Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se chi ascolta la maldicenza senza reagire pecchi gravemente

Pare che non pecchi gravemente chi senza reagire ascolta la maldicenza.

Infatti:

1. Nessuno è tenuto a fare per gli altri più di quanto è tenuto a fare per se stesso.

Ora, come insegna S. Gregorio [ In Ez. hom. 9 ], è cosa lodevole che uno tolleri i propri detrattori: « Come non dobbiamo eccitare con le nostre azioni le lingue dei detrattori per non essere loro occasione di rovina, così dobbiamo tollerarle con pazienza, una volta eccitate, per accrescere i nostri meriti ».

Se quindi uno non reagisce alle detrazioni degli altri non fa peccato.

2. Sta scritto [ Sir 4,25 ]: « Non contraddire alla verità in alcun modo ».

Ma talora chi sparla dice la verità, come si è notato [ a. 1, ad 3 ].

Quindi non sempre si è tenuti a reagire alla detrazione.

3. Nessuno deve impedire ciò che è utile al prossimo.

Ma la detrazione spesso è utile a coloro che ne sono oggetto.

S. Pio I infatti [ Decr. di Graz. 2, 6, 1 ] scriveva: « Talora contro i buoni si scatena la maldicenza, affinché chi era stato posto in alto dall'adulazione dei familiari, o dal favore degli estranei, sia umiliato dalla detrazione ».

Perciò non si devono impedire le detrazioni.

In contrario:

S. Girolamo [ Epist. 52 ] ammonisce: « Guardati dal prurito della lingua e delle orecchie: cioè dal fare della maldicenza contro il prossimo e dall'ascoltare chi la fa ».

Dimostrazione:

Secondo l'Apostolo [ Rm 1,32 ] « è degno di morte non solo chi commette il peccato, ma anche chi approva quanti lo commettono ».

E l'approvazione può esserci in due modi.

Primo, direttamente, quando cioè uno induce altri al peccato, o si compiace del peccato.

Secondo, indirettamente, quando cioè uno non reagisce, pur avendone la possibilità: e questo non perché piace il peccato, ma per un timore umano.

Si deve quindi affermare che se uno ascolta le detrazioni senza reagire, approva chi le fa: quindi è partecipe del suo peccato.

Se poi si lascia indurre alla maldicenza, oppure ne prova piacere per odio verso la persona che ne è vittima, allora non pecca meno di chi sparla del prossimo: anzi di più, in certi casi.

Da cui le parole di S. Bernardo [ De consid. 2,13 ]: « Non saprei decidere facilmente se sia più condannabile chi fa della maldicenza o chi la ascolta ».

- Se invece il peccato dispiace, ma si omette di reagire alla maldicenza per timore, o per negligenza, o per rispetto umano, allora si pecca, però in modo assai meno grave di chi sparla, e per lo più venialmente.

Ma in certi casi tale omissione può anche essere un peccato mortale: o perché uno ha per ufficio il dovere di correggere i maldicenti, o per i disordini che ne derivano, o per la radice che la produce, poiché in certi casi il rispetto umano è un peccato mortale, come sopra [ q. 19, a. 3 ] si è notato.

Analisi delle obiezioni:

1. Nessuno ascolta le detrazioni a suo carico: poiché le male parole dette in presenza dell'interessato, propriamente parlando, non sono una detrazione, come si è spiegato [ a. 1, ad 2 ].

Tuttavia mediante la relazione di altri uno può conoscere queste detrazioni.

E allora è in suo arbitrio di sopportare la menomazione della propria fama, a meno che ciò non pregiudichi il bene di altri, come si è detto [ q. 72, a. 3 ].

Quindi gli si può raccomandare la pazienza nel tollerare la maldicenza a proprio carico.

- Invece non è lasciato al suo arbitrio il sopportare la menomazione della fama altrui.

Quindi è una colpa per lui non reagire, avendone la possibilità: e ciò per lo stesso motivo per cui uno è tenuto « a risollevare l'asino altrui caduto sotto il peso », come impone la legge antica [ Es 23,5 ].

2. Non sempre si è tenuti a reagire contro chi sparla rimproverandolo di falsità, specialmente quando uno sa che è vero quanto si dice.

Si deve però rimproverarlo del peccato che commette con la maldicenza; o per lo meno uno deve mostrare con la tristezza del volto che la detrazione gli dispiace: poiché, come leggiamo nei Proverbi [ Pr 25,23 Vg ], « la tramontana scaccia la pioggia, e una faccia severa la lingua diffamatrice ».

3. L'utilità che proviene dalla maldicenza non è nell'intenzione di chi la fa, ma nella disposizione di Dio, il quale è capace di ricavare un bene da qualsiasi male.

Così dunque non si deve per questo combattere meno la maldicenza: come anche si deve resistere ai rapinatori e agli oppressori degli altri, sebbene dalle loro imprese possa derivare alle vittime un aumento di merito a motivo della pazienza.

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