Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se a un condannato a morte che lo possa fare sia lecito difendersi

Pare che a un condannato a morte che lo possa fare sia lecito difendersi.

Infatti:

1. Ciò che è oggetto dell'inclinazione naturale è sempre lecito, derivando in qualche modo dal diritto naturale.

Ora, l'inclinazione naturale spinge a resistere agli elementi distruttori non solo gli uomini e gli animali, ma persino le cose prive di sensibilità.

Quindi al reo condannato è lecito fare resistenza, per non subire la morte.

2. Uno può sottrarsi alla sentenza di morte proferita contro di lui sia con la resistenza che con la fuga.

Ora, essendo lecito sottrarsi alla morte con la fuga, secondo le parole della Scrittura [ Sir 9,18 Vg ]: « Sta lontano da chi ha il potere di uccidere », sarà lecito anche sottrarsi ad essa con la resistenza.

3. Sta scritto [ Pr 24,11 ]: « Libera quelli che sono condotti alla morte, e salva quelli che sono trascinati al supplizio »

Ma uno è più obbligato verso se stesso che verso gli altri.

Quindi è permesso che un condannato difenda se stesso per non subire la morte.

In contrario:

L'Apostolo [ Rm 13,2 ] insegna: « Chi si oppone all'autorità si oppone all'ordine stabilito da Dio, e si attira addosso la condanna ».

Ora, il condannato che si difende resiste all'autorità proprio in quanto è istituita da Dio « per punire i malfattori e premiare i buoni » [ 1 Pt 2,14 ].

Perciò nel difendersi commette peccato.

Dimostrazione:

In due modi si può essere condannati a morte.

Primo, giustamente.

E in tal caso al condannato non è lecito difendersi: infatti il giudice ha il diritto di combatterlo, se fa resistenza: per cui ne consegue che da parte del reo si ha una guerra ingiusta.

Quindi non vi è dubbio che egli pecca.

Secondo, uno può essere condannato ingiustamente.

E tale sentenza è simile alla violenza dei briganti, secondo le parole di Ezechiele [ Ez 22,27 ]: « I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi rapaci che attentano al sangue altrui ».

Come quindi è lecito resistere ai briganti, così è lecito in tal caso resistere ai cattivi governanti: a meno che non si tratti di evitare lo scandalo, nel timore che da ciò possa nascere un grave turbamento.

Analisi delle obiezioni:

1. L'uomo ha ricevuto la ragione proprio per questo, cioè per mettere in atto le cose a cui la natura inclina non a caso, ma seguendo l'ordine della ragione.

Perciò è lecita non qualsiasi difesa di se stessi, ma quella fatta con la debita moderazione [ cf. q. 64, a. 7 ].

2. Nessuno può essere condannato a darsi la morte, ma solo a subirla.

Perciò nessuno è tenuto a fare quanto è richiesto all'esecuzione capitale, cioè a restare nel luogo da dove sarà condotto a morire.

Tuttavia il reo è tenuto a non opporre resistenza al carnefice per scansare la giusta punizione.

E così pure chi è condannato a morire di fame non pecca se prende il cibo a lui offerto di nascosto: infatti il non prenderlo equivale a uccidersi.

3. Le parole del Savio non intendono esortare a strappare qualcuno dalla morte contro l'ordine della giustizia.

Per cui uno non deve liberare neppure se stesso dalla morte facendo resistenza contro l'ordine della giustizia.

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