Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la clemenza e la mansuetudine si identifichino totalmente

In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 2, sol. 1, ad 2

Pare che la clemenza e la mansuetudine si identifichino totalmente.

Infatti:

1. La mansuetudine, secondo il Filosofo [ Ethic. 4,5 ], ha il compito di moderare l'ira.

Ma l'ira è « il desiderio della vendetta ».

Essendo quindi la clemenza, come dice Seneca [ De clem. 2,3 ], « l'indulgenza dei superiori verso gli inferiori nel dare le punizioni », ed essendo la punizione il mezzo per fare vendetta, pare che la mansuetudine e la clemenza siano la stessa cosa.

2. Cicerone [ De invent. 2,54 ] afferma che « la clemenza è la virtù che trattiene con la benignità un animo eccitato all'odio verso qualcuno »: dal che si rileva che la clemenza consiste nel moderare l'ira.

Ma l'odio, secondo S. Agostino [ Epist. 211 ], è causato dall'ira, che è oggetto della mansuetudine.

Quindi la mansuetudine e la clemenza si identificano.

3. Un identico vizio non può essere il contrario di virtù diverse.

Ora un identico vizio, cioè la crudeltà, si contrappone alla mansuetudine e alla clemenza.

Perciò esse si identificano del tutto.

In contrario:

Secondo Seneca [ cf. ob. 1 ], la clemenza è « l'indulgenza dei superiori verso gli inferiori ».

La mansuetudine invece non è soltanto dei superiori, ma di chiunque.

Quindi la mansuetudine e la clemenza non si identificano.

Dimostrazione:

Le virtù morali « riguardano le passioni e gli atti esterni » [ Ethic. 2,3 ].

Ma le passioni sono princìpi degli atti esterni, oppure anche impedimenti.

Perciò le virtù che regolano le passioni in qualche modo concorrono al medesimo effetto delle virtù che regolano gli atti esterni, sebbene ne differiscano specificamente.

Come alla giustizia, p. es., spetta propriamente il trattenere l'uomo dal furto, al quale egli viene spinto dall'amore o desiderio delle ricchezze, che è tenuto a freno dalla liberalità: per cui la liberalità concorre con la giustizia a ottenere l'effetto dell'astensione dal furto.

E ciò avviene anche nel nostro caso.

Infatti dalla passione dell'ira si è spinti a infliggere un castigo più grave.

Alla clemenza spetta invece direttamente di diminuire il castigo, il che però potrebbe essere impedito da un'ira esagerata.

E così la mansuetudine, frenando l'impeto dell'ira, concorre al medesimo effetto della clemenza.

Le due virtù però differiscono tra loro, poiché la clemenza ha il compito di moderare la punizione esterna, mentre la mansuetudine propriamente modera la passione dell'ira.

Analisi delle obiezioni:

1. La mansuetudine ha propriamente per oggetto lo stesso desiderio della vendetta.

Invece la clemenza modera i castighi inflitti esternamente per compiere la vendetta.

2. L'uomo è portato a ridurre le cose che non gli piacciono.

Ora, per il fatto che uno ama una persona, ne segue che egli prova dispiacere per il suo castigo, che giustifica solo in ordine ad altro, p. es. in ordine alla giustizia o alla correzione di chi è punito.

È quindi dall'amore che deriva la prontezza a diminuire i castighi, che è propria della clemenza; mentre l'odio impedisce questa diminuzione.

Ed è in questo senso che Cicerone afferma che « la clemenza trattiene l'animo eccitato all'odio », cioè spinto a punire gravemente, dall'infliggere un castigo troppo grave: poiché la clemenza non ha direttamente il compito di moderare l'odio, ma il castigo.

3. Alla mansuetudine, che riguarda direttamente l'ira, a tutto rigore si contrappone il vizio dell'iracondia, che implica un eccesso d'ira.

Invece la crudeltà implica un eccesso nella punizione.

Per cui Seneca [ De clem. 2,4 ] afferma che « sono chiamati crudeli coloro che hanno ragione di punire, ma non hanno misura ».

- Coloro invece che godono di far soffrire gli uomini anche senza ragione possono essere detti feroci, poiché come le fiere sono privi dell'affetto umano, grazie al quale l'uomo naturalmente ama il suo simile.

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