Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la correzione fraterna sia di precetto

In 4 Sent., d. 19, q. 2, a. 2, sol. 1; De Virt., q. 3, a. 1

Pare che la correzione fraterna non sia di precetto.

Infatti:

1. Ciò che è impossibile non può mai essere di precetto, come si rileva dalle parole di S. Girolamo [ Pelagio, Epist. 1,16 ]: « Maledetto chi dice che Dio ha comandato qualcosa di impossibile ».

Ora, nella Scrittura [ Qo 7,13 ] si legge: « Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? ».

Quindi la correzione fraterna non è di precetto.

2. Tutti i precetti della legge divina si riducono a quelli del decalogo.

Ma la correzione fraterna non ricade in nessuno del precetti del decalogo.

Quindi non è di precetto.

3. L'omissione di un precetto divino è un peccato mortale, e questo non può trovarsi nei santi.

Invece l'omissione della correzione fraterna si riscontra anche nei santi e nelle persone spirituali.

Infatti S. Agostino [ De civ. Dei 1,9 ] afferma che « non soltanto i deboli, ma anche coloro che sono nei gradi superiori della vita si astengono dal riprendere gli altri per certi attaccamenti dell'amor proprio, e non per motivi di carità ».

Perciò la correzione fraterna non è di precetto.

4. Ciò che è di precetto ha l'aspetto di cosa dovuta.

Se quindi la correzione fraterna fosse di precetto, noi saremmo in debito verso i fratelli che peccano quanto alla loro correzione.

Ora chi ha un debito materiale, p. es di danaro, non può accontentarsi di aspettare il creditore, ma deve ricercarlo per rendere il suo debito.

Quindi bisognerebbe che uno cercasse quelli che hanno bisogno di essere corretti.

Il che non pare ammissibile: sia per la moltitudine dei colpevoli, per la correzione dei quali un solo uomo non sarebbe sufficiente, sia anche perché allora bisognerebbe che i religiosi uscissero dai loro chiostri per correggere il popolo, il che non è da pensarsi.

Quindi la correzione fraterna non è di precetto.

In contrario:

S. Agostino [ Serm. 82 ] ammonisce: « Se trascuri di correggere, diventi peggiore di chi ha peccato ».

Ma ciò non avverrebbe se uno con tale negligenza non trascurasse un precetto.

Quindi la correzione fraterna è di precetto.

Dimostrazione:

La correzione fraterna è di precetto.

Si deve però notare che mentre i precetti negativi della legge proibiscono gli atti peccaminosi, i precetti affermativi inducono agli atti delle virtù.

Ora, gli atti peccaminosi sono cattivi per se stessi, e non possono essere buoni in alcuna maniera, in nessun luogo e in nessun tempo: poiché sono legati per se stessi a un fine cattivo, come dice Aristotele [ Ethic. 2,6 ].

Quindi i precetti negativi obbligano sempre e in tutti i casi.

Gli atti virtuosi invece non vanno compiuti in un modo qualsiasi, ma osservando le debite circostanze richieste per farne degli atti virtuosi: cioè facendoli dove si deve, quando si deve e come si deve.

E poiché le disposizioni dei mezzi dipendono dal fine, tra le circostanze degli atti virtuosi va tenuto presente specialmente il fine, che è il bene della virtù.

Se quindi c'è l'omissione di una circostanza relativa all'atto virtuoso tale da eliminare totalmente il bene della virtù, allora l'atto è contrario al precetto.

Se invece viene a mancare una circostanza che non toglie del tutto la virtù, sebbene non raggiunga la perfezione di essa, l'atto non è contrario al precetto.

Per cui anche il Filosofo [ Ethic. 2,9 ] afferma che se ci si allontana di poco dal giusto mezzo non si è contro la virtù; se invece ci si allontana di molto, allora la virtù viene distrutta nel proprio atto.

Ora, la correzione fraterna è ordinata all'emendamento dei fratelli.

Perciò essa è di precetto in quanto è necessaria a questo fine, e non nel senso che si debba correggere il fratello che sbaglia in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo.

Analisi delle obiezioni:

1. In tutte le opere buone l'azione umana non è efficace senza l'aiuto di Dio: tuttavia l'uomo deve fare quanto sta in lui.

Di qui l'ammonizione di S. Agostino [ De corr. et gratia 15.46 ]: « Non sapendo noi chi appartiene al numero dei predestinati, dobbiamo avere tanto affetto di carità da volere che tutti si salvino ».

Perciò dobbiamo offrire a tutti la correzione fraterna, sperando nell'aiuto di Dio.

2. Come sopra [ q. 32, a. 5, ad 4 ] si è visto, tutti i precetti ordinati a prestare qualche beneficio al prossimo si riducono al precetto che comanda di onorare i genitori.

3. La correzione fraterna può essere omessa in tre modi.

Primo, in maniera meritoria: quando uno la lascia per motivi di carità.

Scrive infatti S. Agostino [ De civ. Dei 1,9 ]: « Se uno lascia di rimproverare e di correggere i peccatori perché aspetta un momento più opportuno, o per paura che diventino peggiori, o per paura che impediscano la formazione di altri nella via del bene e della pietà e facciano pressione sui deboli allontanandoli dalla fede, non pare che ci sia allora un motivo di amor proprio, ma di carità ».

- Secondo, l'omissione della correzione fraterna può costituire un peccato mortale: cioè quando, come dice ancora S. Agostino [ De civ. Dei 1,9 ], « si ha paura del giudizio della gente, o delle percosse, o dell'uccisione »; quando però questa paura domina nell'anima tanto da sopraffare la carità fraterna.

E ciò avviene quando uno pensa di poter ritrarre con ogni probabilità un peccatore dalla colpa, e tuttavia trascura di farlo per timore, o per egoismo.

- Terzo, questa omissione può essere un peccato veniale: quando il timore e l'egoismo rendono l'uomo più tardo nella correzione fraterna, senza però farla trascurare per timore o per egoismo, inquantoché l'uomo anteporrebbe in cuor suo la carità fraterna a questi sentimenti qualora fosse persuaso di poter così ritrarre il proprio fratello dal peccato.

Ed è in questo modo che talora anche gli uomini di vita santa trascurano di correggere i colpevoli.

4. Ciò che è dovuto a una persona ben determinata, sia esso un bene materiale o spirituale, siamo tenuti a offrirlo senza aspettare che venga essa a chiederlo, ma essendo piuttosto noi solleciti nel ricercare l'interessato.

Come quindi il debitore è tenuto a cercare il creditore quando scade il tempo di restituire il debito, così chi ha la cura spirituale di qualcuno deve cercarlo per correggerlo dei suoi peccati.

Invece nel caso delle opere buone, corporali o spirituali, che non sono dovute a persone determinate, bensì al prossimo in generale, non è necessario cercare quelli che ne hanno bisogno, ma basta esercitarle su quelli che si presentano: poiché, come dice S. Agostino [ De doctr. christ. 1,28 ], ciò va considerato « come una specie di sorte ».

E per questo altrove [ Serm. 82 ] egli dice che il « Signore ci avverte di non trascurare reciprocamente i nostri peccati non già ricercando i difetti da riprendere, ma osservando ciò che puoi correggere ».

Altrimenti diventeremmo investigatori dell'altrui condotta, contro l'ammonimento della Scrittura [ Pr 24,15 Vg ]: « Non cercare l'empietà nella casa del giusto, e non turbare la sua quiete ».

- Per cui evidentemente non è necessario che i religiosi escano dai chiostri per correggere i peccatori.

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