Supplemento alla III parte

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Articolo 1 - Se in futuro ci sarà la risurrezione dei corpi

Pare che in futuro non ci sarà la risurrezione dei corpi.

Infatti:

1. Dice la S. Scrittura [ Gb 14,12 ]: « L'uomo che giace più non si alzerà, finché durano i cieli non si sveglierà ».

Ma il cielo non cadrà mai, poiché la terra stessa, che pure sembra meno stabile, « sussisterà in eterno », come dice l'Ecclesiaste [ Qo 1,4 ].

Perciò i morti non risorgeranno mai.

2. Il Signore [ Mt 22,31s ], per provare la risurrezione, si riferisce a quelle parole della Scrittura [ Es 3,6 ]: « Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe », poiché egli « non è il Dio dei morti, ma dei vivi ».

Ora, è certo che quando furono proferite quelle parole Abramo, Isacco e Giacobbe non erano vivi col corpo, ma solo con l'anima.

Ci sarà perciò la risurrezione non dei corpi, ma solo delle anime.

3. S. Paolo [ 1 Cor 15,19.30ss ] intende provare la risurrezione partendo dalla necessaria ricompensa per le fatiche sostenute in vita dai santi, i quali, « se hanno avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, sono da compiangere più di tutti gli uomini ».

Ma l'uomo può già avere una sufficiente ricompensa di tutte le sue fatiche nella propria anima: poiché non è necessario che lo strumento sia rimunerato assieme a chi se ne serve: e il corpo non è altro che lo strumento dell'anima.

Difatti in purgatorio, dove le anime sono punite « per le opere compiute nel corpo » [ 2 Cor 5,10 ], l'anima soffre senza il corpo.

Perciò non è necessario porre la risurrezione dei corpi, ma basta ammettere la risurrezione delle anime, che consiste nel passaggio dalla morte della colpa e della miseria alla vita della grazia e della gloria.

4. L'ultimo stadio di una certa cosa è anche quello più perfetto: poiché con esso la cosa raggiunge il suo fine.

Ora, l'anima separata dal corpo è in uno stato di assoluta perfezione, essendo più conforme a Dio e agli angeli, e scevra di ogni natura ad essa estranea.

Perciò la separazione dal corpo è il suo ultimo stato.

Quindi essa da questo stato non torna a unirsi al corpo: come un uomo adulto non torna bambino.

5. La morte corporale fu inflitta all'uomo per il primo peccato, come risulta dalla Genesi [ Gen 2,17 ], allo stesso modo in cui la morte spirituale, cioè la separazione dell'anima da Dio, fu inflitta all'uomo per il peccato mortale.

Ma dalla morte spirituale i dannati non ritornano più a vivere, dopo la sentenza di condanna.

Quindi non ci sarà ritorno alla vita neppure dalla morte corporale.

E così non ci sarà risurrezione.

In contrario:

1. Si legge nel libro di Giobbe [ Gb 19,25s Vg ]: « Io so che il mio Redentore è vivo, e nell'ultimo giorno risorgerò dalla terra, e sarò circondato di nuovo della mia pelle ».

Quindi ci sarà la risurrezione anche per il corpo.

2. Il dono di Cristo è più grande del peccato di Adamo, come dice S. Paolo [ Rm 5,15ss ].

Ora, la morte è sopravvenuta per il peccato [ Rm 5,12 ], poiché non vi sarebbe stata senza di quello.

Quindi mediante il dono di Cristo l'uomo tornerà a nuova vita.

3. È giusto che le membra siano conformi al loro capo.

Ora, il nostro capo vive e vivrà in eterno con il corpo e con l'anima: poiché, come dice S. Paolo [ Rm 6,9 ], « è risorto da morte e non muore più ».

Perciò anche gli uomini che sono sue membra vivranno sia nel corpo che nell'anima.

Si deve dunque ammettere la risurrezione.

Dimostrazione:

In base alle diverse opinioni circa l'ultimo fine dell'uomo esistono opinioni diverse tra coloro che ammettono o che negano la risurrezione.

Infatti il fine ultimo al quale tendono per loro natura tutti gli uomini è la beatitudine, o felicità.

Ora alcuni, stimandola raggiungibile dall'uomo in questa vita, non sentirono la necessità di porre una vita futura, nella quale l'uomo toccasse la sua ultima perfezione.

Costoro quindi negarono la risurrezione.

Ma tale opinione viene esclusa assai chiaramente da prove quali la varietà della nostra sorte, l'infermità del corpo, la deficienza del nostro sapere e della nostra virtù, nonché l'instabilità dell'uomo, tutte cose che impediscono la perfezione della beatitudine, come spiega S. Agostino alla fine del De civitate Dei [ 22,22 ].

