Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se giurare sia invocare Dio come testimone

In 3 Sent., d. 39, q. 1, a. 1

Pare che giurare non sia invocare Dio come testimone.

Infatti:

1. Chiunque porta l'autorità della Sacra Scrittura porta Dio come testimone, essendo essa parola di Dio.

Se quindi giurare è chiamare Dio come testimone, chiunque cita la Sacra Scrittura fa un giuramento.

Ma ciò è falso.

Quindi è falsa anche la prima affermazione.

2. Chiamando qualcuno come testimone non gli si rende nulla.

Invece chi giura per Dio rende a Dio qualcosa, poiché nel Vangelo [ Mt 5,33 ] si legge: « Renderai al Signore i tuoi giuramenti »; e S. Agostino [ Serm. 180,6 ] afferma che giurare significa « rendere a Dio il debito della verità ».

Perciò giurare non è invocare Dio come testimone.

3. Come sopra [ qq. 67,70 ] si è visto, l'ufficio del giudice è diverso da quello del testimone.

Ma talora nel giurare l'uomo invoca il giudizio di Dio, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 7,5s ]: « Se ho ripagato il mio amico con il male, il nemico mi insegua e mi raggiunga ».

Quindi giurare non è invocare la testimonianza di Dio.

In contrario:

S. Agostino in un discorso sullo spergiuro [ Serm. 180,6 ] afferma: « Che significa: "Per Dio" se non: "mi è testimone Dio?" ».

Dimostrazione:

Come dice l'Apostolo [ Eb 6,16 ], il giuramento è ordinato a « confermare » qualcosa.

Ora, in campo scientifico confermare appartiene alla ragione, la quale parte dai princìpi noti per natura, che sono veri in maniera infallibile.

Ma i fatti contingenti particolari non possono essere confermati da ragioni necessarie.

Quindi le affermazioni relative ad essi vengono di solito confermate con dei testimoni.

Però la testimonianza dell'uomo non è sufficiente a ciò per due motivi.

Primo, per difetto di veracità: poiché molti cadono nella menzogna, secondo le parole del Salmo [ Sal 17,10 ]: « La loro bocca dice menzogne ».

Secondo, per difetto di conoscenza: poiché gli uomini non possono conoscere né le cose future, né quelle lontane, né i segreti dei cuori; e tuttavia gli uomini ne parlano, ed è necessario per la vita umana che si abbia su tali cose una qualche certezza.

Perciò fu necessario ricorrere alla testimonianza di Dio: poiché Dio non può mentire, e a lui nulla può rimanere nascosto.

Ora, prendere Dio come testimone è ciò che viene detto « giurare »: poiché a norma di diritto ( pro iure ) si è stabilito che quanto viene affermato con la testimonianza di Dio sia ritenuto come vero.

Ma la testimonianza di Dio talora viene portata per asserire cose presenti o passate: e allora abbiamo il giuramento assertorio.

- Talora invece viene portata per confermare qualcosa di futuro: e questo giuramento viene detto promissorio.

- Per le cose però che sono necessarie e sono oggetto di indagine razionale non si ricorre al giuramento: sarebbe infatti ridicolo che nelle discussioni scientifiche uno volesse provare le sue asserzioni con un giuramento.

Analisi delle obiezioni:

1. Una cosa è servirsi della testimonianza che Dio ha già dato, il che avviene quando uno porta l'autorità della Sacra Scrittura, e un'altra è invocare da Dio una testimonianza da dare, come si fa nel giuramento.

2. Si dice che uno rende a Dio i giuramenti per il fatto che adempie ciò che ha giurato.

Oppure perché, invocando Dio come testimone, riconosce che egli possiede la conoscenza e la verità infallibile di tutte le cose.

3. La testimonianza di una persona viene invocata perché il testimone manifesti la verità su quanto viene detto.

Ora, Dio in due modi manifesta se è vero ciò che viene detto.

Primo, rivelando direttamente la verità: o con un'ispirazione interiore, oppure mettendo a nudo i fatti, cioè mostrando pubblicamente ciò che era nascosto.

Secondo, con la punizione di chi mente: e allora egli è insieme giudice e testimone, poiché punendo il colpevole ne manifesta la menzogna.

Ci sono quindi due tipi di giuramento.

Il primo consiste nella semplice invocazione della testimonianza di Dio, come quando uno dice: « Dio mi è testimone », oppure: « Parlo al cospetto di Dio »; o: « Per Dio », che è la stessa cosa, come spiega S. Agostino [ cf. s. c. ].

- Il secondo tipo di giuramento consiste invece in un'imprecazione: cioè nel sottoporre noi stessi, o le cose che ci appartengono, a un castigo, se non è vero quello che diciamo.

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