Cenacolo N° 40

L'Adorazione a Gesù crocifisso, fatta con intenso amore, sviluppa uno stato di unione tra Dio e l'anima.

Un solo atto d'amore per Gesù è infatti più glorioso che tutto l'apostolato dell'universo.

( Cfr. B. Giov. Eynard )

Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore

Gesù, nella sua predicazione annunciava: " É venuto a voi il Regno di Dio".

Dopo la Pasqua, gli Apostoli, prima ancora che fossero scritti i Vangeli, annunciano: "Gesù è risorto.

É lui il Messia.

É lui il Signore!"

In quella notizia era raccolta come in un seme, tutta la forza della predicazione evangelica.

Dopo i primi secoli dell'era cristiana l'affermazione "Gesù è il Signore" non fece più parte della catechesi, all'origine della fede.

Il titolo di "Signore" non è più compreso nel suo significato originario ed è considerato inferiore al titolo di Maestro.

Il nome "Signore" è considerato il titolo proprio di coloro che sono tuttora "servi" e non diventati ancora "amici" e corrisponde perciò allo stadio del "timore".

Mentre sappiamo che esso è ben altra cosa.

Per una nuova evangelizzazione del mondo, ci occorre riportare alla luce quel seme: "Gesù è il Signore" in cui è racchiusa, ancora intatta, tutta la forza del messaggio evangelico.

A seguito di quella interpretazione difettosa, la parola del kerygma: "Gesù è il Signore" non è più posta, o non è più posta al centro, o non è più posta "nello Spirito".

Tutto si rianima e si riaccende là dove essa è posta in tutta la sua purezza nella fede.

Il titolo "Signore" è un elemento del nome stesso con cui invochiamo Cristo al termine di ogni preghiera liturgica.

Ma un conto è dire: "Nostro Signore Gesù Cristo" e altro è dire: "Gesù Cristo è il nostro Signore".

La precedente traduzione della Bibbia traduceva: "Ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre", mentre - come sappiamo - il senso non è che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre, ma che Gesù è il Signore, e questo a gloria di Dio Padre!

( Cfr. Il potere della croce di R. Cantalamessa )

M: Vivere la carità in famiglia come Missione

La coesione interna di carità di una famiglia è la migliore evangelizzazione per il mondo circostante …

Una famiglia unita testimonia la Trinità Santissima, più di mille discorsi …

Dice il Signore: "Voi siete la luce del mondo …

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli". ( Mt 5,14.16 )

Con la forza che nasce dalla preghiera, la famiglia si trasforma in una comunità di discepoli e di missionari di Cristo.

In essa si accoglie, si trasmette e s'irradia il Vangelo.

Come ha detto il mio venerato predecessore Papa Paolo VI: "I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto".

La famiglia cristiana, vivendo la fiducia e l'obbedienza filiale a Dio, la fedeltà e l'accoglienza generosa dei figli, la cura dei più deboli e la sollecitudine nel perdonare, diviene un Vangelo vivo, che tutti possono leggere, un segno di credibilità forse più persuasivo e capace di interpellare il mondo di oggi.

Deve anche portare la sua testimonianza di vita e la sua esplicita professione di fede ai diversi ambiti che la circondano, quali la scuola e le diverse associazioni, come pure impegnarsi nella formazione catechetica dei figli e nelle attività pastorali della sua comunità parrocchiale, soprattutto in quelle legate alla preparazione al matrimonio o specificatamente rivolte alla vita familiare.

La convivenza nel focolare domestico, dimostrando che libertà e solidarietà si completano, che il bene di ognuno deve tener conto del bene degli altri, che le esigenze della rigorosa giustizia devono essere aperte alla comprensione e al perdono a favore di un bene comune, è un dono per le persone e una fonte di ispirazione per la convivenza sociale.

Di fatto, le relazioni sociali possono prendere come punto di riferimento i valori costitutivi dell'autentica vita familiare, per umanizzarsi ogni giorno di più e procedere verso la costruzione della "civiltà dell'amore".

( Papa Benedetto XVI )