III stazione

Gesù è condannato dal Sinedrio

Dal Vangelo secondo Marco 14,55.60-62.64

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.

Il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: « Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto? ».

Gesù rispose: « Io lo sono! ». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

Meditazione

La macchina giudiziaria è in moto.

Quella che condanna senza prove, accusa senza motivo, giudica senza appello, schiaccia l'innocente.

Giustizia sommaria, sbrigativa delle dittature moderne e delle situazioni di guerra.

Giustizia resa talvolta - suprema bestemmia - nel nome di quel Dio che perdona e grazia.

Gesù alla sbarra.

Come tutte le vittime dell'arbitrio, i presunti colpevoli di delitti di coscienza.

Essi resistono, rifiutano di piegarsi al giogo del sistema, dell'imposizione che schiaccia e stritola la personalità e l'identità.

Controllo dell'identità: « Chi sei? ».

Ogni uomo che arriva in prigione riceve un numero.

In ogni momento deve mostrare la propria matricola, consegnare il piastrino.

Nell'ora dell'arbitrio, compito e vanto della Chiesa è dirgli che egli non è un numero, che ogni uomo ha diritto di essere chiamato con il suo nome.

« Sei tu il Messia, il Figlio di Dio benedetto? » ( Mc 14,61 ).

La risposta è luminosa: « Io lo sono! » ( Mc 14,62 ).

Declinare la propria identità e annunciare la propria fede sono talvolta atti passibili di morte.

Ma quanti sono quelli che cercano Dio?

quanti lo cercano dietro le sbarre?

quanti nella prigione della loro vita, delle loro sofferenze?

quanti nello scherno sopportato e nella tortura subìta?

Uomini e donne di tutte le prigioni, braccati, segnati, feriti, privi di risposta alle domande essenziali: sul senso della vita e sul male, sul pentimento, sul perdono e sulla salvezza, sul mistero della Croce e della Redenzione.

Popolo di carne e di sangue.

Terra di incontri, di volti, di voci, di grida.

Terra del Vangelo.

Orazione

Gesù, basta che tu dica « Io sono », perché noi accorriamo a te.

Nelle prigioni uomini e donne ti implorano.

Vegliano e pregano nella notte.

Ci insegnano l'aria che lì si respira, il male che opprime, la libertà che si cerca.

Ascolta la loro supplica.

Se non si sentono perdonati, amati da te e da noi, se è negata loro la speranza, sono doppiamente condannati, rinchiusi nel braccio della morte.

Concedi ad essi quanto hai concesso a noi: la fede in te e nella tua presenza, l'amore alla vita, la speranza in un mondo nuovo.

Da' a noi e ad essi i mezzi per cercarti, per accettare l'attesa e per trovarti.

A te, Gesù, Pastore buono e Signore delle nostre vite, Amico dal volto clemente, la lode pura e grata, con il Padre e con lo Spirito, nel tempo e nell'eternità.