Visse come colomba

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Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente Fra Leopoldo sono concordi nel dire che egli era un'anima candida, che dava la sensazione dell'innocenza.

Spirava da lui un senso di purezza che incuteva rispetto e sollecitava a pensieri elevati.

Il suo fervore spirituale e le sue misteriose comunicazioni con Dio esercitavano un grande fascino.

Il suo tratto lieto, affabile, modesto lo rendeva simpatico.

Ma ciò che più impressionava era il suo candore; la trasparente sua semplicità.

Ed ecco delineato uno dei tratti più fondamentali della figura di Fra Leopoldo: egli appartiene alla schiera eletta e privilegiata delle anime innocenti.

Secondo un criterio comunemente seguito nell'agiografia cristiana i servi di Dio si distinguono in due classi: quella degli innocenti e quella dei penitenti.

" Un uomo aveva due figli " disse Gesù - " uno, fattasi consegnare la sua parte di eredità, andò lontano a dissiparla malamente.

L'altro invece rimase sempre nella casa di suo padre ".

Quelli che noi diciamo innocenti furono anch'essi peccatori, perché nessun uomo va esente dalla eredità di Adamo, ma non commisero mai nulla di grave e seppero conservare fino alla fine la grazia del loro battesimo.

Ad essi fu usata la più grande misericordia, che è quella della preservazione dal male ed ora hanno il privilegio di seguire l'Agnello dovunque vada, cantando un inno che nessun altro può cantare.

Essi non sono maggioranza. La più gran parte degli uomini ripete nella propria vita la tristezza della storia comune del genere umano.

Molti come Adamo sono vittime della seduzione.

All'aprirsi della vita, alle prime esperienze la più parte dei giovani, purtroppo, viene travolta.

Essi ritorneranno più o meno tardi, con le cicatrici sulla persona e l'intima amarezza del male commesso, ripetendo col Profeta: " Delicta juventutis meae et ignorantias meas ne memineris, Domine ".

Ma alcuni spiriti eletti sono guidati da un misterioso istinto ad evitare ogni insidia.

Una energia eccezionale li munisce contro gli urti del male che essi costantemente respingono.

Sono i prediletti di Gesù, come Giovanni l'Evangelista.

A tutti questi sono applicabili le parole che il Manzoni scrisse per il card. Federigo Borromeo: " La sua vita è come il ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorpidirsi mai, in un lungo corso, per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume …

Badò fin dalla puerizia a quelle massime d'abnegazione e d'umiltà, a quelle massime intorno alla vanità dei piaceri, all'ingiustizia dell'orgoglio … le prese sul serio, le gustò, le trovò vere … e propose di prenderle per norma dell'azioni e dei pensieri ".

* * *

Fra Leopoldo fu indubbiamente uno di questi.

Egli trascorse nel mondo il tempo più lungo e più pericoloso della sua vita.

Dalla famiglia aveva ricevuto un'educazione retta e forte, ma fuori, l'ambiente era tutt'altro che sano.

Tra i coetanei non manca mai qualche pecora rognosa che propaga l'infezione, o qualche lupo che fa strage degli innocenti.

Il giovane Luigi Musso ebbe a subire perfino delle percosse da uno di questi lupi che lo voleva contaminare, ma non cedette.

Ben presto dovette lasciare la famiglia per cercare del lavoro.

A 19 anni, solo per il mondo, senza controlli e senza appoggi, presso famiglie sconosciute, in mezzo a una servitù non sempre esemplare, allorché il male sta spiando che un attimo di debolezza gli apra uno spiraglio per entrare nell'anima, come l'acqua attraverso un'incrinatura della diga ( e la gioventù ha tanti momenti di debolezza e di languore ), Luigi Musso dovette sentirsi sfiorato molte volte dal pericolo; ma sempre se ne ritrasse in tempo, abbandonando risolutamente i compagni meno buoni e anche i padroni sospetti, come gli avvenne nel primo impiego di Vercelli dove credeva di essere capitato in una buona famiglia e invece s'accorse che il padrone conduceva una cattiva vita.

Immediatamente si licenziò.

Agli amici frivoli preferiva le buone letture; alle gioie del mondo preferiva quelle che Iddio concede ai suoi intimi.

La vita di pietà gli riempiva il cuore e lo rendeva immune dalle miserie che lo circondavano.

" Sbrigati i miei lavori di cucina - scrive egli stesso - mi dedicavo alla lettura.

Quella da me favorita era La Buona Settimana che nel 1887 pubblicava la vita di Tommaso More ".

Ebbene, proprio a Vercelli dove aveva dato tante prove di voler fuggire il male ad ogni costo, avvenne l'episodio più drammatico e più doloroso di tutta la sua vita, allorché venne licenziato dal collegio Dalpozzo sotto l'imputazione delle colpe più disonorevoli.

Era la vendetta del maligno che, costantemente respinto, schizzava veleno, tentando di insozzarne la fama, nell'impossibilità di insozzarne l'anima.

Luigi Musso se ne andò calmo e rassegnato in circostanze così dolorose e ne trasse preziose esperienze per la vita.

Le ultime ombre della calunnia ( tale apparve subito a tutti ) furono dissipate più tardi dagli stessi calunniatori.

Iddio lascia che le nubi talora coprano il sole, ma poi le spazza via con un colpo di vento e il sole brilla più terso di prima.

Il mondo non può ammettere la purezza.

Quando non può constatare le comuni debolezze, parla di perversioni.

Quando non può negare l'intemeratezza dei costumi, l'attribuisce ad incapacità, ad insensibilità.

