Il Crocifisso del poeta incredulo

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Alfredo de Musset, grande e sventurato poeta francese, nato nel 1810 e morto nel 1857, nel suo volume« Confessioni d'un figlio del secolo » al cap. VI pagina 345, narra un episodio commoventissimo, della sua vita scandalosa ed empia.

Un giorno lo scettico, che tira una stoccata per trafiggere al seno una persona, coglie in un Crocifisso, l'inevitabile Crocifisso che lo insegue dappertutto: ed in una splendida narrazione così dice: « Preso da timore mi risospinsi, il mio pugno si aprì e l'arma cadde …

Io giunsi ad un tratto le mani e mi sentii piegare verso terra: « Signore, mio Dio, dissi tremando, Signore, mio Dio, voi eravate là! »

Poscia soggiunse: « Coloro che non credono al Cristo leggano questa pagina.

Io non ci credevo nemmeno: non avevo mai frequentato le chiese, né fanciullo, né convittore, né adulto: la mia religione, se pur ne avevo una, non aveva né rito, né simbolo ed io credevo in un Dio informe, senza culto e senza rivelazione.

Avvelenato fin dalla adolescenza da tutti gli scritti dell'ultimo secolo, avevo succhiato di buon'ora il latte sterile dell'empietà: e mentre l'orgoglio umano, questo Dio dell'egoista, mi chiudeva la bocca alla preghiera, l'animo mio rifuggivasi, spaventato, nella speranza del nulla.

« Oh! come lo sentii insino all'anima, e come ne sono penetrato ancora al presente: sciagurati coloro che hanno avuto e motti e scherno per tutto quello che può salvare un'anima!

« Con quale audacia si può toccare Dio? come a un semplice sguardo del sole scende dalla montagna la neve, e, dal ghiacciaio che minacciava il cielo, forma nella valle un ruscello, come una sorgente scendeva e si riversava sul mio cuore.

Il pentimento è un incenso puro: e un puro incenso esalava dalle mie pene.

Ebbi per un momento la calma, la forza, la ragione: mi avanzai … mi inchinai … baciai il Crocifisso.

E, rivolto alla vittima: « Dormi in pace, le dissi: Dio veglia sopra di tè … sul tuo Cristo giuro di non ammazzarti, né di troncarmi la vita …

E tu, o Gesù, che l'hai salvata perdonami.

Nato in un secolo empio, io debbo espiare non poco.

O caro figlio di Dio, così dimenticato, nessuno m'apprese ad amarti ed io non l'ho mai cercato nei templi, ma grazie al cielo, qui, ove ti trovo, non saprei non tremare: prima di morire t'ho con le mie labbra baciato almeno una volta sopra un cuore che è pieno di tè stesso.

Finché avrò un alito di vita, proteggilo: resta con lui, santa difesa e ricordati che uno sciagurato, vedendoti inchiodato su una croce, non osò morire di dolore.

Fu empio, e tu lo salvasti dal male: l'avresti consolato, se avesse avuto la fede.

« Perdona a coloro che l'hanno fatto incredulo, or che tu gli hai dato il pentimento: perdona a quelli che bestemmiano!

Senza dubbio non ti videro mai, quando furono alla disperazione.

« Le gioie umane, o Cristo, si fanno beffe dell'uomo, e lo sdegnano spietatamente!

I gaudenti di questo mondo non credono mai aver bisogno di tè: perdona loro!

Quando il loro orgoglio ti oltraggia, tosto o tardi rinverranno il battesimo delle loro lacrime: abbi compassione di loro che si credon a ridosso delle tempeste, e che non verrebbero a te senza le severe lezioni della sciagura.

La nostra sapienza, ed il nostro scetticismo sono nelle nostre mani grandi balocchi infantili: perdonaci, tu che sorridevi al Golgota, perdonaci, il delirio della nostra empietà.

Noi siamo miserabili e la peggiore delle nostre miserie d'un'ora consiste nello sforzo che facciamo, orgogliosi per dimenticarti: ma, tu lo vedi, non sono che ombre che si dileguano ad un tuo semplice sguardo …

Adesso il dolore ci conduce a te, come ti ha menato al Padre tuo.

Noi non ci inchiniamo davanti la tua immagine se non coronati di spine: ed allora soltanto tocchiamo gli insanguinati tuoi piedi, quando abbiamo intrise di sangue le mani: e tu sei morto in croce per essere amato dagli infelici ».

Oh sublimità, oli bellezza, della fede che strappa cotali omaggi al figlio meno credulo del secolo infedele.