Perciò altri ammisero dopo di questa un'altra vita, nella quale l'uomo dopo la morte vivrebbe solo con l'anima.

Ed essi pensavano che ciò bastasse a colmare il desiderio innato della felicità.

Per cui, a quanto riferisce S. Agostino [ De civitate Dei 22.26 ], Porfirio asseriva che « l'anima per essere beata deve fuggire ogni contatto con il corpo ».

Così dunque costoro non ammettevano la risurrezione.

Ora, i falsi princìpi di questa opinione non sono gli stessi per tutti i suoi seguaci.

Infatti alcuni eretici affermarono che le sostanze corporee derivano da un principio cattivo e quelle spirituali da un principio buono.

Secondo loro perciò bisognava che l'anima per trovarsi nel massimo grado di perfezione fosse separata da quel corpo che le impedisce di aderire e di unirsi al suo principio, la partecipazione del quale la rende beata.

Perciò tutte le sette ereticali che pongono il diavolo come autore delle sostanze materiali, negano la risurrezione dei corpi.

- Ora, la falsità del principio [ su cui si basa una tale opinione ] è già stata dimostrata in precedenza [ In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 3 ].

Altri invece pensarono che tutta la natura umana si riducesse alla sola anima, cosicché questa si servirebbe del corpo come di uno strumento, oppure come il pilota si serve della nave.

Basta quindi, secondo questa opinione, che sia beata l'anima perché l'innato desiderio dell'uomo nei riguardi della beatitudine non sia frustrato.

Perciò non sarebbe necessario porre la risurrezione.

- Ma il principio su cui si basa questa opinione viene demolito efficacemente da Aristotele [ De anima 2,2 ], là dove dimostra che l'anima è unita al corpo come la forma alla materia.

È quindi evidente che se l'uomo non può essere beato in questa vita, bisogna assolutamente ammettere la risurrezione.

Analisi delle obiezioni:

1. Il cielo non andrà mai in rovina quanto alla sostanza, però andrà in rovina quanto alla virtù di produrre nei corpi inferiori la generazione e la corruzione; per cui l'Apostolo [ 1 Cor 7,31 ] può affermare: « Passa la figura di questo mondo ».

2. Parlando in senso proprio, l'anima di Abramo non è la stessa cosa che Abramo, ma una sua parte; e ciò vale anche per gli altri patriarchi.

Non basta quindi che sia viva l'anima di Abramo per dire che Abramo è vivo, o che il Dio di Abramo è il Dio dei viventi, ma si esige la vita di tutto il composto, cioè dell'anima e del corpo.

Ora, sebbene quando il Signore pronunziò quelle parole tale vita non esistesse di fatto, tuttavia l'anima e il corpo erano ordinati alla risurrezione.

E così il Signore con quelle parole dimostra con somma acutezza ed efficacia la futura risurrezione.

3. Il corpo non va considerato soltanto come lo strumento dell'anima, ma anche come la materia di cui essa è la forma.

L'agire umano quindi appartiene al composto, come è dimostrato da Aristotele [ De anima 1,4 ], e non all'anima soltanto.

Siccome dunque la retribuzione spetta a chi agisce, e l'uomo è composto di anima e di corpo, bisogna che tutto l'uomo riceva la mercede che gli spetta.

- I peccati veniali poi sono da considerarsi come disposizioni al peccato, più che veri peccati: perciò la pena inflitta per essi in purgatorio non è tanto una retribuzione, quanto piuttosto una purificazione; la quale avviene nel corpo mediante la morte e la riduzione in cenere, e nell'anima mediante il fuoco del purgatorio.

4. A parità di condizioni lo stato dell'anima unita al corpo è più perfetto di quello dell'anima separata, poiché l'anima è parte del composto, e ogni parte integrante funge da materia rispetto al tutto; quantunque essa in tale stato sotto un certo aspetto sia più conforme a Dio.

Ma assolutamente parlando una cosa è più conforme a Dio quando possiede tutto ciò che è richiesto per l'integrità della sua natura: poiché allora essa imita al massimo la perfezione divina.

Così il cuore di un animale è più conforme a Dio, che pure è immobile, quando si muove che non quando sta fermo: poiché la perfezione del cuore consiste appunto nel muoversi, mentre il fermarsi è la sua distruzione.

5. La morte corporale è subentrata per il peccato di Adamo, che è stato cancellato dalla morte di Cristo.

Perciò quella pena non può durare per sempre.

Il peccato invece che provoca la morte eterna con l'impenitenza finale non può più essere espiato.

Perciò tale morte dovrà essere eterna.

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