Commemorazione centenaria di F. Leopoldo M. Musso

B127-A1

( 1850-1950 )

Il 30 gennaio scorso si compì il primo centenario della nascita di F. Leopoldo Musso.

La data non deve, non può passare inosservata, specialmente ai devoti del Servo di Dio ed ai suoi figli spirituali.

Intendiamo ricordarlo oggi in queste pagine, che del suo spirito e dei suoi ideali furono e vogliono continuare ad essere le propagatrici umili, ma fedeli.

Non facciamo una commemorazione solenne dell'avvenimento, di cui F. Leopoldo sarebbe degnissimo, e neppure vogliamo rievocare tutti gli aspetti della sua mirabile vita, benché l'attrattiva a farlo sia invitante e fortissima.

Quando si parla di lui, ordinariamente lo si guarda e lo si ammira nella luce dell'asceta e del mistico.

Ci piace vederlo nell'umiltà del suo stato di cuoco accogliere quanti a lui ricorsero per preghiere o per consiglio oppure nel fervore della contemplazione ai piedi di Gesù Crocifisso espandere i suoi sentimenti di fede e di amore: oppure ancora nella cappella di N. Signora del S. Cuore, solo illuminata dalla lampada del SS. Sacramento, passare lunghe ore prosteso ai piedi dell'altare in familiari e mistici colloqui con Gesù e Maria, i quali spesso si degnavano di rivelargli cose segrete e future.

Sì, tutto ciò è vero, in tutto ciò vi è F. Leopoldo, il santo privilegiato, ma non vi è tutto F. Leopoldo.

Egli non fu soltanto un mistico, un amante infuocato di Dio.

La sua carità dopo essere salita fino al Creatore e Redentore si spande anche sugli uomini, sul prossimo, così da farlo rifulgere Santo sociale.

Veramente i Santi sono tutti sociali, anche quelli che il mondo scioccamente giudica egoisti, come gli eremiti o i religiosi di clausura.

Al mondo è nascosto quanto questi fanno per lui, placando Dio con le penitenze, con i sacrifici, con le preghiere ed allontanando i divini castighi che per gli eccessi è le apostasie il mondo meriterebbe.

Ma F. Leopoldo, se si unisce con i Santi che Dio chiama particolarmente alla vita contemplativa nella penitenza, nella preghiera e nel sacrificio, si unisce pure a quelli che chiamiamo sociali.

Non vogliamo ricordare quanto ha operato, ancor borghese, nel movimento cattolico.

Chi ha letto la sua biografia lo sa. Non è necessario.

Ma è doveroso, sotto questo aspetto, sottolineare particolarmente un'opera che da sola è sufficiente a provare quanto al Servo di Dio stesse profondamente a cuore il bene del prossimo: opera che egli volle e che gli costò dolori, contraddizioni, incomprensioni negli ultimi anni di vita; opera che in questo primo centenario della nascita di F. Leopoldo avrà per così dire la sua Epifania.

È la Casa di Carità Arti e Mestieri.

Difatti sarà inaugurata solennemente in quest'anno la sua grandiosa nuova Sede, che sta sorgendo e in gran parte è già costruita in Via Orvieto, in una delle più importanti zone industriali torinesi.

Sarà proprio come la volle Lui, gratuita e fondata unicamente sulla carità.

Sorge sulla sua parola.

È un atto di fede dei figli usciti dal cuore del più caro ed intimo amico di fra Leopoldo dal cuore cioè di Fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane: quei figli che, sotto la guida di quest'ultimo, hanno formato il primo nucleo dell'Ordine religioso vaticinato negli scritti di fra Leopoldo, come quello che dovrà prosperare ed estendersi fino ai limiti estremi del mondo.

La nuova Casa di Carità non è che la proiezione grandiosamente amplificata della vecchia costruzione di Via Feletto, la quale ha dato già da parecchi anni concrete prove di vitalità.

Migliaia di operai hanno trovato nelle sue aule, insieme a un perfetto insegnamento tecnico, che apre loro la via a posti speciali nelle officine, una palestra per vincere le battaglie della loro fede cristiana.

È questo che stava tanto a cuore al Servo di Dio: forgiare degli operai, dei tecnici e dei dirigenti cristiani non di nome ma di fatto, i quali con convinzione teorica e pratica portino tra il lavoro delle mani e delle macchine quella dottrina di vita che evita all'uomo di essere soffocato dalla materia.

