Dio ci vuole santi

N° 30 - Settembre 2003

Il prossimo 13 maggio 2004, celebreremo i 50 anni dalla morte del fondatore dell'Unione Catechisti, Fratel Teodoreto.

Vogliamo quindi dedicare alcuni numeri di questo foglietto per conoscere meglio alcuni santi che Fratel Teodoreto ci ha indicato come valido aiuto per vivere la santità nel mondo, là dove ci troviamo, in famiglia, sul lavoro, per la strada.

Se "Dio ci vuole santi", come ripeteva spesso Fratel Teodoreto, allora … dobbiamo anche conoscere altri santi!

Dom Columba Marmion: quando Cristo fa vivere l'anima

Dom Columba Marmion è un contemporaneo di Fra Leopoldo Musso.

Nasce a Dublino nel 1858 e muore a Maredsous nel 1923.

È considerato uno dei più grandi autori spirituali del XX secolo.

Il padre è irlandese, la madre francese: viene formato dai gesuiti presso il Collegio Belvedere di Dublino e compie la formazione sacerdotale nel Seminario di Santa Croce, a Clonliffe.

Nel 1879 completa i suoi studi teologici presso il Collegio Propaganda Fide di Roma.

Dopo l'ordinazione ( 1881 ), inizia il ministero sacerdotale a Dundrum, un sobborgo di Dublino.

Assume pure l'incarico di cappellano di una prigione femminile dove confessa, dirige le anime ed assiste le moribonde.

Insegna filosofia nel Seminario di Santa Croce, ma la sua forte vocazione monastica, lo conduce nel 1886 all'abbazia benedettina di Maredsous, in Belgio.

Nel 1909, per i suoi indiscussi meriti di insegnante, direttore spirituale e studioso di teologia viene eletto abate.

Nello stesso periodo, Fra Leopoldo inizia a diffondere la sua Adorazione, mentre Fr. Teodoreto ( proprio in Belgio, a Lembecq les Halles ) vive l'esperienza che lo porterà alla fondazione dell'Unione Catechisti.

Sono gli anni decisivi della lotta al modernismo, quando la Chiesa reagisce alle eresie che minano al cuore i dogmi della fede.

Columba Marmion, che si considera erede dei grandi monaci missionari irlandesi ( si pensi a San Colombano, fondatore dell'abbazia di Bobbio ) si propone per una missione in Africa ( Katanga belga ).

Sfumato il progetto, in obbedienza ai superiori, spenderà i suoi giorni per esplorare le altezze della vita spirituale con l'ardore del mistico ed il rigore del teologo.

La guerra del '14-'18 lo costringe a trasferire i suoi giovani monaci in Irlanda e ad affrontare le incomprensioni sorte nella comunità a causa di questa decisione.

Il 30 gennaio 1923, l'abate muore in seguito ad un'epidemia di influenza, ma la sua fama di santo è già consolidata. Columba Marmion viene beatificato il 3 settembre 2000, nell'anno del Grande Giubileo.

Il suo capolavoro resta "Cristo vita dell'anima" ( 1917 ), ma postuma viene pubblicata un'opera che, già nel titolo, racchiude il carisma dell'Unione Catechisti: "Il cammino della Croce" ( 1923 ).

Fratel Teodoreto, intuita questa sintonia, ha riproposto ai Catechisti gli scritti di Marmion, anche per valorizzare la spiritualità espressa da Fra Leopoldo nel suo Diario.

La santità è la vita alla sua massima espressione

In un mondo materialista dove contano solo i risultati tangibili ( soldi, benessere, divertimento ), il compito più difficile affidato all'autore spirituale consiste nel far comprendere la forza e l'efficacia della sequela Christi.

In "Cristo vita dell'anima", Marmion spiega, con rara ed incisiva semplicità, il disegno divino ( comunicare all'uomo la vita soprannaturale ) e i cardini della vita autentica ( morire al peccato = ascesi; vivere per Dio = santità ) che in modo efficacissimo e dirompente conducono al parto dell'uomo nuovo.

La potenza di questa verità che, per dirla con l'Autore, inonda di luce l'anima, "dilatandola" fino a liberarla dal peso delle sue angosce, ha bisogno di persone che le rendano testimonianza: i santi. Marmion ne predilige uno in particolare, San Paolo, che più di altri ha sondato il "mistero" della vita divina comunicata agli uomini.

