Summa Teologica - II-II

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Articolo 12 - Se la povertà di spirito sia la beatitudine che corrisponde al dono del timore

In 3 Sent., d. 34, q. 1, a. 4; In Matth., c. 5

Pare che la povertà di spirito non sia la beatitudine corrispondente al dono del timore.

Infatti:

1. Il timore è l'inizio della vita spirituale, come si è visto [ a. 7 ].

Invece la povertà appartiene alla perfezione di questa vita, secondo le parole evangeliche [ Mt 19,21 ]: « Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri ».

Quindi la povertà di spirito non corrisponde al dono del timore.

2. Nei Salmi [ Sal 119,120 ] si dice: « Trafiggi col tuo timore le mie carni »; dal che risulta che il timore ha il compito di reprimere la carne.

Ma per la repressione della carne pare indicata più di ogni altra la beatitudine del pianto.

Quindi la beatitudine del pianto corrisponde al dono del timore più che la beatitudine della povertà.

3. Il dono del timore corrisponde, come si è detto [ a. 9, ad 1 ], alla virtù della speranza.

Ma alla speranza corrisponde più di ogni altra l'ultima beatitudine [ Mt 5,9 ]: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio »; poiché, come dice S. Paolo [ Rm 5,2 ], « noi ci vantiamo nella speranza della gloria dei figli di Dio ».

Perciò anche al dono del timore corrisponde più questa beatitudine che non la povertà di spirito.

4. Abbiamo detto sopra [ I-II, q. 70, a. 2 ] che alle beatitudini corrispondono i frutti.

Ma tra i frutti non se ne trova uno che corrisponda al dono del timore.

Quindi ad esso non corrisponde neppure una qualche beatitudine.

In contrario:

S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,4.11 ] insegna: « Il timore di Dio si addice agli umili, di cui sta scritto: Beati i poveri in ispirito ».

Dimostrazione:

Al timore corrisponde propriamente la povertà di spirito.

Essendo infatti proprio del timore filiale avere rispetto e soggezione verso Dio, quanto deriva da tale soggezione appartiene al dono del timore.

Ora, per il fatto che uno si sottomette a Dio cessa di cercare in se stesso o in altre cose la propria grandezza, per cercarla solo in Dio: ciò infatti contrasterebbe con la perfetta soggezione a Dio.

Perciò nei Salmi [ Sal 20,8 ] si legge: « Chi si vanta dei carri e chi dei cavalli; noi siamo forti nel nome del Signore nostro Dio ».

Per il fatto quindi che uno teme Dio perfettamente cerca di non farsi grande in se stesso con la superbia; e di non farsi neppure grande con i beni esterni, cioè con gli onori e con le ricchezze: atteggiamenti questi che appartengono entrambi alla povertà di spirito, sia che si consideri povertà di spirito, con S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1 ], l'abbassamento dello spirito tronfio e superbo, sia che essa venga fatta corrispondere, con S. Ambrogio [ In Lc 5, su 6,20 ] e S. Girolamo [ In Mt, su 5,3 ], all'abbandono dei beni temporali fatto con lo spirito, cioè con la propria volontà per impulso dello Spirito Santo.

Analisi delle obiezioni:

1. Essendo la beatitudine l'atto di una virtù perfetta, tutte le beatitudini appartengono alla perfezione della vita spirituale.

Ma l'inizio di questa perfezione pare richiedere in chi tende alla perfetta partecipazione dei beni spirituali il disprezzo dei beni terreni: come anche il timore occupa il primo posto fra i doni.

Non perché la perfezione consista nell'abbandono stesso delle cose temporali, ma perché questo è la via verso la perfezione.

Tuttavia il timore filiale, al quale corrisponde la beatitudine della povertà, rimane anche con la perfezione della sapienza, come sopra [ a. 7 ] si è visto.

2. Contrasta più direttamente con la soggezione verso Dio, che è prodotta dal timore filiale, l'esaltazione indebita dell'uomo, o in se stesso o nelle cose proprie, che non il piacere estraneo.

Il quale tuttavia si oppone al timore come conseguenza: poiché chi ha rispetto e soggezione verso Dio non si diletta che in Dio.

Però il piacere non ha, come l'esaltazione, la natura di cosa ardua, che invece interessa il timore.

E così la beatitudine della povertà corrisponde direttamente al timore, mentre la beatitudine del pianto vi corrisponde come conseguenza.

3. La speranza implica un moto di avvicinamento al termine verso cui tende, mentre il timore implica un moto di allontanamento dal termine rispettivo.

Perciò è giusto che alla speranza corrisponda come ultimo oggetto l'ultima beatitudine, che è il termine della perfezione spirituale, mentre corrisponde bene al timore la prima beatitudine, che consiste nell'abbandono dei beni esterni che impediscono la soggezione a Dio.

4. Tra i frutti pare che corrispondano al dono del timore quelli che si riferiscono all'astinenza o all'uso moderato dei beni temporali: come la modestia, la continenza e la castità.

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