Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la precipitazione sia un peccato di imprudenza

De Malo, q. 15, a. 4

Pare che la precipitazione non sia un peccato di imprudenza.

Infatti:

1. L'imprudenza si contrappone alla virtù della prudenza.

Invece la precipitazione si contrappone al dono del consiglio poiché, secondo S. Gregorio [ Mor. 2,49 ], tale dono è dato contro la precipitazione.

Quindi la precipitazione non è un peccato di imprudenza.

2. La precipitazione pare che si riduca alla temerità.

Ma la temerità implica la presunzione, che appartiene alla superbia.

Quindi la precipitazione non è un vizio che rientra nell'imprudenza.

3. La precipitazione implica una fretta disordinata.

Ora, nel deliberare si ha un peccato non solo se uno è troppo frettoloso, ma anche se uno è troppo lento, in modo da lasciar passare l'occasione buona per agire; e anche se c'è un disordine nelle altre circostanze, come nota Aristotele [ Ethic. 6,9 ].

Quindi la precipitazione non va elencata tra i peccati di imprudenza più della lentezza o di altri difetti relativi al consiglio.

In contrario:

Sta scritto [ Pr 4,19 ]: « La via degli empi è come l'oscurità, non sanno dove saranno spinti a cadere ».

Ma le tenebre della via dell'empietà stanno a indicare l'imprudenza.

Perciò il cadere, o il precipitare, rientra nell'imprudenza.

Dimostrazione:

Negli atti dell'anima la precipitazione è presa in senso metaforico per analogia con il moto dei corpi.

Ora, si dice che un corpo precipita quando da un luogo più alto giunge a uno più basso seguendo l'impeto del proprio moto, o di una spinta ricevuta, senza passare ordinatamente dai gradini intermedi.

Ora, la parte più alta dell'anima è la ragione, mentre l'opera compiuta con il corpo ne è la parte più bassa.

I gradini intermedi poi, per i quali si deve discendere con ordine, sono la memoria del passato, l'intelligenza del presente, la solerzia nel considerare gli eventi futuri, il raziocinio che confronta una cosa con l'altra, la docilità con la quale uno accoglie il parere dei maggiori: e nel deliberare uno deve appunto scendere ordinatamente per questi gradini.

Se invece uno è portato ad agire per impulso della volontà o della passione saltandone qualcuno, si ha la precipitazione.

E poiché il disordine del consiglio appartiene all'imprudenza, è chiaro che anche il vizio della precipitazione rientra nell'imprudenza.

Analisi delle obiezioni:

1. La bontà della deliberazione, o consiglio, appartiene al dono del consiglio e alla virtù della prudenza, come si è detto [ q. 52, a. 2 ], sebbene in maniera diversa.

Perciò la precipitazione si contrappone all'uno e all'altra.

2. Si chiamano temerari quegli atti che non sono guidati dalla ragione.

E ciò può avvenire in due modi.

Primo, per un impulso della volontà o della passione.

Secondo, per disprezzo della legge regolante: e ciò propriamente costituisce la temerità.

Per cui questa pare derivare dalla superbia, che si ribella alla guida altrui.

Invece la precipitazione abbraccia tutte e due le cose.

Per cui la temerità rientra nella precipitazione: sebbene questa riguardi maggiormente il primo genere di atti.

3. Nella ricerca della deliberazione, o consiglio, vanno considerati molti dati particolari, per cui il Filosofo [ l. cit. ] scrive che « bisogna deliberare con lentezza ».

Di conseguenza la precipitazione si contrappone alla rettitudine del consiglio più direttamente della lentezza esagerata, la quale ha una certa somiglianza con la buona deliberazione.

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