Supplemento alla III parte

Indice

Articolo 2 - Se le chiavi consistano nel potere di legare e di sciogliere

Pare che le chiavi non consistano nel « potere di legare e di sciogliere, col quale il giudice ecclesiastico deve ammettere chi è degno ed escludere gli indegni dal Regno [ dei cieli ] », come dice il testo delle Sentenze [ 4,18,2 ] e la Glossa [ ord. ] di S. Girolamo [ In Mt 3, su 16,19 ].

Infatti:

1. Il potere spirituale che viene conferito nei sacramenti si identifica con il carattere.

Ma le chiavi e il carattere non sono evidentemente la stessa cosa: poiché il carattere dice rapporto a Dio, mentre le chiavi dicono rapporto ai sudditi.

Perciò le chiavi non sono « un potere ».

2. Giudice ecclesiastico è solo chi ha la giurisdizione, che non viene conferita con l'ordine sacro.

Invece le chiavi vengono conferite nell'ordinazione dei ministri.

Quindi non è giusto nella definizione parlare di « giudice ecclesiastico ».

3. Non c'è alcun bisogno di una potestà attiva per essere indotti a un atto che uno può compiere da se stesso.

Ora, per il semplice fatto che uno ne è degno viene ammesso al Regno dei cieli.

Perciò non spetta al potere delle chiavi « ammettere chi ne è degno ».

4. I peccatori sono indegni del Regno.

Eppure la Chiesa prega per i peccatori, perché lo raggiungano.

Essa perciò non « esclude gli indegni », ma per quanto sta in essa, li ammette.

5. In ogni serie di cause agenti ordinate fra di loro il fine ultimo è oggetto dell'agente principale, non di quello strumentale.

Ora, l'agente principale della salvezza umana è Dio.

Perciò spetta a lui ammettere al Regno dei cieli, che è il fine ultimo, e non a colui che ne ha le chiavi, il quale è come uno strumento, o un ministro.

Dimostrazione:

Come insegna il Filosofo [ De anima 2,4 ], le potenze vanno definite in base ai loro atti.

Di conseguenza, essendo le chiavi un potere, o potenza, devono essere definite in base ai loro atti od operazioni, e in questi atti si deve esprimere l'oggetto, dal quale viene specificato in esse l'atto e il modo di agire, e che rivela lo scopo a cui è ordinata la potenza.

Ora, la funzione del potere spirituale non è quella di aprire il cielo per tutti, perché così esso è stato già aperto, come si è notato sopra [ a. 1, ad 1 ], ma di aprirlo a una data persona.

E ciò non può essere fatto con ordine senza esaminare la sua idoneità.

Per questo nella suddetta definizione delle chiavi sono ricordati: il genere, cioè « il potere »; il soggetto che ne è investito, ossia « il giudice ecclesiastico »; gli atti, cioè « escludere » e « ammettere », oppure, stando all'atto materiale delle chiavi, aprire e chiudere; si indica poi l'oggetto con l'espressione « dal Regno », e il modo, ricordando l'idoneità e l'indegnità di coloro su cui l'atto viene esercitato.

Analisi delle obiezioni:

1. Per raggiungere due effetti di cui uno è ordinato all'altro non è preordinata che una sola virtù: come nel fuoco per riscaldare e dissolvere non c'è che il calore.

Poiché dunque nel corpo mistico sia la grazia che la remissione di qualsiasi tipo proviene dal capo, risulta essenzialmente identico il potere con cui il sacerdote consacra e quello con cui scioglie e lega, purché non manchi di giurisdizione: tali poteri cioè non differiscono che per una distinzione di ragione, in quanto si riferiscono a effetti diversi; come anche il fuoco sotto un aspetto può dirsi riscaldante e sotto un altro dissolvente.

E poiché il carattere dell'ordine sacerdotale non è altro che il potere di esercitare le funzioni a cui è ordinato tale ordine ( supposto che esso sia un potere spirituale ), di conseguenza il carattere, il potere di consacrare e il potere delle chiavi sono essenzialmente l'identica cosa, e differiscono tra loro solo concettualmente.

2. Qualsiasi potere spirituale viene conferito con una consacrazione.

Perciò le chiavi vengono date con l'ordine sacro.

Però l'esercizio di tale potere esige la debita materia, che è il popolo soggetto mediante la giurisdizione.

Un sacerdote quindi prima di avere la giurisdizione ha le chiavi, ma non il loro esercizio.

E poiché le chiavi vengono definite mediante i loro atti, per questo nella loro definizione viene posto un elemento che si riferisce alla giurisdizione.

3. Si può essere degni di una cosa in due maniere.

O al punto di averne un vero diritto.

E per chi è degno in questo modo il cielo è già aperto.

- Oppure perché uno possiede una certa attitudine ad averla.

Ora, il potere delle chiavi si riferisce a coloro che sono degni in questo secondo modo, e per i quali il regno dei cieli non è ancora del tutto aperto.

4. Come Dio indurisce il peccatore non già infondendo la malizia, bensì non conferendo la grazia, così si dice che il sacerdote esclude non nel senso che ponga un ostacolo a entrare nel Regno dei cieli, ma perché non toglie l'ostacolo esistente, non potendolo egli rimuovere se prima non lo ha rimosso Dio.

Per questo si prega Dio di sciogliere il peccatore, affinché in tal modo possa aver luogo l'assoluzione del sacerdote.

5. L'atto del sacerdote non riguarda direttamente il Regno dei cieli, ma i sacramenti che predispongono l'uomo a entrarvi.

Indice