Summa Teologica - II-II

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Articolo 11 - Se chi ha ricevuto la carità possa perderla

In 3 Sent., d. 31, q. 1, a. 1; C. G., IV, c. 70; De Virt., q. 2, a. 12; In Rom., c. 8, lect. 7; In 1 ad Cor., c. 13, lect. 3

Pare che chi ha ricevuto la carità non possa perderla.

Infatti:

1. Se si perde la carità, la si perde solo per il peccato.

Ora, chi ha la carità non può peccare, poiché sta scritto [ 1 Gv 3,9 ]: « Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio ».

Ora, la carità non l'hanno se non i figli di Dio: come infatti spiega S. Agostino [ De Trin. 15,18.32 ], « è essa che distingue i figli del Regno dai figli della perdizione ».

Quindi chi ha la carità non può perderla.

2. S. Agostino [ De Trin. 8,7.10 ] afferma che « l'amore, se non è sincero, non va chiamato amore ».

Ma egli dice pure che « la carità defettibile non fu mai sincera ».

Quindi non era carità.

Perciò se si ha una volta la carità, non è più possibile perderla.

3. S. Gregorio [ In Evang. hom. 30 ] dice che « l'amore di Dio, se c'è, compie cose grandi; se cessa di compierle, non c'è la carità ».

Ma nessuno perde la carità compiendo cose grandi.

Se quindi c'è la carità, non è possibile perderla.

4. Il libero arbitrio non si piega alla colpa se non ci sono dei moventi che lo spingono verso di essa.

Ma la carità esclude tutti questi moventi: cioè l'amore di sé, la cupidigia e tutte le altre cose del genere.

Quindi la carità non può mai essere perduta.

In contrario:

Nell'Apocalisse [ Ap 2,4 ] si legge: « Ho da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima ».

Dimostrazione:

Come si è già notato [ a. 2; q. 23, a. 2 ], in forza della carità abita in noi lo Spirito Santo.

Perciò possiamo considerare la carità da tre punti di vista.

Primo, dal lato dello Spirito Santo che muove l'anima ad amare Dio.

E da questo lato la carità è impeccabile per la virtù dello Spirito Santo, che compie infallibilmente tutto ciò che vuole.

Per cui non sono compossibili queste due cose: che lo Spirito Santo voglia muovere uno a compiere un atto di carità, e che costui perda la carità commettendo un peccato; infatti il dono della perseveranza, come insegna S. Agostino [ De praed. sanct. 2,14.26 ], è da computarsi tra « quei benefici di Dio con i quali sono certissimamente salvati tutti coloro che vengono salvati ».

Secondo, la carità può essere considerata nella sua intrinseca natura.

E da questo lato la carità non può fare se non ciò che appartiene alla sua essenza.

Quindi non può peccare in alcun modo: come il calore non può raffreddare, e come l'ingiustizia, secondo le parole di S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,24.78 ], non può compiere il bene.

Terzo, la carità può essere considerata dal lato del soggetto, il quale è mutabile per la libertà del suo libero arbitrio.

Ora, il rapporto tra la carità e il soggetto può essere considerato sia secondo lo schema generale delle relazioni tra la forma e la materia, sia secondo quello delle relazioni speciali tra l'abito e la potenza.

Ora, è proprio di una forma trovarsi instabilmente nel soggetto quando non attua tutta la potenzialità della materia: come è evidente nelle forme degli esseri generabili e corruttibili.

Poiché la loro materia riceve la forma in modo da conservarsi in potenza anche ad altre forme, non essendo la potenzialità della materia attuata interamente da una data forma: per cui è possibile perdere una forma per riceverne un'altra.

Invece la forma dei corpi celesti è immutabile inquantoché attua tutta la potenzialità della materia, così da non lasciare in essa alcuna potenza ad altre forme.

- Parimenti, dunque, non si può perdere la carità della patria: poiché essa colma tutta la potenzialità dell'anima razionale, portandola verso Dio in ogni suo atto.

Al contrario la carità dei viatori non attua in questo modo la potenzialità del soggetto: poiché non sempre si porta attualmente verso Dio.

Per cui quando non tende attualmente verso Dio può verificarsi un atto che fa perdere la carità.

Quanto poi all'abito, gli è proprio inclinare la potenza ad agire in conformità all'abito stesso, in quanto l'abito fa parere buono ciò che gli si addice, e cattivo quanto ad esso si oppone.

Come infatti il gusto giudica i sapori secondo la propria disposizione, così l'anima umana giudica sul da farsi secondo la propria disposizione abituale: per cui il Filosofo [ Ethic. 3,5 ] scrive che « quale uno è, tale è il fine che gli appare ».

Perciò la carità non si può perdere là dove l'oggetto che ad essa conviene non può apparire che buono: cioè nella patria, dove si vede l'essenza di Dio, che è l'essenza stessa della bontà.

Quindi la carità della patria non può essere perduta.

Invece la carità dei viatori, nel cui stato non si vede l'essenza di Dio, che è l'essenza stessa della bontà, può essere perduta.

Analisi delle obiezioni:

1. Quel testo si riferisce al potere dello Spirito Santo, che col suo influsso preserva immuni dal peccato coloro che egli muove come vuole.

2. Una carità che nella sua stessa natura di carità potesse mancare non sarebbe una vera carità.

Il che avverrebbe se uno nel suo amore si proponesse di amare per un certo tempo, e poi cessare di amare: cosa che ripugnerebbe al vero amore.

Se però la carità viene perduta per la mutabilità del soggetto, nonostante il proposito contrario che è incluso nell'atto della carità, allora la sincerità della carità non è esclusa.

3. L'amore di Dio compie sempre grandi cose allo stato di propositi, poiché ciò è essenziale alla carità.

Tuttavia non sempre le compie di fatto, a causa delle disposizioni del soggetto.

4. La carità, stando alla natura del suo atto, esclude tutti i moventi del peccato.

Tuttavia capita che la carità spesso non agisca attualmente.

E allora può intervenire un movente che spinge al peccato, acconsentendo al quale si perde la carità.

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