Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 Se la viltà, o paura, sia un peccato

In 3 Ethic., lect. 15

Pare che la viltà, o paura, non sia un peccato.

Infatti:

1. Il timore, o paura, è una passione, come sopra [ I-II, q. 23, a. 4; q. 41, a. 1 ] si è visto.

Ma « per le passioni non meritiamo né lode né biasimo », scrive Aristotele [ Ethic. 2,5 ].

Siccome invece ogni peccato è biasimevole, è chiaro che il timore non è un peccato.

2. Nulla di ciò che è comandato dalla legge divina può essere un peccato: poiché « la legge del Signore è perfetta », come dice il Salmo [ Sal 19,8 ].

Ora, nella legge di Dio è comandato il timore; si legge infatti [ Ef 6,5 ]: « Servi, ubbidite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore ».

Quindi il timore non è un peccato.

3. Nulla di ciò che è nell'uomo per natura può essere un peccato: poiché il peccato, secondo il Damasceno [ De fide orth. 2, cc. 4,30 ], è « contro natura ».

Ma il timore è naturale per l'uomo: infatti il Filosofo [ Ethic. 3,7 ] scrive che « uno sarebbe anormale se non avesse il senso del dolore, e non temesse nulla, neppure il terremoto o le inondazioni ».

Quindi la paura non è un peccato.

In contrario:

Il Signore [ Mt 10,28 ] afferma: « Non temete coloro che uccidono il corpo ».

E in Ezechiele [ Ez 2,6 ] si legge: « Non li temere e non aver paura delle loro parole ».

Dimostrazione:

Un atto umano è peccaminoso a motivo del disordine: infatti la bontà del nostro agire consiste in un certo ordine, come sopra [ q. 109, a. 2; q. 114, a. 1 ] si è spiegato.

Ora, l'ordine richiesto è che l'appetito sia soggetto al dominio della ragione.

Ma la ragione certe cose detta di fuggirle e altre impone di cercarle; e tra quelle da fuggire ci dice che alcune vanno fuggite più di altre; e che tra quelle da seguire alcune vanno perseguite più di altre; e che quanto più un bene va perseguito, tanto più va evitato il male opposto.

Quindi la ragione detta di preferire la ricerca di certi beni alla fuga di certi mali.

Quando perciò la volontà fugge un male che la ragione detta di sopportare per non abbandonare un bene che deve essere perseguito, allora si ha un timore disordinato, che è peccaminoso.

Quando invece la volontà per paura abbandona ciò che secondo la ragione deve essere fuggito, allora l'atto non è disordinato, e non è un peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. Nella sua accezione più comune « timore » non dice altro che « fuga »: quindi non implica né il bene né il male.

E lo stesso si dica di ogni altra passione.

Per questo il Filosofo afferma che le passioni non sono né lodevoli, né biasimevoli: poiché quanti si adirano o temono non sono lodati o biasimati per questo, ma perché lo fanno o in maniera ordinata, o in maniera disordinata.

2. Il timore che l'Apostolo raccomanda è conforme alla ragione: egli cioè esorta i servi a temere la mancanza di rispetto e di devozione ai propri padroni.

3. La retta ragione comanda di fuggire quei mali a cui l'uomo non può resistere, e la cui sopportazione non arreca alcun vantaggio.

Perciò il temerli non è un peccato.

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