Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se i peccatori vadano amati con amore di carità

In 2 Sent., d. 7, q. 3, a. 2, ad 2; In 3 Sent., d. 28, q. 1, a. 4; De Virt., q. 2, a. 8, ad 8, 9; Expos. in Decal., c. De Dilect. Prox.; In Gal., c. 6, lect. 2

Pare che i peccatori non vadano amati con amore di carità.

Infatti:

1. Nei Salmi [ Sal 119,113 ] si legge: « Ho in odio gli iniqui ».

Ma Davide aveva la carità.

Quindi la carità porta più a odiare che ad amare i peccatori.

2. « La prova dell'amore », come dice S. Gregorio [ In Evang. hom. 30 ], « è la prestazione delle opere ».

Ma i giusti non offrono ai peccatori opere di amore, bensì opere che paiono di odio.

Nei Salmi [ Sal 101,8 ] infatti Davide afferma: « Sterminerò ogni mattino tutti gli empi del paese ».

E il Signore comanda [ Es 22,17 ]: « Non lascerai vivere colei che pratica la magia ».

Perciò i peccatori non vanno amati con amore di carità.

3. È compito dell'amicizia volere e desiderare il bene agli amici.

Invece i santi desiderano il male ai peccatori, secondo le parole del Salmo [ Sal 9,18 ]: « Tornino gli empi negli inferi ».

Quindi i peccatori non vanno amati con la carità.

4. È proprio degli amici avere le stesse gioie e la stessa volontà.

Ma la carità non fa volere ciò che vogliono i peccatori, né fa godere di ciò di cui essi godono: anzi, fa piuttosto il contrario.

Quindi i peccatori non vanno amati con amore di carità.

5. « È proprio degli amici vivere insieme », come dice Aristotele [ Ethic. 8,5 ].

Ma con i peccatori non si deve convivere: poiché sta scritto [ 2 Cor 6,17 ]: « Uscite di mezzo a loro ».

Perciò i peccatori non vanno amati con amore di carità.

In contrario:

S. Agostino [ De doctr. christ. 1,30.31 ], spiegando le parole evangeliche: « Amerai il tuo prossimo », afferma che « col termine prossimo è indicato chiaramente qualsiasi uomo ».

Ma i peccatori non cessano di essere uomini, poiché il peccato non toglie la natura.

Quindi i peccatori vanno amati con amore di carità.

Dimostrazione:

Nei peccatori si possono considerare due cose: la natura e la colpa.

Per la natura, che essi hanno ricevuto da Dio, i peccatori sono capaci della beatitudine, sulla cui partecipazione si fonda la carità, come sopra [ a. 3; q. 23, aa. 1,5 ] si è visto.

E così per la loro natura essi devono essere amati con amore di carità.

Invece la loro colpa è contraria a Dio, ed è un ostacolo alla beatitudine.

Quindi per la colpa, con la quale si oppongono a Dio, tutti i peccatori devono essere odiati, compresi il padre, la madre e i parenti, come dice il Vangelo [ Lc 14,26 ].

Infatti nei peccatori dobbiamo odiare il fatto che sono peccatori, e amare il fatto che sono uomini capaci della beatitudine.

E ciò significa amarli veramente per Dio con amore di carità.

Analisi delle obiezioni:

1. Il profeta odiava i peccatori in quanto peccatori, odiando la loro iniquità, che è il loro male.

E questo è l'odio implacabile di cui egli parla [ Sal 139,22 ]: « Li detesto con odio implacabile ».

Ora, odiare il male di qualcuno e amarne il bene hanno lo stesso movente.

Perciò questo odio implacabile appartiene alla carità.

2. Come dice il Filosofo [ Ethic. 9,3 ], non si devono sottrarre i benefici dell'amicizia agli amici che peccano finché c'è la speranza della loro correzione: anzi, bisogna soccorrerli nel ricuperare la virtù ancora di più che nel ricuperare il danaro che avessero eventualmente perduto, essendo l'onestà più affine all'amicizia di quanto lo sia il danaro.

Se però essi cadono nella malvagità estrema e diventano incorreggibili, allora si deve rifiutare loro la familiarità.

Per questo le leggi divine e umane comandano di uccidere questi peccatori, da cui ci si può attendere più un danno per gli altri che l'emendamento.

- Tuttavia il giudice non fa questo per odio verso di loro, ma per l'amore di carità che fa preferire il bene pubblico alla vita di una persona singola.

Inoltre la morte inflitta dal giudice giova anche al peccatore: se infatti egli si converte serve all'espiazione della colpa, e se non si converte serve alla sua cessazione, in quanto così gli viene tolta la possibilità di fare altri peccati.

3. Le imprecazioni di questo genere che si riscontrano nella Sacra Scrittura possono essere spiegate in tre modi.

Primo, come predizioni, e non come desideri.

In questo senso, p. es., « Tornino gli empi negli inferi » significa che « torneranno ».

- Secondo, come desideri: però nel senso che il desiderio mira non alla pena dei colpevoli, ma alla giustizia di chi punisce, secondo le parole della Scrittura [ Sal 58,11 ]: « Il giusto godrà nel vedere la vendetta ».

Poiché neppure Dio quando punisce « gode per la rovina dei viventi » [ Sap 1,13 ], ma per la sua giustizia, poiché « giusto è il Signore, ama le cose giuste » [ Sal 11,7 ].

- Terzo, riferendo il desiderio all'eliminazione della colpa, e non alla punizione stessa: si desidera cioè che i peccati siano distrutti e gli uomini rimangano.

4. Dobbiamo amare con la carità i peccatori non già volendo ciò che essi vogliono, o godendo delle cose di cui essi godono, ma con l'intento di far loro volere ciò che noi vogliamo e di far loro godere delle cose di cui noi godiamo.

Da cui le parole di Geremia [ Ger 15,19 ]: « Essi torneranno a te, mentre tu non dovrai tornare a loro ».

5. La convivenza con i peccatori va proibita ai deboli, per il pericolo di perversione.

Invece i perfetti, di cui non si teme la corruzione, vanno lodati se trattano con i peccatori per convertirli.

Così infatti il Signore mangiava e beveva con i peccatori, come dice il Vangelo [ Mt 9,10s ].

- Tutti però devono evitare la loro convivenza quanto al peccato.

E in questo senso valgono le parole di S. Paolo [ 2 Cor 6,17 ]: « Uscite di mezzo a loro, e riparatevi », vale a dire quanto alla convivenza nel peccato.

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