Presentazione

Le riflessioni di questa Via Crucis sono state composte da S.S. Karekin I, Catholicos di tutti gli Armeni.

A Roma lo avevano condotto, nello scorso dicembre, i passi della fraternità, per incontrare il Santo Padre e rinforzare con lui e con la Chiesa cattolica il vincolo santo della comunione.

Nel mese di gennaio si era recato ad incontrare il Papa anche il Catholicos armeno di Cilicia, S.S. Aram I.

Ora, simbolicamente, il Catholicos Karekin torna ad incontrare il Vescovo di Roma, per un gesto carico di profondo valore simbolico e spirituale: insieme seguono il comune Signore, Gesù Cristo, sul cammino della Croce, fonte di salvezza universale, a nome e in unione con le loro Chiese; insieme pregano per tutto il mondo, in particolare per le croci che appesantiscono la speranza di tanti uomini e di tante donne.

Percorrendo il cammino del dolore salvifico, dando voce alla sofferenza universale, i fratelli si incontrano nuovamente: entrambi procedono verso il Padre comune, seguendo le orme del Figlio obbediente, in attesa dell'effusione dello Spirito.

La via della Croce è la via dell'unità.

La storia degli Armeni non si può comprendere se non a partire dalla loro fede: dal momento del primo annuncio cristiano, che la tradizione attribuisce agli apostoli Bartolomeo e Taddeo, le vicende del popolo armeno sono costante testimonianza di fedeltà a Cristo, anche a prezzo della vita.

Con la penetrazione del cristianesimo in Armenia, da occidente, attraverso le Chiese del Ponto e della Cappadocia, e dal sud, per mezzo della Chiesa sira, vi confluirono anche le relative tradizioni.

L'invenzione di un alfabeto proprio ( inizio del secolo V ) rese possibile un'ingente opera di traduzione di testi biblici e patristici, e diede corpo ad una liturgia capace di accogliere gli apporti più vari, coordinandoli però e rifondendoli secondo il proprio genio originale, immediatamente individuabile.

Questa stessa tendenza perdurerà anche nei secoli successivi, accogliendo nella preghiera liturgica armena apporti bizantini e latini.

Questa apertura culturale a diversi influssi ed apporti è il segno di una innata disponibilità ecumenica.

In questa Via Crucis, S.S. Karekin I ha voluto confermare un orientamento programmatico della sua impostazione pastorale: dare piena espressione e comprensibilità ai tesori della tradizione, incontrando le domande dell'uomo contemporaneo e rendendo accessibili in categorie a lui comprensibili le risposte della fede.

Come spesso egli richiama nel suo magistero, è necessario che il Vangelo possa parlare la lingua di chi vive le attese e i problemi del nostro tempo, e che la Chiesa non sia solo custode di memorie, ma le sappia far rivivere, in modo che mostrino la sempre viva attualità che è propria di Cristo, il Vivente.

Per questo nei testi proposti le citazioni di antichi inni liturgici o di autori spirituali armeni si alternano a considerazioni ed immagini di viva attualità.

Nel far questo, egli ha voluto personalizzare le stesse tematiche della Via Crucis, ritoccandone qua e là titoli e contenuti.

Il libretto è illustrato da splendide immagini, tratte dal patrimonio miniaturistico del popolo armeno.

A differenza di altre tradizioni orientali, gli Armeni non privilegiarono l'icona, ma affidarono al linguaggio possente della pietra nuda e al gioco dei volumi il compito di dare risonanza al canto elegiaco e struggente della loro preghiera.

Ancora la pietra, finemente cesellata in forma di croce ( detta " croce-pietra " ), costituisce il più ricorrente simbolo religioso non solo dentro il tempio, ma anche nel paesaggio armeno, nei campi, lungo le strade, sopra le tombe.

L'altro grande simbolo è il libro, in cui si esprime una cultura tanto spesso minacciata e proprio per questo tenacemente difesa.

È noto come nella storia armena, davanti al nemico che incalzava, anche i più umili tra il popolo scelsero di mettere in salvo, seppellendoli o portandoli con sé nella fuga, gli antichi manoscritti della comunità.

Per sottolineare questo grande valore del libro, garanzia di sopravvivenza oltre i pericoli, e in particolare del libro sacro, portatore di immortalità, esso venne spesso copiato, rilegato e soprattutto decorato con grande finezza e talvolta senza risparmio di mezzi.

Canto del Grande Venerdì

Le mani distese, al posto delle mani ( di Adamo ); distesi i piedi al posto dei suoi piedi, l'albero al posto dell'albero, in vita, al posto di morte, mutò il frutto amaro; colui che diede la legge stava nudo fra due malfattori.

La schiera dei ciechi non lo vide; solo uno dei ladroni lo riconobbe.

Il ciclo del sole rese il giorno simile a notte; la tenebra gettò un velo sopra la nudità, perché occhio indegno non vedesse; a mezzogiorno si oscurò quando Adamo morì di peccato; all'ora nona si rimutò in luce, quando con la morte fu sciolta la morte.

S. Nerses Šnorhali