengono denominati in rapporto ad esso: come il fuoco, che è caldo al massimo, è causa del calore nei corpi misti, i quali si dicono caldi nella misura in cui partecipano del fuoco.

Perciò è necessario che la legge venga denominata specialmente in rapporto al bene comune, dal momento che ogni altro precetto riguardante questa o quell'azione singola non riveste natura di legge se non in ordine al bene comune.

Perciò ogni legge è ordinata al bene comune.

Analisi delle obiezioni:

1. Il precetto, o comando, dice applicazione di una legge agli atti da essa regolati.

Ora il rapporto al bene comune, che è essenziale alla legge, può essere applicato anche a fini particolari.

E così si danno dei precetti anche riguardo a certi casi concreti particolari.

2. Le azioni umane sono certamente nel campo dei singolari, ma questi singolari possono essere riferiti al bene comune: non per una comunanza di genere o di specie, ma per una comunanza di causa finale, in quanto il bene comune è un fine comune.

3. Come nulla è stabilito con fermezza secondo la ragione speculativa se non mediante la sua risoluzione nei primi princìpi indimostrabili, così nulla è stabilito con fermezza secondo la ragione pratica se non mediante l'ordinamento al fine ultimo, che è il bene comune.

Ora, ciò che la ragione stabilisce in questo modo ha natura di legge.

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