Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 2 - Se sia lecito ai genitori percuotere i figli, e ai padroni i loro schiavi

Pare che non sia lecito ai genitori percuotere i figli, e ai padroni gli schiavi.

Infatti:

1. Scriveva S. Paolo [ Ef 6,4 ]: « Voi padri non inasprite i vostri figli ».

E aggiungeva poco dopo [ Ef 6,9 ]: « E voi padroni comportatevi allo stesso modo verso i vostri schiavi, mettendo da parte le minacce ».

Ma dalle percosse alcuni vengono inaspriti.

Inoltre esse sono più gravi delle minacce.

Perciò né i padri possono percuotere i figli, né i padroni i servi.

2. Il Filosofo [ Ethic. 10,9 ] afferma che « il linguaggio paterno comporta soltanto l'ammonizione, non la coazione ».

Ma con le percosse si ha una forma di coazione.

Quindi ai genitori non è lecito percuotere i figli.

3. È permesso a chiunque correggere un altro: è questa infatti una delle opere di misericordia spirituale, come sopra [ q. 32, a. 2 ] si è visto.

Se quindi ai genitori è lecito percuotere i figli per correggerli, sarà lecito ugualmente a chiunque fare lo stesso con qualsiasi persona.

Ma ciò è evidentemente falso.

Quindi è falsa anche l'affermazione precedente.

In contrario:

Sta scritto [ Pr 13,24 ]: « Chi risparmia il bastone odia suo figlio »; e altrove [ Pr 23,13s ]: « Non risparmiare al giovane la correzione.

Anche se tu lo batti con la verga, non morirà; anzi, se lo batti con la verga lo salverai dall'inferno ».

E ancora [ Sir 33,27 ]: « Per lo schiavo cattivo torture e castighi ».

Dimostrazione:

Con le percosse si infligge un danno al corpo del paziente, però in maniera diversa che con la mutilazione: quest'ultima infatti ne pregiudica l'integrità, mentre le percosse si limitano al dolore sensibile.

Perciò esse sono un danno molto minore della mutilazione.

Ora, infliggere un danno a una persona è permesso solo come castigo, per un atto di giustizia.

D'altra parte si possono punire con giustizia solo i propri sudditi.

Quindi può lecitamente percuotere soltanto chi ha un potere sulla persona che viene percossa.

Poiché dunque il figlio è sotto il potere del padre, e lo schiavo sotto quello del padrone, il padre e il padrone hanno rispettivamente la facoltà di percuotere il figlio e lo schiavo, allo scopo di correggerli e di educarli.

Analisi delle obiezioni:

1. L'ira, essendo un desiderio di vendetta, si accende soprattutto quando uno pensa di essere stato colpito ingiustamente, come mostra il Filosofo [ Reth. 2,3 ].

Perciò la proibizione che viene fatta ai genitori di provocare i figli non vieta loro di percuoterli allo scopo di educarli, ma di esagerare nelle percosse.

- L'esortazione poi rivolta ai padroni di mettere da parte le minacce può essere intesa in due modi.

Primo, nel senso che se ne deve fare un uso moderato: e ciò fa parte della moderazione nel correggere.

Secondo, nel senso che non sempre si deve porre in atto il castigo minacciato: e ciò implica l'obbligo di temperare talvolta con la misericordia del condono la sentenza con cui era stata decretata la punizione.

2. Un potere superiore esige una forza coattiva più grande.

Ora, essendo lo stato una società perfetta, chi lo governa deve avere un potere coattivo perfetto: quindi può infliggere pene irreparabili, come l'uccisione e la mutilazione.

Invece il padre e il padrone, i quali governano la società domestica, che è una società imperfetta, hanno un potere coercitivo imperfetto limitato a punizioni lievi, che non infliggono danni irreparabili.

E le percosse sono fra queste.

3. È lecito a chiunque correggere chi accetta la correzione.

Correggere invece chi non la vuole appartiene soltanto agli incaricati.

E tale è appunto il caso delle percosse.

Indice