A questo fine, egli, così umile e mite, così piccolo agli occhi di tutti, seppe lottare da gigante: con ferma intransigenza continuando a ripetere che Dio voleva quell'opera, anche nel nome: Casa di Carità.

Oggi, a distanza di trent'anni, chi visita la vecchia Casa di via Feletto e chi sosta dinanzi alla mole di quella nuova di via Orvieto; chi riflette sopra tutto quale impulso ebbe subito l'Opera fin dalla sua nascita, non può non pensare che Fra Leopoldo aveva ben ragione di appellarsi a Dio e che la nobilissima iniziativa reca in sé l'impronta del Signore.

Lo stesso fatto che il Servo di Dio, a causa di essa, fu incompreso, perseguitato ed esposto a soffrire fierissimo dolore, non è forse un evidente segno che l'opera era voluta da Dio?

Nessuno può essere di ciò più convinto dei « Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata ».

Con fiducia nelle parole di fra Leopoldo, con viva fede in Dio, essi, per ora ancora pusillus grex, stanno attuando anche l'ideale caritatevole del Frate di San Tommaso e in questo di lui primo centenario della nascita gli presentano nella Casa di Carità di via Orvieto il dono e l'omaggio a lui più gradito: il quale dirà a tutti i presenti ed i futuri di quale forza e di quali meraviglie sia capace la carità, quando è fondata sulla Fede nella Divina Provvidenza.

P. F. Maccono


- Tra i molti fratelli maggiori di fra Leopoldo nel culto del Crocifisso - è da non lasciarsi in ombra il Padre Giovanni Martino Moyé ( 1730-1793 ), il santo sacerdote dall'anima meditativa, fondatore delle Suore della Provvidenza e missionario in Cina; nativo di Cutting in Lorena ( diocesi di Metz ).

" Mi pare che adesso esageriate! ", - gli osservò un giorno il parroco di Cutting, che alle tre del pomeriggio sorprese il Moyé, vice curato di quel villaggio, ancora ai piedi dell'altare in profonda preghiera, senza interruzione inginocchiato dalla messa del mattino.

Quell'astrazione totale dal mondo circostante non era insolita al Servo di Dio.

Il quale, oltre ad imporsi ogni giorno qualche penitenza per onorare Gesù Cristo crocifisso, dal giovedì sera alle tre pomeridiane del venerdì, ogni settimana, rimaneva tanto assorto nella contemplazione dei dolori del Salvatore da diventare come estraneo ad ogni altra cosa.1

Anche il P. Moyé compose delle preghiere alle cinque piaghe divine, che le sue figlie, le buone Suore della Provvidenza, sparse in vari continenti, recitano piamente ogni venerdì.

- La madre Maria della Provvidenza - che nell'ordine della Chiesa ebbe uno dei più delicati ed originali pensieri: quello cioè di fondare una Società di Ausiliatrici delle Anime del Purgatorio ad affrettare la fina della pena - venuta a conoscenza della gravita del male, che le segnava inevitabilmente la morte, e per quale dolorosa agonia!

Si padroneggiò con questo pensiero: " Nostro Signore, per trentatre anni, ebbe sempre davanti agli occhi la sua Passione, e la Vergine Santa, dopo la profezia di Simeone, ebbe sempre il cuore trapassato! ".2

- Nell'anno 1887, nel mese di novembre - scrive fra Leopoldo nel suo diario - ebbi in sogno una visione di Maria Santissima: vidi la Vergine Santissima Addolorata in atteggiamento mestissimo con il capo nobilmente chino, e dolcemente mi disse: " Ricordati di ciò che ha sofferto mio figlio! ".3

È singolare che questo sogno rappresenti come il nocciolo del frutto, di cui si pascerà poi fra Leopoldo, particolarmente durante la sua vita religiosa: quasi fosse orientamento e programma ispiratore.

È la Vergine Addolorata che richiama il servo prediletto verso la Passione di Gesù.

Maria precorre sempre. Dietro a lei c'è sempre - comunque si presenti - il Cristo.


1 Georges Goyau dell'Accademia Francese, Jean Martin Moyé, Ed. Alsatia, Parigi, cfr. pagina 12.

2 Marie-René Bazin, Marie de la Providence, Ed. Spes. Parigi, cfr. pagina 247.

3 Fratel Teodoreto S. C., Fra Leopoldo, Ed. A & C., Torino, cfr. pag. 10.