Tutti siamo chiamati alla santità

N° 24 - Gennaio 2003

Carissimi amici,

abbiamo iniziato un nuovo anno con venti di guerra.

Più che mai siamo chiamati ad essere luce per coloro con cui viviamo, con una vita veramente cristiana, e a costruire nel nostro ambiente e nel mondo intero la pace.

Ci possono aiutare un breve profilo di S. Francesco di Sales, noto anche grazie a S. Giovanni Bosco che lo ha preso come modello, e una riflessione sul Battesimo di Gesù.

" Tutti siamo chiamati alla santità "

S. Francesco di Sales

Appena ordinato sacerdote, spinto da un grande amore a Dio e alle anime da salvare, partì da Annecy - alta Savoia - per fare il missionario nello Chablais, in mezzo a una stragrande maggioranza di protestanti, con l'intento di riportarli alla Chiesa Cattolica.

Pochi però lo ascoltavano.

Gli stessi cattolici rimasti, erano impauriti.

Ebbe allora un'idea geniale: affidò le sue prediche a dei fogli volanti che lui affiggeva sui muri delle case, metteva sotto gli usci o faceva circolare tra la gente.

Non c'era né fotocopiatrice e neppure la macchina da scrivere e tanto meno il fax.

Occorreva moltiplicare i fogli a mano.

Lui e i suoi amici lo facevano vegliando anche di notte, purché Gesù e la sua Chiesa fossero fatti conoscere e amare.

Era una specie di volantinaggio.

Non era ancora il giornale, ma qualcosa come suo "antenato".

L'autore - questo prete dottissimo e zelante - era Francesco di Sales ed era nato il 21 agosto 1567, primogenito di un'antica famiglia aristocratica della Savoia.

Aveva studiato lettere e filosofia a Parigi, diritto civile a Padova dove si era laureato con somma lode.

Ma già aveva in mente un grande progetto e prese a studiare teologia per conto suo.

Rientrato in patria, il Padre, assai orgoglioso di lui, lo introdusse come avvocato nel senato di Chambery, ma Francesco troncò molto presto quella brillante carriera per farsi prete, mobilitato da una vera passione ardente per Gesù.

Con il "volantinaggio" che aveva iniziato, si faceva leggere per forza, almeno per curiosità.

Intraprendeva così pacate e amabili "controversie" con i suoi interlocutori, in cui trasmetteva la Verità del Cattolicesimo, esponendola con rispetto e convinzione, confutando errori diffusi e aprendo le menti alla Verità.

Le conversioni dal protestantesimo, dal libertinaggio e dall'indifferenza alla Chiesa Cattolica, alla fede vissuta in pienezza giunsero a essere così numerose che in una relazione inviata al Papa, si legge che erano state 25 mila le persone che grazie a lui avevano cambiato vita.

Andato in udienza al Papa Clemente VIII, questi, commosso, volle ascoltare il resoconto della sua straordinaria missione e… scese dal suo trono per abbracciarlo.

Nel 1602, Francesco venne consacrato Vescovo di Ginevra, ma per i 20 anni del suo episcopato dovette risiedere ad Annecy, perché a Ginevra, in gran parte calvinista, la sua presenza di Vescovo cattolico non era gradita.

Tuttavia nessuno riuscì a impedire la sua azione pastorale.

Nella sua diocesi c'erano 450 parrocchie: lui le visitò tutte una per una, sostandovi a lungo, ricevendo preti e fedeli, facendo il catechismo ai ragazzi ( che lo ascoltavano incantati ), preparando un buon numero di laici come operai della dottrina cristiana.

Direttore spirituale ricercatissimo, dirigeva le anime dal confessionale, nei colloqui, con le lettere ( oh, quante! ), con i libri.

I suoi capolavori sono la Filotea ( Introduzione alla vita devota cioè santa ) e il Trattato dell'amor di Dio ( Teotimo ), in cui illustra come tutti in ogni condizione, laici e sposati compresi e non soltanto i religiosi, sono chiamati alla santità.

Proprio questa è la sua idea di fondo: "Tutti dobbiamo farci santi ed essere, ognuno nel suo stato di vita, conformi a Gesù, il sommo Modello e Salvatore".

Andato a Digione, vi incontrò la nobildonna Giovanna De Chantal con la quale nel 1610 fondò l'Ordine della Visitazione.

Un episcopato intensissimo, bruciato dalla carità per le anime…

Mentre era a Lione alla fine del 1622, vi morì improvvisamente il 28 dicembre 1622, a soli 55 anni, pianto anche dai non-credenti i quali dicevano di lui: "Come dev'essere buono Dio, se il suo Vescovo Francesco è così buono!".

Papa Alessandro VII lo iscrisse tra i santi nel 1661.

Pio IX nel 1877 lo proclamò dottore della Chiesa e Pio XI nel 1923, proprio per quel suo singolare metodo di apostolato, lo volle patrono della stampa cattolica e dei giornalisti.

Tutto aveva imparato e fatto, attingendo a piene mani dal Cuore di Gesù, "dalla pienezza del Quale abbiamo grazia su grazia" ( Gv 1,16 ).

Paolo

Immergersi per risalire

Dopo il Battesimo di Gesù nel Giordano, il Cielo si apre e risuona la voce di Dio Padre che si compiace per quel Figlio unigenito che, avviando il suo ministero pubblico, si appresta a proclamare il Vangelo del Regno, per renderci a nostra volta figli adottivi del Padre.

Non a caso Giovanni Paolo II ha incluso questo evento tra i "misteri luminosi" della fede.

L'apertura del Cielo ci richiama a quegli orizzonti superiori che anche noi contempleremo quando avremo superato l'ultima frontiera del nostro affanno terreno.