La testimonianza lasciata dall'Apostolo delle genti spiega la cosa in termini molto semplici: "Cristo vive in me" ( p. 296 )1 .

La santità è vita vera, "l'imitazione di Cristo … costituisce la sostanza della nostra santità" ( p. 60 ), ma si assimila a Cristo solo chi accoglie la verità, lasciandosi trasformare dal suo potere liberante.

"Credere … è l'adesione della nostra intelligenza alla verità divina. …

Quando l'amore ci spinge … ad abbandonarci all'accettazione piena della testimonianza di Dio, allora la nostra fede è perfetta; essa opera e si traduce nella carità" ( p. 177 ).

Il peccato è un "no" alla vita

I santi testimoniano, continua Marmion, che non possiamo essere i maestri di noi stessi, che Dio non si accontenta della "religione umana", perché la verità che conduce al regno dei cieli, non nasce dai libri o dai dibattiti culturali: essa ha il volto della Sindone che ci interpella, che ci chiede di rispondere con un sì o con un no.

Ed il "no" si chiama peccato. Marmion invita a meditare sulle sue conseguenze: la sete insoddisfatta della vita beata è l'essenza dell'Inferno.

A Dio non interessano i nostri successi e fallimenti terreni, vuole la va del nostro amore disinteressato.

Se continuiamo a dirgli di "no", rinnegando la verità rivelata da Cristo, causa efficiente della nostra santificazione, ci condanneremo da soli alla separazione dal Bene Sommo, la cui perdita irrimediabile è ben più dolorosa del fuoco eterno.

Il "contatto" del Figlio di Dio è sorgente di vita.

In queste meditazioni sul senso del peccato e sulle sue conseguenze, un ruolo fondamentale è svolto, dice Marmion "dall'orazione ai piedi del Crocifisso" e dal "ricordo della Croce di Gesù" ( pp. 233, 239 ), dove contempliamo la fornace della carità divina che brucia le scorie del peccato ( "Consummatum est", "tutto è consumato", p. 68 ).

Espiando in nostra vece i delitti dell'umanità, il Salvatore ci ha "meritato" la salvezza eterna. Resta, però, immutato il problema della "concupiscenza" residua che, anche dopo il sacrificio di Gesù, minaccia di corrompere l'anima del cristiano.

Noi saremmo già salvi, sennonché abbiamo ancora la possibilità di dannarci, poiché la nostra natura è esposta alla tentazione, banco di prova del nostro amore per Dio.

E qui ci soccorre l'unione a Cristo che si sviluppa nella preghiera e nell'adorazione intesa come "vicinanza" a Dio: "Per suo Figlio, Egli colma l'umanità di tutte le grazie di cui ha bisogno per unirsi a Lui, per vivere … della stessa vita di Dio" ( p. 75 ); "Il contatto del Figlio di Dio diviene per le anime … la sorgente della vita" ( p. 102 ).

Il nostro sguardo si apre così finalmente, al senso profondo dell'intimità col Crocifisso, tanto ricercata da Fra Leopoldo: se Gesù ci fa diventare santi, bisogna stargli vicino.

" Nell'ultimo giorno, quando compariremo davanti a Dio, non potremo dirgli: "Mio Dio ho dovuto sormontare difficoltà troppo grandi, le mie numerose colpe mi hanno scoraggiato" …

Poiché Dio ci risponderebbe: "Vi dovevate appoggiare su di Lui, perché in lui vi avrei dato sovrabbondantemente la forza di vincere ogni male" … Oh se conoscessimo il valore infinito del dono di Dio! " ( p. 81 ).

L'attaccamento alle idee umane è sterile

Forse in questo passaggio riposa la motivazione profonda che spinge Fr. Teodoreto ad inserire i primi quattro capitoli dell'opera di Marmion ne "L'ideale cristiano e religioso", sorta di piccola antologia di orientamento spirituale.

