Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se i profeti vedano l'essenza stessa di Dio

De Verit., q. 12, a. 6; In Is., cc. 1, 6

Pare che i profeti vedano l'essenza stessa di Dio.

Infatti:

1. La Glossa [ ord. di Greg. ], commentando quel passo di Isaia [ Is 38,1 ]: « Disponi riguardo alle cose della tua casa », ecc., afferma: « I profeti possono leggere nel libro stesso della prescienza di Dio, nel quale sono scritte tutte le cose ».

Ma la prescienza di Dio si identifica con la sua essenza.

Quindi i profeti vedono la stessa essenza divina.

2. S. Agostino [ De Trin. 9,7.12 ] insegna che « con la vista della mente vediamo la forma del nostro essere e del nostro agire nell'eterna verità dalla quale furono fatte tutte le cose temporali ».

Ora, fra tutti gli uomini i profeti hanno la più alta conoscenza delle cose divine.

Essi quindi vedono più di ogni altro l'essenza divina.

3. I futuri contingenti sono previsti dai profeti secondo la loro « immutabile verità » [ Cassiod., Exp. in Ps., Prol. ].

Ma in questo modo essi non si trovano che in Dio.

Quindi i profeti vedono Dio stesso.

In contrario:

La visione dell'essenza divina non cesserà nella patria.

Invece, secondo S. Paolo [ 1 Cor 13,8ss ], « la profezia cesserà ».

Perciò la profezia non avviene mediante la visione dell'essenza divina.

Dimostrazione:

La profezia implica una conoscenza divina, ma a distanza: dei profeti infatti si legge [ Eb 11,13 ] che « vedevano lontano ».

Invece i beati che hanno raggiunto la patria non vedono come di lontano, ma da vicino, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 140,14 ]: « I retti abiteranno alla tua presenza ».

Perciò è evidente che la conoscenza profetica è diversa dalla perfetta conoscenza che si avrà nella patria beata.

E si distingue da essa come l'imperfetto dal perfetto, cessando al sopravvenire di questo, secondo l'affermazione dell'Apostolo [ 1 Cor 13,8ss ].

Ci furono però alcuni i quali, volendo distinguere la conoscenza profetica dalla conoscenza dei beati, insegnarono che i profeti avrebbero visto l'essenza divina, che essi chiamano « specchio eterno », senza però vederla in quanto è oggetto di beatitudine, ma solo in quanto contiene le ragioni degli eventi futuri.

- Ora, ciò è assolutamente impossibile.

Poiché Dio è oggetto della beatitudine secondo la sua stessa essenza.

« Beato chi conosce te », scrive infatti S. Agostino [ Conf. 5,4 ], « anche se non conosce altro », cioè le creature.

Ora, non è possibile che uno veda le ragioni delle creature nell'essenza divina senza vedere quest'ultima.

Sia perché l'essenza divina è l'intima ragione di quanto viene creato, mentre l'idea come tale non aggiunge all'essenza divina se non un rapporto alle creature, sia perché una cosa viene conosciuta prima in se stessa che in rapporto ad altro, per cui Dio viene conosciuto prima in se stesso, quale oggetto della beatitudine, che in rapporto ad altro, cioè per le ragioni delle cose che esistono in lui.

È quindi impossibile che i profeti vedano Dio secondo le ragioni delle creature e non quale oggetto della beatitudine.

Bisogna concludere dunque che la visione profetica non è la visione della stessa essenza divina, e i profeti non contemplano le cose che vedono nell'essenza divina, ma solo in determinate immagini, secondo l'illuminazione della luce di Dio.

Per cui Dionigi [ De cael. hier. 4,3 ] scrive che « il saggio teologo chiama divina la visione prodotta dalle immagini rappresentative delle cose prive di figura corporea, perché i veggenti si riconducono alle realtà divine ».

E queste immagini rappresentative illustrate dalla luce di Dio hanno natura di specchio più dell'essenza divina.

Infatti le immagini speculari dipendono dalle cose: il che non può dirsi di Dio.

Può invece chiamarsi specchio questa illuminazione della mente profetica, in quanto riflette una somiglianza o immagine della prescienza divina.

E merita così il nome di « specchio eterno », in quanto rappresenta la prescienza di Dio il quale, come sopra [ q. 172, a. 1 ] si è detto, nella sua eternità vede tutte le cose come presenti.

Analisi delle obiezioni:

1. Si dice che i profeti vedono nel libro della prescienza divina perché la verità si riflette nella mente del profeta [ scaturendo ] dalla prescienza stessa di Dio.

2. Si dice che l'uomo vede la forma della propria realtà nella verità prima in quanto l'immagine della prima verità rifulge nella mente umana, il che permette all'anima di conoscere se stessa.

3. Avendo Dio presenti in se stesso i futuri contingenti secondo la loro immutabile verità, egli può imprimerne una conoscenza analoga nella mente del profeta senza che questi veda Dio per essenza.

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