Il nostro problema, ora, è che non riusciamo a "vedere" - nel senso inteso da Sant'Agostino - la strada in salita che ci conduce alla "libertà da noi stessi", che ci costringe ad alzare lo sguardo oltre le nostre miserie.

E non vedendo questa via d'uscita, restiamo avvinti ai nostri egoismi personali.

In questo modo non veniamo attratti da quella fortissima nostalgia d'Assoluto che i primi Cristiani percepivano con quel fervore forte e generoso tanto esaltato da Fra Leopoldo.

Ad Israele che, in fuga dall'Egitto, emerge dalle acque del Mar Rosso si spalanca, dopo la prova del deserto, la libertà della Terra Santa: analogamente ai Cristiani che emergono dal Battesimo ( "Tutti furono battezzati per Mosè nella nube e nel mare" 1 Cor 10,2 ) si apre la via, faticosa ma sicura, che conduce ai "Cieli nuovi".

Bisogna crederci. Fortissimamente.

Soprattutto se non vogliamo smarrirci nel deserto della sfiducia, che ci allontana dalla salvezza, così come capitò agli Ebrei che, durante l'Esodo, non credettero alle parole di Mosè.

Giovanni Battista sul Giordano riprende un rito antico, che si ispira alle abluzioni giudee ( i lavacri sacri che vengono praticati anche dai devoti dell'Induismo e dell'Islam ), tuttavia, nel suo caso, l'immersione nelle acque assume un valore completamente nuovo.

Non è più un rito puramente legale e formale, ma, per la prima volta acquista un significato squisitamente morale e spirituale: manifesta la penitenza per la conversione del cuore ( Mc 1,4; Lc 3,3; Mt 3,11 ), è in funzione della remissione dei peccati.

Tuttavia è fatto sempre in vista di un'immersione nel divino assai più rigenerante, visto che il Messia, a detta del Battista, "vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" ( Mc 1,8 ).

Dio comprende tutte le sofferenze che le nostre debolezze e le nostre umane imperfezioni ci fanno patire: com-patendo questa nostra vita, grazie a Cristo che ha condiviso la nostra condizione di uomini deboli, ora ci regala una vita nuova animata dalla forza invincibile dello Spirito Santo.

L'uomo moderno tenta in tutti i modi di cambiare in modo artificioso "questa" vita ( fondata su bisogni materiali ) e "questo" corpo ( mortale ): pensiamo alle manipolazioni genetiche e alla dipendenza dalle macchine che giorno dopo giorno andiamo costruendoci addosso.

Cristo, invece, ci offre una vita ( ultraterrena ) e un corpo ( glorificato ) completamente nuovi.

Accettiamo o no, questa sua offerta?

Il primo passo di questo percorso di redenzione avente come meta ultima la patria celeste ( è "il camminare con Dio" che fu di Enoch, "la Via" di cui parla Gesù ) risiede per tutti noi nel sacramento del Battesimo, in quanto l'immersione nell'acqua comporta un atto di purificazione, per mezzo del quale l'anima è liberata dall'infezione del peccato originale e diventa sensibile alle sollecitazioni dello Spirito Santo.

Il Battesimo imposto a Gesù, di per se stesso, è diverso.

Egli non aveva bisogno della remissione dei peccati.

Dunque quell'abluzione rappresenta piuttosto la sua designazione ufficiale come Messia, profeta, re e servo: dove per servo si intende tutta la ricchezza di significato racchiusa in Is 53: servo, vittima, sacerdote.

In modo simile le parole pronunciate dal Padre ( "Tu sei il figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" Mc 1,10 ), vanno collegate ad Is 42,1 e, a giudizio di molti teologi, andrebbero interpretate proprio come una formula d'elezione: "Io ti ho scelto come servo".

Quindi, se ci limitiamo alla sola figura di Gesù, e rispettiamo la lettura fatta dai Padri della Chiesa, possiamo dire che se l'intervento dello Spirito nell'Incarnazione del nuovo Adamo annuncia il sacramento del Battesimo, le parole del Padre sul Giordano sono una sorta di "confermazione".

Ai tempi di Isaia questa particolare elezione, vero punto di svolta del piano di Dio, appariva piuttosto vaga e misteriosa ( come tante profezie dell'Antico Testamento che solo il Vangelo è in grado di decifrare ) ed ora, invece, per noi cristiani acquista un senso chiaro e distinto, specie se confrontata con la scena descritta nel Vangelo di Marco ( Mc 1,9-11 ).

"Così dice il Signore: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio.

Ho posto il mio spirito su di lui … Io ti ho chiamato perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri" ( Is 42 1-4.6-7 ).

Gesù si immerge nella condivisione delle situazioni umane ( l'immersione nel Giordano rappresenta anche questo ) per aprirci gli occhi a quel Cielo che si spalanca non appena Egli riemerge dalle acque del fiume.

Anche la condivisione della quotidianità praticata dai Catechisti, ad immagine di Cristo, non è l'inizio e la fine di tutto, ma il "mezzo" col quale entrare nella "Via" del Signore.

Gesù, infatti, risalendo dalle acque porta con sé in alto tutto il cosmo.

Fa riaprire i Cieli sbarrati dal peccato di Adamo e attira sul mondo lo Spirito, sotto forma di colomba, segno della Sua divinità.

Come afferma in modo lapidario San Gregorio Nazianzeno, nel rito del Battesimo "scendiamo con Lui, per poter anche risalire con Lui".

L'umiliazione praticata nella vita quotidiana, se animata dalla vera charitas, ha lo stesso senso luminoso e positivo.

Stefano