Gli uomini moderni sono tentati dalle soluzioni "fai da te", ma "attaccandosi ad idee puramente umane si smarriscono; al contrario in materia così grave, in una questione così vitale, noi dobbiamo guardare e pesare le cose come Dio le guarda e le pesa …

Se lasciamo all'idea divina ogni potere di operare in noi … essa diventa molto feconda e può condurci alla più sublime santità" ( p. 6-7 ).

La vita divina è comunicata agli uomini: realtà viva di un "mistero".

"Lasciarsi condurre" esprime l'approccio mistico alla fede, intesa come abbandono fanciullesco alle amorevoli braccia di Dio.

La modernità, invece, identifica senza mezzi termini la verità con la ragione umana.

Il mezzo di ricerca diventa fine a se stesso, escludendo ogni realtà ed ogni aiuto trascendente.

Perciò Marmion scrive: "La ragione umana può dimostrare che esiste un essere supremo - qui il riferimento alla filosofia illuminista è evidentissimo - …

Ma la nostra ragione per quanto potente non ha potuto scoprire nulla con certezza della VITA intima dell'Essere Supremo.

La vita divina appare infinitamente lontana, in una solitudine impenetrabile ( 1 Tm 6,16 ).

La rivelazione è venuta ad inondarci della sua luce.

Questa vita divina così trascendente … comunicata dal Padre al Figlio …

Dio decreta di chiamare delle creature a condividerla" ( p. 7-8 ).

Dunque è la VITA, non la suggestione psicologica o l'utopia letteraria, l'aspirazione essenziale che caratterizza l'esperienza mistica. La verità divina assicura l'AFFERMAZIONE, l'ESTENSIONE, e lo SVILUPPO della vita autentica e non la sua repressione, come invece i "cattivi maestri" vanno ripetendo da tempo.

Marmion ribadisce il concetto con estrema determinazione: "la santità è dunque un mistero di vita comunicata e ricevuta … comunicata … dal Padre al Figlio … e dal Figlio all'umanità" ( p. 10 ).

Anche il titolo dell'opera, "Cristo vita dell'anima", denuncia l'insistenza dell'Autore su questo punto.

Fissare lo sguardo su Gesù per vincere il "male di vivere"

L'abate di Maredsous non si limita a riportare il messaggio evangelico al suo impianto cristocentrico ( non adoriamo un libro, ma una PERSONA che dispensa agli uomini la vita divina ), ad evidenziare la presenza efficace di Gesù che si prolunga nel tempo coi Sacramenti, ma utilizza questo puntello spirituale per combattere l'angoscia procurata dalle nostre miserie e deficienze.

A chi gli scrive preoccupato a proposito dei personali "complessi d'inferiorità", Marmion risponde quasi sbottando: "Nella vostra vita spirituale, evitate di esaminarvi troppo.

Basta che vi conosca Dio.

Perdetevi in Lui e ritroverete voi stessi in Lui.

È molto più vantaggioso per voi rivolgere lo sguardo verso Dio che verso voi stessi" ( Lettres 1,23,2 ).

"Dedicate troppa attenzione alla vostra piccolezza, alle vostre miserie, alle vostre insufficienze, e troppo poca a Gesù.

Egli è tanto grande, tutto pieno d'amore, così fedele, così sapiente, così potente" ( Lettres 1,21,19 ).

"Non continuate a sublimare troppo; contentatevi di agire con semplicità, e domandate a Gesù di amare con distacco, cioè in maniera che nessuna affezione umana diventi necessaria: 'Una sola cosa è necessaria" ( Lettres 1,21,10 ).

"Seguite l'ispirazione dello Spirito Santo in una grande pace; ogni ansietà è il nemico mortale della disposizione che lo Spirito Santo desidera trovare nell'anima ch'egli chiama a una grande unione con Lui" ( Lettres 1,8,1 ).

"Non torturate continuamente il vostro povero piccolo cuore con la paura, ma guardate a Gesù: Egli possiede per voi … tutto ciò di cui manca la vostra povertà" ( Lettres 1,21,16 ).

Questa è anche l'essenza della "cristoterapia" di Fra Leopoldo, i cui incontri, diceva Fr. Teodoreto, valevano tanto quanto un ritiro spirituale. Rileggere il Diario del francescano sotto la guida di Marmion è una pratica molto utile, che permette di inquadrare meglio le ragioni di fondo che, al di là di linguaggi più o meno elaborati, spingono i mistici a esaltare in modo entusiastico gli effetti dell'amore divino sulle anime angustiate dal "male di vivere".

