Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 2 - Se l'ira sia un peccato

III, q. 15, a. 9; In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 2, sol. 2; De Malo, q. 12, a. 2; Expos. in Decal., c. De Quinto Praecepto; In Ephes., c. 4, lect. 8

Pare che l'ira non sia un peccato.

Infatti:

1. Peccando noi demeritiamo.

Ora, secondo Aristotele [ Ethic. 2,5 ], « con le passioni non conseguiamo né merito né biasimo ».

Quindi nessuna passione è un peccato.

Ma l'ira è una passione, come si è visto nel trattato sulle passioni [ I-II, q. 46, a. 1 ].

Quindi l'ira non è un peccato.

2. In ogni peccato abbiamo la ricerca di un bene creato.

Ma con l'ira non si cerca il bene creato, bensì il male di qualcuno.

Quindi l'ira non è un peccato.

3. Come nota S. Agostino [ De lib. arb. 3,18.50 ], « nessuno pecca per delle cose inevitabili ».

Ma l'ira è inevitabile: poiché a proposito di quel detto del Salmo [ Sal 4,5 ]: « Adiratevi, ma senza peccare », la Glossa [ ord. ] afferma che « il moto dell'ira non è in nostro potere ».

Inoltre il Filosofo [ Ethic. 7,6 ] scrive che « l'adirato agisce con tristezza »: ora, la tristezza è contro la volontà.

Quindi l'ira non è un peccato.

4. Il peccato, come dice il Damasceno [ De fide orth. 2, cc. 4,30 ], « è contro natura ».

Invece l'ira non è contro la natura dell'uomo, essendo un atto naturale dell'irascibile.

Per cui S. Girolamo [ Epist. 12 ] afferma che « adirarsi è proprio dell'uomo ».

Perciò l'ira non è un peccato.

In contrario:

L'Apostolo [ Ef 4,31 ] comanda: « Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira ».

Dimostrazione:

L'ira, come si è detto [ a. prec. ], indica propriamente una certa passione.

Ora, una passione dell'appetito sensitivo in tanto è buona in quanto è regolata dalla ragione; se invece esclude l'ordine della ragione, allora è cattiva.

Ora, l'ordine della ragione interessa l'ira sotto due aspetti.

Primo, in rapporto a ciò che con essa si desidera, ossia alla vendetta.

Per cui se uno desidera che si faccia vendetta secondo l'ordine della ragione, allora l'ira è lodevole, e viene detta zelo [ cf. Greg., Mor. 5,45 ].

- Se invece uno desidera che si faccia vendetta in qualsiasi modo contro l'ordine della ragione, p. es. che sia punito chi non lo merita, o che uno venga punito più di quanto merita, oppure anche non secondo l'ordine legittimo, o non per il fine dovuto, che è la conservazione della giustizia e la correzione della colpa, allora l'ira è peccaminosa.

E abbiamo il vizio dell'ira [ a. prec. ].

Secondo, l'ordine della ragione interessa l'ira quanto al modo in cui uno si adira: il divampare dell'ira cioè non deve essere eccessivo, né all'interno né all'esterno.

E se non si bada a ciò, l'ira non sarà senza peccato, anche se uno desidera la giusta vendetta.

Analisi delle obiezioni:

1. Una passione può essere o non essere regolata dalla ragione, e quindi assolutamente considerata non implica né merito né demerito, ossia né lode né biasimo.

In quanto però è regolata dalla ragione essa può avere l'aspetto di cosa meritoria e lodevole; oppure se non è così regolata può essere demeritoria e biasimevole.

Per cui il Filosofo aggiunge che « è lodato o vituperato chi si adira in un certo modo ».

2. L'adirato desidera il male altrui non per se stesso, ma per la vendetta, alla quale il suo appetito si rivolge come a un bene creato.

3. L'uomo è padrone dei suoi atti con il libero arbitrio della ragione.

Perciò i moti che prevengono il giudizio della ragione non sono soggetti all'uomo nella loro universalità, cioè in modo che nessuno di essi insorga; sebbene la ragione possa impedirli individualmente.

E in questo senso si può affermare che i moti dell'ira non sono in potere dell'uomo, in modo cioè che nessuno di essi insorga.

Ma poiché essi in qualche modo sono sottomessi all'uomo, non perdono del tutto l'aspetto di peccato, quando sono disordinati.

- L'affermazione poi del Filosofo che « l'adirato agisce con tristezza » non va intesa nel senso che egli si dolga di adirarsi, ma che si duole dell'ingiuria che pensa di aver ricevuto, e da tale tristezza è mosso a bramare la vendetta.

4. L'irascibile dell'uomo è per natura sottoposto alla ragione.

Perciò i suoi atti in tanto sono naturali nell'uomo in quanto sono conformi alla ragione; in quanto invece non rispettano l'ordine della ragione sono contro la natura dell'uomo.

Indice