Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 2 - Se uno senza la grazia possa meritare la vita eterna

Supra, q. 100, a. 5, et locis ibi citatis

Pare che senza la grazia uno possa meritare la vita eterna.

Infatti:

1. L'uomo merita da Dio ciò a cui Dio lo ha ordinato, come sopra [ a. prec. ] si è detto.

Ma l'uomo per sua natura è ordinato alla beatitudine come al suo fine: per cui anche desidera per natura di essere felice.

Quindi l'uomo con i suoi doni naturali, senza la grazia, può meritare la beatitudine, cioè la vita eterna.

2. Un'identica opera quanto meno è dovuta, tanto più è meritoria.

Ma il bene che compie chi ha ricevuto minori benefici è certo meno dovuto.

Poiché dunque chi ha soltanto i beni naturali ha ricevuto da Dio minori benefici di colui che gode anche di quelli gratuiti, ne segue che le sue opere sono più meritorie presso Dio.

Se dunque chi possiede la grazia può meritare in qualche modo la vita eterna, molto più potrà meritarla colui che non la possiede.

3. La misericordia e la liberalità di Dio superano all'infinito la misericordia e la liberalità umana.

Ma un uomo può benissimo meritare presso un altro anche se prima non ne ha mai goduto la grazia.

Perciò a maggior ragione uno può meritare da Dio la vita eterna senza la grazia.

In contrario:

L'Apostolo [ Rm 6,23 ] insegna: « La grazia di Dio è la vita eterna ».

Dimostrazione:

Due sono gli stati in cui può trovarsi l'uomo privo di grazia, come sopra [ q. 109, a. 2 ] si è visto: lo stato di natura integra, in cui si poteva trovare Adamo prima del peccato, e lo stato di natura corrotta, nel quale ci troviamo noi prima dell'intervento della grazia.

Se dunque parliamo dell'uomo nel primo stato, allora egli non può meritare la vita eterna con le sole risorse naturali per una sola ragione.

Cioè perché il merito dell'uomo dipende da una preordinazione di Dio.

Ora, l'atto di ogni essere non è mai ordinato da Dio a qualcosa che sorpassi i limiti delle facoltà che sono il principio di tale atto: infatti la divina provvidenza ha stabilito che nulla agisca al di sopra delle proprie capacità.

Ma la vita eterna è un bene che sorpassa i limiti della natura creata, poiché ne sorpassa persino la conoscenza e il desiderio, secondo le parole della Scrittura [ 1 Cor 2,9 ]: « Occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo ».

Quindi nessuna natura creata è il principio adeguato di un atto meritorio della vita eterna se non vi si aggiunge quel dono soprannaturale che è la grazia.

Se invece parliamo dell'uomo decaduto, a questa ragione se ne aggiunge una seconda, cioè l'ostacolo del peccato.

Essendo infatti il peccato un'offesa di Dio che esclude dalla vita eterna, come si è visto in precedenza [ q. 87, aa. 3 ss.; q. 113, a. 2 ], nessuno che si trovi in stato di peccato può meritare la vita eterna se prima non si riconcilia con Dio attraverso la remissione dei peccati, che si ottiene con la grazia.

Infatti al peccatore non è dovuta la vita, ma la morte, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 6,23 ]: « Il salario del peccato è la morte ».

Analisi delle obiezioni:

1. Dio ha ordinato la natura umana a raggiungere il fine della vita eterna non con la propria virtù, ma con l'aiuto della grazia.

Ed è in questo modo che il suo atto può meritare la vita eterna.

2. Senza la grazia l'uomo non può compiere un'opera pari a quella che procede dalla grazia: poiché l'azione è tanto più perfetta quanto più alto è il principio operativo.

Il ragionamento invece varrebbe se in tutti e due i casi l'opera compiuta fosse identica.

3. Se consideriamo la obiezioni alla luce della prima ragione da noi invocata [ nel corpo ], allora tra l'uomo e Dio non è possibile alcun confronto.

Poiché l'uomo riceve da Dio tutta la sua capacità di ben operare, mentre non la riceve da un altro uomo.

Perciò l'uomo non può meritare nulla presso Dio se non per un suo dono, secondo la chiara espressione dell'Apostolo [ Rm 11,35 ]: « Chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? ».

Si può invece meritare presso un uomo prima di aver ricevuto qualcosa da lui, servendosi dei doni ricevuti da Dio.

Se invece consideriamo la obiezioni alla luce della seconda ragione, desunta dall'ostacolo del peccato, allora c'è una vera somiglianza tra i rapporti che noi abbiamo con l'uomo e quelli che abbiamo con Dio: poiché uno non può meritare presso un altro uomo che egli ha offeso in precedenza se prima non si riconcilia con lui dopo avergli dato soddisfazione.

Indice