Era forse insensibile Luigi Musso? Non aveva sangue vivo nelle vene?

Contro queste insinuazioni insorgono tutte le testimonianze, che ce lo descrivono ben sviluppato nella persona, di carattere equilibrato e sensibilissimo.

Era espansivo e desideroso di affetto.

Ci prendeva un gusto matto a cantare ed a suonare la chitarra in compagnia dei suoi festaioli monferrini, sempre, s'intende, nelle forme della più assoluta onestà.

Anch'egli aveva sentito cantare in cuore la canzone dei vent'anni, ma attingeva ad una più alta sorgente di consolazione e aveva sentito una voce intima ed arcana che gli aveva aperto orizzonti sconfinati e gli aveva dilatato il cuore per un amore più profondo, più vero, più completo.

Chi sente questa voce sarà pungolato tutta la vita da una nostalgia di infinito e non potrà mai più essere appagato da alcuna soddisfazione di questo mondo.

È la chiamata degli eletti, la misteriosa leva che raduna nella Chiesa le schiere dei vergini e dei consacrati, per i quali il mondo non è più nulla perché hanno visto cose troppo più grandi.

Luigi Musso fu costantemente fedele a questa chiamata nelle più svariate circostanze della vita anche quando viveva ancora nel secolo e meritò pienamente l'elogio della Sapienza: " Beato l'uomo che è stato trovato senza macchia e non andò dietro all'oro.

Poteva trasgredire la legge e non la trasgredì. Poteva fare il male e non lo fece ".

Non è piccolo elogio questo, per l'uomo, che è posto fra le insidie di questo mondo e la fragilità della sua natura decaduta.

La virtù ha un profumo che la fa discernere anche sotto le vesti più comuni, di cui ama ricoprirsi, e l'innocenza, in particolare, ha una sua psicologia che la fa riconoscere infallibilmente.

Del resto si illudono gli uomini di avere dei segreti.

" Non vi è nulla di nascosto, che non abbia da essere rivelato ", ci ammonisce il Vangelo.

L'anima umana ha troppe manifestazioni indirette perché possa occultare il suo vero essere.

Attraverso tutte queste manifestazioni Fra Leopoldo appariva assolutamente un puro.

* * *

L'innocenza è delicata ed è circondata dallo splendore caratteristico di tutte le cose pure.

La delicatezza e lo splendore che erano evidenti in Fra Leopoldo.

Ma l'innocenza è pura intuizione e sapienza.

L'occhio limpido è più acuto. I puri vedranno Dio.

E anche prima della visione intuitiva della vita futura ne vedono i riflessi fra le tenebre di quaggiù.

Il loro spirito, cui non fa velo alcuna sozzura, è inondato di quella luce infusa che da la vera sapienza.

Una delle testimonianze su Fra Leopoldo lo definisce proprio così: " Egli era candore e intuizione ".

Per questo è un maestro di vita, un vero saggio che seppe orientare la sua vita secondo la sapienza celeste ed a cui tutti ricorrevano per consiglio.

Quanta gente ricorreva a lui, povero frate illetterato, anche gente di alta cultura, ed aveva egli luce per tutti.

A questa luce si orientò, ed ancora cammina, l'Unione catechisti e da essa è guidata la Casa di Carità Arti e Mestieri.

L'innocenza è mitezza.

Ne è il simbolo più eloquente l'agnello senza macchia e senza capacità di offesa.

Non è Gesù stesso che volle esser chiamato l'Agnello di Dio?

L'ascetica cristiana insegna che la mitezza è segno di innocenza conservata o riconquistata.

L'amarezza verso il prossimo, l'asprezza dei giudizi e dei modi, il dente avvelenato della maldicenza indicano il persistere di un veleno interiore.

Un'antica iscrizione sulla tomba di S. Agnese la dice " parva columba sine fel ".

E l'inno più popolare in onore della Beata Vergine Maria si esprime così: " Virgo singularìs inter omnes mitis … ".

Non già che i puri siano incapaci delle virtù combattive, ma sono senza veleno.

Chi più mite e più forte di Gesù?

Anche questo aspetto è in rilievo nella vita di Fra Leopoldo.

Tutti lo dicono un'anima incapace di pensar male di qualcuno, sulle cui labbra non fu mai intesa una parola risentita o aspra.

Anche quando fu calunniato o contraddetto o incompreso, non smentì mai la sua dolcezza.

Nessuno lo udì mai fare una critica o lo sorprese in atteggiamento risentito.

Sapeva sopportare sorridendo e aveva sempre pronta una parola di scusa.

Quando l'interna ferita, forse da altri nemmeno sospettata, era più dolorosa, ricorreva al Signore.

Innocenza e semplicità, intuizione e sapienza, mitezza e bontà sono tutti raggi di una stessa luce interiore non mai offuscata, aspetti diversi di uno spirito che mai ruppe fede al suo Signore, che si mantenne integro e seppe conservare intatte tutte le sue energie per l'amore di Dio.

È questo il clima ideale dell'amore.

L'innocenza è il risultato di una costante e radicale abnegazione; che ha immolato l'egoismo fino all'olocausto.

Per questo non c'è amore più profondo, più alto, più tenace dell'amore dei vergini, nei quali Gesù si compiace e per i quali non ha mai nascosto le sue predilezioni.

Per questo non ci stupisce, leggendo i diari di Fra Leopoldo, la sua intimità con Gesù, le sue espressioni infuocate, il suo serafico ardore.

Per questo troviamo naturale che egli sia stato prescelto a annunziare al mondo una nuova parola di amore, affinché attraverso la limpida anima sua risuonasse più genuina la voce di Gesù.

C. T.