Supplemento alla III parte

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Articolo 1 - Se con le indulgenze venga rimessa una parte della pena soddisfattoria

Pare che con le indulgenze non venga rimesso nulla della pena soddisfattoria.

Infatti:

1. A proposito di quel passo di S. Paolo [ 2 Tm 2,13 ]: « [ Dio ] non può rinnegare se stesso », la Glossa [ interlin. ] dice: « Il che farebbe se non adempisse quanto ha affermato ».

Ora, Dio ha affermato [ Dt 25,2 ]: « Il castigo sia in proporzione del delitto ».

Perciò non si può condonare nulla della pena fissata per il delitto.

2. L'inferiore non può assolvere da ciò che ha imposto un superiore.

Ora, come afferma Ugo di S. Vittore [ Summa sent. 6,11 ], quando Dio assolve da una colpa, impone una penalità.

Quindi nessuno può assolvere da una pena riducendola in qualche modo.

3. È proprio del potere di preminenza produrre l'effetto dei sacramenti senza il loro uso.

Ora nessuno, all'infuori di Cristo, ha il potere di preminenza sui sacramenti.

Essendo quindi la soddisfazione quella parte del sacramento che produce la remissione della pena dovuta, nessun potere umano può rimettere le pene senza la corrispondente soddisfazione.

4. Ai ministri della Chiesa è conferito il potere « non per distruggere, ma per edificare » [ 2 Cor 10, 8; 2 Cor 13,10 ].

Ora abolire la soddisfazione, che ci fornisce un utile rimedio, significa per noi una distruzione.

Perciò il potere dei ministri della Chiesa non si estende a questo.

In contrario:

1. Alle parole di S. Paolo [ 2 Cor 2,10 ]: « Quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l'ho fatto per voi in persona di Cristo », la Glossa aggiunge: « cioè come se Cristo stesso perdonasse ».

Ma Cristo poteva rimettere la pena del peccato senza soddisfazione alcuna, come in S. Giovanni [ Gv 8,11 ] si legge della donna adultera.

Quindi poteva farlo anche S. Paolo.

E come lui il Papa, il quale nella Chiesa non è per autorità inferiore a S. Paolo.

2. La Chiesa universale non può errare: poiché colui che « in tutto fu esaudito per la sua pietà » [ Eb 5,7 ] disse a Pietro, sulla confessione del quale è stata fondata la Chiesa: « Io ho pregato per te, Pietro, perché non venga meno la tua fede » [ Lc 22,32 ].

Ora, la Chiesa universale approva e concede le indulgenze.

Perciò queste valgono qualcosa.

Dimostrazione:

Che le indulgenze servano a qualcosa è ammesso da tutti: poiché sarebbe un'empietà affermare che la Chiesa fa qualcosa inutilmente.

Ma alcuni ritengono che non servono a rimettere le pene che uno, per giudizio di Dio, deve scontare nel purgatorio, bensì ad assolvere il penitente dall'obbligo di eseguire la penitenza imposta dal sacerdote o dalle leggi canoniche.

Ma questa opinione non sembra giusta.

Primo, perché va espressamente contro il privilegio concesso a Pietro [ Mt 16,19 ], secondo cui « sarebbe stato rimesso in cielo ciò che [ egli ] avesse rimesso sulla terra ».

Per cui l'assoluzione data dalla Chiesa vale anche davanti a Dio.

- Secondo, perché allora la Chiesa, concedendo indulgenze di tal genere, farebbe più male che bene: dispensando infatti dalle pene inflitte sottoporrebbe i fedeli a pene maggiori, come sono quelle del purgatorio.

Perciò bisogna dire al contrario che [ le indulgenze ] servono, sia in foro ecclesiastico che davanti a Dio, a rimettere la pena che rimane dopo la contrizione, l'assoluzione e la confessione [ dei peccati ], anche se non è stata imposta penitenza alcuna.

E la ragione di ciò si trova nell'unità del corpo mistico: molte membra del quale superarono, con le loro penitenze, la misura dei loro debiti; inoltre sopportarono con pazienza molte ingiuste tribolazioni, per mezzo delle quali avrebbero potuto espiare tante altre pene, se ne fossero state meritevoli; e tanta è l'abbondanza dei meriti in tal modo acquisita che supera la quantità dei castighi dovuta a tutti coloro che vivono attualmente.

La ragione principale però sta nei meriti di Cristo, i quali, benché ordinariamente operino attraverso i sacramenti, non si esauriscono tuttavia in essi, bensì superano in maniera infinita la loro efficacia.

Abbiamo poi già detto sopra [ q. 13, a. 2 ] che una persona può soddisfare per un'altra.

Ora i Santi, nei quali le opere soddisfattorie hanno sovrabbondato, non le applicarono a determinate persone bisognose di perdono, poiché in tal caso queste sarebbero state assolte senza bisogno di indulgenze, ma in genere a tutta la Chiesa, come l'Apostolo [ Col 1,24 ], il quale affermava di completare « nella sua carne ciò che mancava ai patimenti di Cristo a favore della Chiesa », alla quale scriveva.

Così dunque i meriti sopra ricordati vanno a favore di tutta la Chiesa.

Ora, i beni comuni di una società vengono distribuiti tra i suoi membri secondo il giudizio di chi la governa.

Per cui come uno può ottenere la remissione delle pene se un altro soddisfa per lui, così viene assolto se gli viene applicata la soddisfazione altrui da chi detiene questo potere.

Analisi delle obiezioni:

1. La remissione operata con le indulgenze non elimina la proporzione tra la colpa e il castigo: nel caso infatti uno accetta volontariamente su di sé la pena dovuta alla colpa dell'altro.

2. Chi lucra le indulgenze propriamente non viene assolto dal debito della pena, ma piuttosto ottiene un mezzo per poterlo pagare.

3. Uno degli effetti dell'assoluzione sacramentale è la diminuzione del reato.

Perciò tale diminuzione non viene prodotta dalle indulgenze.

Chi invece concede le indulgenze paga la pena dovuta col tesoro comune della Chiesa, come si è spiegato [ nel corpo ].

4. Il rimedio che ci viene dalla grazia è più efficace, per farci evitare il peccato, di quello che deriva dalla ripetizione delle nostre opere.

Ora, dal momento che chi lucra le indulgenze, col desiderio che nutre del motivo per cui vengono concesse, si dispone alla grazia, ne segue che anche per mezzo di esse viene offerto un rimedio per farci evitare il peccato.

Perciò concedere indulgenze non reca danno alcuno, purché vengano date con criterio.

Tuttavia chi lucra le indulgenze è bene che non si dispensi dalle penitenze ricevute: affinché, pur non essendo tenuto a quelle pene, possa lucrare anche da quelle qualche beneficio; e soprattutto perché spesso si è debitori più di quanto non si creda.

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