Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se sia giusto dividere il diritto in naturale e positivo

Infra, q. 60, a. 5; In 5 Ethic., lect. 12

Pare che non sia giusto dividere il diritto in naturale e positivo.

Infatti:

1. Ciò che è naturale è immutabile e identico per tutti.

Ora, nelle cose umane non si trova nulla di tal genere: poiché tutte le norme del diritto umano in certi casi sono caduche, e non conservano in tutti i luoghi la loro virtù.

Quindi non esiste un diritto naturale.

2. Si denomina positivo ciò che deriva dalla volontà umana.

Ma nessuna cosa può essere giusta perché procede dalla volontà umana: altrimenti questa volontà non potrebbe mai essere ingiusta.

Siccome quindi il giusto si identifica col diritto, o ius, pare che nessun diritto sia positivo.

3. Il diritto divino non è un diritto naturale, essendo esso superiore alla natura umana.

D'altra parte non è positivo: poiché non poggia sull'autorità umana, ma sull'autorità divina.

Quindi non è giusto dividere il diritto in naturale e positivo.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 5,7 ] scrive che « del giusto politico, o civile, parte è di origine naturale, parte invece è di origine legale », cioè posto dalla legge.

Dimostrazione:

Come si è già notato [ a. prec. ], il diritto o il giusto consiste in un atto adeguato rispetto ad altri secondo una certa uguaglianza.

Ora, una cosa può essere adeguata a un uomo in due modi.

Primo, in forza della sua natura: come quando uno presta una data cosa nell'attesa di riaverla senza variazioni.

E questo diritto è detto naturale.

- Secondo, una cosa può essere adeguata e commisurata a un altro in forza di un accordo o norma comune: cioè quando uno si considera soddisfatto di ricevere quel tanto.

E ciò può avvenire a sua volta in due modi.

Primo, mediante un accordo privato: come le cose stabilite con un contratto tra persone private.

- Secondo, mediante un accordo pubblico: come quando tutto un popolo ritiene che una data cosa sia da considerarsi adeguata e commisurata per una persona; oppure quando ciò è ordinato dal principe, a cui spetta la cura del popolo, e che ne fa le veci.

E questo viene detto diritto positivo.

Analisi delle obiezioni:

1. Ciò che è naturale per chi ha una natura immutabile è necessariamente tale sempre e dovunque.

Ma la natura dell'uomo è mutevole.

E così ciò che per l'uomo è naturale, in certi casi può decadere.

P. es., l'uguaglianza naturale richiede che una cosa depositata venga restituita al proprietario: e se la natura umana fosse sempre retta, ciò dovrebbe essere osservato in tutti i casi.

Siccome però talora la volontà dell'uomo si deprava, capita il caso in cui non si deve rendere il deposito, affinché chi ha la volontà perversa non se ne serva malamente: p. es. nel caso in cui chi richiede le armi depositate è un pazzo o un nemico della patria.

2. La volontà umana con un accordo collettivo può determinare il giusto in cose che di per sé non sono in contrasto con la giustizia naturale.

E in queste si attua il diritto positivo.

Per cui il Filosofo [ l. cit. nel s. c. ] fa notare che costituisce il giusto legale « ciò che in principio è indifferente a essere in un modo o in un altro, ma una volta stabilito è differente ».

Se invece una cosa è di per sé in contrasto col diritto naturale, allora non può diventare giusta per volontà umana: come se venisse stabilito che è lecito rubare, o commettere adulterio.

Perciò in Isaia [ Is 10,1 ] si legge: « Guai a coloro che fanno delle leggi inique ».

3. È divino quel diritto che è stato promulgato da Dio.

E questo in parte ha per oggetto cose che sono giuste per natura, la cui giustizia però è ignorata dagli uomini, e in parte ha per oggetto cose che diventano giuste in forza della legge divina.

Per cui anche il diritto divino si distingue in naturale e positivo, come quello umano.

Infatti nella legge divina ci sono delle cose che sono comandate perché buone e proibite perché cattive, ma ce ne sono delle altre che sono buone perché comandate e cattive perché proibite.

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