Summa Teologica - II-II |
Pare che la contumelia non consista in parole.
1. La contumelia implica un danno a svantaggio del prossimo, trattandosi di un'ingiustizia.
Ma le parole non recano danno né alle cose né alla persona del prossimo.
Quindi la contumelia non consiste in parole.
2. La contumelia porta un certo disonore.
Ma uno viene disonorato o vituperato più con i fatti che con le parole.
Quindi la contumelia non è costituita di parole, ma piuttosto di fatti.
3. Il disonore fatto a parole viene detto insulto, o improperio.
Ma la contumelia pare differire dall'insulto e dall'improperio.
Perciò la contumelia non consiste in parole.
Con l'udito non si percepiscono che le parole.
Ma le contumelie, come appare dalla Scrittura [ Ger 20,10 ], vengono percepite con l'udito: « Sentivo le contumelie di molti ».
Quindi la contumelia è fatta di parole.
La contumelia implica il disonore di una persona.
E ciò può accadere in due modi.
Primo, quando la si priva dell'eccellenza che le merita l'onore, dal momento che l'onore nasce precisamente da tale eccellenza.
E ciò si compie mediante i peccati di opere, di cui abbiamo già parlato [ qq. 64 ss. ].
- Secondo, quando si porta a conoscenza dell'interessato e degli altri quanto ne pregiudica l'onore.
E ciò propriamente appartiene alla contumelia.
Il che avviene attraverso dei segni.
Ora, secondo S. Agostino [ De doctr. christ. 2,3.4 ], « tutti i segni, a confronto delle parole, sono poca cosa: infatti tra gli uomini le parole hanno avuto un primato assoluto nell'esprimere qualsiasi concetto dell'animo ».
Quindi, propriamente parlando, la contumelia consiste in parole.
Per cui S. Isidoro [ Etym. 10 ] insegna che uno è chiamato contumelioso « perché è veloce e tumido nel pronunciare parole ingiuriose ».
Siccome tuttavia certe cose possono essere significate anche con dei fatti, i quali nella misura in cui significano hanno il valore delle parole, in senso lato si può parlare di contumelia anche a proposito di fatti.
Per cui la Glossa [ P. Lomb. e interlin. ], a proposito dei « contumeliosi e superbi » di cui parla S. Paolo [ Rm 1,30 ], spiega che contumeliosi sono « quelli che con le parole o con i fatti arrecano contumelie e ignominie ».
1. Le parole per la loro natura fisica, cioè in quanto suoni, non fanno del male; se non forse disturbando l'udito, se uno parla troppo forte.
Però in quanto segni atti a presentare ad altri delle nozioni possono fare molti danni.
E uno di questi è il pregiudizio che un uomo può ricevere nell'onore e nel rispetto a lui dovuto da parte degli altri.
Perciò la contumelia è maggiore se uno rinfaccia i difetti dinanzi a molte persone.
Ma ci può essere contumelia anche nel rinfacciarli da solo a solo, se chi parla manca di rispetto verso chi ascolta.
2. Una persona in tanto pregiudica con i fatti l'onore di un'altra in quanto quei fatti compiono o indicano cose che ne pregiudicano l'onore.
Ma la prima di queste funzioni non appartiene alla contumelia, bensì ad altre specie di ingiustizia di cui abbiamo già parlato [ l. cit. nel corpo ].
La seconda invece appartiene alla contumelia, in quanto quei fatti hanno per il loro significato il valore di parole.
3. Gli insulti e gli improperi sono anch'essi delle parole come la contumelia: poiché tutte queste cose consistono nel rinfacciare ad altri dei difetti per menomarne l'onore.
Ora, tali difetti sono di tre generi.
C'è il difetto morale, o peccato, che viene espresso dalle parole di contumelia.
C'è poi il difetto che abbraccia indistintamente il peccato e il castigo, e che viene espresso mediante l'insulto [ con-vitium ]: poiché si usa parlare di vizio non solo per l'anima, ma anche per il corpo.
Se quindi uno rinfaccia a una persona la cecità lancia un insulto, non una contumelia; se invece dice all'altro che è un ladro non solo lancia un insulto, ma infligge anche una contumelia.
- Finalmente talora si rinfacciano al prossimo difetti attinenti alla sua umile condizione e alla sua indigenza, e che compromettono anch'essi l'onore che accompagna una qualsiasi nobiltà o superiorità.
E ciò avviene con l'improperio, che propriamente consiste nel ricordare ad altri l'aiuto loro prestato quando erano nel bisogno.
Da cui le parole della Scrittura [ Sir 20,15 ]: « Egli darà poco ma rinfaccerà molto ».
- Tuttavia spesso questi termini vengono usati l'uno per l'altro.
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