Stefano Pizzio

Dal Diario di Fra Leopoldo

17 Settembre 1910 - Sera ore 9.30 - Adorazione al SS mo Sacramento

Il più felice che esiste su questa terra è colui che ama Dio, lo cerca, lo chiama. Dio, di infinita misericordia, risponde e benedice.

I Santi che sono stati i più furbi, colla grazia di Dio, soffrirono immensamente penitenze e persecuzioni terribili, ma là c'è Dio che ci aspetta, ed ecco l'amor di Dio, il pensiero di una eternità felice li incoraggiava per vedere la gloria fulgidissima di quel Dio, che risplende nei Santi suoi!

Ecco i veri confessori di Dio, di Gesù Crocifisso!

18 Settembre 1910 - ore 4 mattino - Adorazione al SS mo Crocifisso

Dandomi interamente a Dio per fare la sua volontà santissima, per niente sono stanco di portare croci, ma ho la pace nel mio povero cuore qualunque sinistro io possa incontrare.

Mi basta l'amor di Dio, mi basta la vista del Santissimo Crocifisso per rendermi giocondo e felice: nessun intoppo m'arresta, sebbene questo misero corpo di fango non voglia sottomettersi, ma in complesso, per amor del mio Gesù, tiro innanzi colla grazia Sua.

19 Settembre 1910 - Sera ore 9.30 - Adorazione al SS mo Sacramento

Il demonio sempre è operoso; principalmente se si prega, colle sue turpi suggestioni cerca di distoglierci col ricordare fatti, cose sentite poco oneste: nulla di buono certo ci presenta colle sue suggestioni, ma il buon Gesù, di cui in questo momento mi trovo alla presenza reale, m'incoraggia dicendomi: "Non t'arrestare mai, ma con passo sicuro va' avanti nella prece e non indietreggiare: nulla il nemico bugiardo può arrestare!"

Gloria e eterno amore a Gesù Crocifisso

Mio Dio, Tu sei la nostra forza, lume al nostro intelletto, sei la strage delle basse passioni; il tuo amore è vero paradiso, mio Gesù Crocifisso, Tu sei il genio divino, sei l'artefice celeste nel cui divino amore si formano i Santi.

La più alta sapienza è conoscere Dio: prima di tutto colui che conosce Dio Gesù Crocifisso e che gli porta immenso amore vive in un'allegrezza veramente divina in cambio di tanto amore: anche se alle volte si deve passare giorni spinosi in questa vita, il Signore ci fa gustare gioie e consolazioni celesti!

Chi ama Gesù ama la solitudine ed in questi momenti solenni Gesù Santissimo Crocifisso dolcemente si manifesta e parla al nostro cuore e, ancor più, fa sentire, gustare come una melodia degli angeli, vero ristoro dell'anima nostra, e ci apre inoltre la giusta via della santità, ci rende facili le via anguste, ci fa virtuosi e ci solleva alla più soave contemplazione.

Tu, mio bel Gesù, sei il nostro dono divino, il libro santissimo da cui i santi appresero professione di sapienza: tutto il mondo dovrebbe studiare il preziosissimo libro che c'insegna a deporre i vizi, a adornarci delle più belle virtù e ci rende l'anima libera di portarsi dovunque con sommo gaudio, inneggiando alle bellezze di Gesù Crocifisso, cantando in dolci melodie le glorie del Signore!

Luce, splendore sei Tu, o Signore; l'amor tuo sfavilla meravigliosamente e la tua misericordia ci doni, illuminando la via del nostro pellegrinaggio; grande è il nome Tuo o mio Dio, Gesù Crocifisso; ammirabile comparisce la gloria Tua!

Concedimi ch'io mi porti sovente ai piedi della Croce, adorando la gemma preziosissima della grande misericordia del nostro Redentore!

Fra Leopoldo, 10 dicembre 1910, Diario III, n.1251,9-13


1 - I numeri di pagina inclusi tra parentesi fanno riferimento a: C. Marmion, "Cristo vita dell'anima", Editrice Massimo, Milano, 1991.