Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se il giuramento, in quanto cosa utile e buona, debba essere voluto e praticato spesso

In 3 Sent., d. 39, q. 1, a. 2, sol. 1; In Matth., c. 5

Pare che il giuramento, in quanto cosa utile e buona, debba essere voluto e praticato spesso.

Infatti:

1. Il giuramento è un atto di latria come il voto.

Ma compiere una cosa per voto è più lodevole e più meritorio, poiché il voto, come sopra [ q. 88, a. 5 ] si è visto, è un atto di latria.

Quindi per lo stesso motivo fare o dire qualcosa con giuramento è un'azione più lodevole.

E così il giuramento va desiderato come una cosa buona per se stessa.

2. S. Girolamo [ In Mt 1, su 5,34ss ] insegna che « chi giura, o venera o ama la persona per cui giura ».

Ma la venerazione e l'amore di Dio vanno ricercate come cose buone per se stesse.

Perciò anche il giuramento confermi quanto egli dice è una cosa buona.

Quindi il giuramento va desiderato come un bene.

In contrario:

Sta scritto [ Sir 23,11 ]: « Un uomo dai molti giuramenti si riempie di iniquità ».

E S. Agostino [ De mendacio 15.26 ] insegna che il precetto del Signore che proibisce il giuramento « è stato posto affinché da parte tua non cerchi e non desideri il giuramento quasi con una certa compiacenza ».

Dimostrazione:

Quanto viene cercato al solo scopo di ovviare a un difetto va enumerato non tra le cose da desiderare per se stesse, ma tra quelle necessarie: come è evidente nel caso della medicina, che viene cercata per far fronte alla malattia.

Ora, il giuramento viene desiderato per ovviare a un difetto, cioè alla mancanza di fiducia di un uomo verso l'altro.

Per cui esso va considerato non tra le cose da desiderarsi per se stesse, ma tra quelle necessarie alla vita, e di cui abusa chiunque se ne serve fuori dei casi di necessità.

Da cui le parole di S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,17.51 ]: « Chi capisce che il giuramento non fa parte del bene », cioè delle cose per se stesse desiderabili, « ma del necessario, per quanto può se ne astiene, così da usarlo solo se costretto dalla necessità ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il caso del voto è diverso da quello del giuramento.

Col voto infatti ordiniamo un'opera a onorare Dio, per cui essa diventa un atto di religione.

Nel giuramento invece l'onore del nome di Dio viene usato per confermare una promessa.

Quindi ciò che viene così confermato non diventa per questo un atto di religione: poiché le azioni morali vengono specificate dal fine.

2. Chi giura fa uso della venerazione o dell'amore verso la persona per cui giura: egli però non ordina il giuramento a venerarla o ad amarla, ma ad altre cose necessarie per la vita presente.

3. Come la medicina, pur essendo utile per guarire, tuttavia è tanto più dannosa quanto più è energica, se viene presa senza motivo, così il giuramento, pur essendo utile per confermare, quanto più è degno di rispetto tanto più è pericoloso, se viene usato senza necessità.

Poiché, come dice l'Ecclesiastico [ Sir 23,11 ], « se uno manca », ingannando cioè il proprio fratello, « il suo peccato è su di lui, e se dissimula », giurando cioè il falso, « pecca due volte », poiché « la giustizia simulata è un'iniquità duplicata », come dice S. Agostino [ Enarr. in Ps 63, 7 ]; « e se giura invano », cioè senza giusto motivo e necessità, « non sarà giustificato ».

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