Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se lo stato di schiavitù impedisca di ricevere gli ordini

Pare che lo stato di schiavitù non impedisca di ricevere gli ordini.

Infatti:

1. La soggezione corporale non è incompatibile con la preminenza spirituale.

Ora, nello schiavo c'è una soggezione corporale.

Quindi egli non è impedito di ricevere la preminenza spirituale che viene data con l'ordine.

2. Quanto è occasione di umiltà non deve impedire di ricevere un sacramento.

Ma tale è appunto la schiavitù: per cui l'Apostolo [ 1 Cor 7,21 ] consiglia che « se uno può emanciparsi, preferisca piuttosto servire nella schiavitù ».

Perciò questa non deve impedire l'ascesa agli ordini.

3. È più vergognoso che un chierico sia venduto come schiavo piuttosto che uno schiavo diventi chierico.

Ora, un chierico può essere lecitamente venduto come schiavo: poiché S. Paolino vescovo di Nola vendette in questo modo se stesso, come scrive S. Gregorio nei Dialoghi [ 3,1 ].

Quindi a più forte ragione uno schiavo può essere promosso chierico.

In contrario:

Sembra che tale stato comprometta la stessa validità del sacramento.

Infatti:

1. La donna non può ricevere l'ordine a motivo del suo stato di sudditanza.

Ora, la sudditanza dello schiavo è ancora più grave: poiché la donna non è data all'uomo come schiava; tanto è vero che non fu formata dai suoi piedi [ Gen 2,21s ].

Quindi neppure lo schiavo è in grado di ricevere l'ordine.

2. Per il fatto che uno riceve un ordine è tenuto a compierne le funzioni.

Ma non è possibile che uno possa servire simultaneamente un padrone carnale e compiere un ministero spirituale.

Quindi lo schiavo non può ricevere l'ordine: poiché il padrone non può subire danni.

Dimostrazione:

Con l'ordinazione uno si vota al servizio di Dio.

Ora, non potendo alcuno offrire ciò che non gli appartiene, lo schiavo, che non ha potere su se stesso, non può essere ordinato.

Se però lo fosse, riceverebbe l'ordinazione: poiché la condizione libera è richiesta non per la validità del sacramento, ma per legge; essendo la schiavitù un impedimento non per la potestà dell'ordine, ma per il suo esercizio.

E la stessa ragione vale per chi è gravato da altre obbligazioni, ad es. dai debiti.

Analisi delle obiezioni:

1. Ricevendo la potestà spirituale si contrae l'obbligo di compiere anche degli atti materiali.

Da cui l'incompatibilità con la soggezione corporale.

2. Uno può prendere occasione di umiliarsi da molte altre cose, che non sono d'ostacolo all'esercizio degli ordini.

Perciò l'argomento non regge.

3. S. Paolino fece quell'atto per l'abbondanza della carità, guidato dallo Spirito di Dio.

E lo dimostrarono le conseguenze: poiché il suo gesto valse a liberare dalla schiavitù molti suoi diocesani.

Perciò da esso non si può tirare conseguenza alcuna: infatti « dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà » [ 2 Cor 3,17 ].

4. [ S. c. 1 ]. I segni sacramentali devono il loro significato alla natura.

Ora, la donna ha lo stato di sudditanza dalla natura, non invece lo schiavo.

Perciò il paragone non regge.

5. [ S. c. 2 ]. Se l'ordinazione di uno schiavo avviene sapendolo il padrone, e senza la sua protesta, ne produce per se stessa l'emancipazione.

Se invece avviene all'insaputa del padrone, allora il vescovo e chi lo ha presentato sono tenuti a sborsare al padrone il doppio del prezzo dello schiavo, se essi sapevano che si trattava di uno schiavo.

In caso contrario, se lo schiavo possiede un peculio deve redimere se stesso, altrimenti torna schiavo del suo padrone, sebbene ciò gli impedisca l'esercizio del suo ordine.

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