Per l'inaugurazione del busto di Fr. Teodoreto

B159-A3

Discorso pronunciato dal Fr. Leone durante la cerimonia d'inaugurazione

Torino, 28 gennaio 1962.

Ricordo d'aver letto sopra i Fioretti di Don Paleari - un Servo di Dio ben noto a Torino che, a braccetto con Fr. Teodoreto e con pari consenso di stima e di simpatia universale, sta procedendo verso la gloria del Bernini - l'aneddoto seguente.

Essendosi egli recato ad una celebra zione ufficiale, ove ognuno dei presenti rappresentava un ente o un'autorità, ven ne chiesto da qualcuno, chi rappresentas se, per la circostanza, Monsignor Paleari; qualcun'altro, che lo conosceva assai be ne, rispose : « Rappresenta la santità ».

Se le gerarchie umane coincidessero con le gerarchie divine, a Mons. Paleari si sarebbe dovuto assegnare quel giorno, senza tergiversazione di sorta, il primissimo posto.

Inaugurazione basto di Fr. Teodoreto. Parla l'Assistente Generale Fr. Leone

Penso che anche oggi a chi chiedesse il perché di questo busto a Fratel Teodoreto - notissimo certo in Torino, ma non per influenza politica, né per posizione gerarchica, né per produzione letteraria o artistica, e neppure per genialità di innovazioni pedagogiche proprie del suo campo di lavoro - dovremmo rispondere circa allo stesso modo: « Per via della sua santità ».

Meno male che questa volta gli è Stato assegnato il primo posto: lui in alto, e noi - Autorità comprese - qui, un bel palmo al di sotto di lui; un bel palmo che non è, nel caso specifico, un palmo di naso, poiché siamo tutti consenzienti e contenti di dover guardare in su per incontrarci con il suo volto radioso di santità.

È inteso che ogni qualvolta in questo mio discorso io pronunzio la fatidica parola « santità », non intendo menomamente prevenire quanto in merito proclamerà il solo organo competente, la Santa Sede, anzi lo stesso Sommo Pontefice.

Ci mancherebbe altro che proprio io, Postulatore Generale delle Cause dei Fratelli, porgessi un così facile appiglio all'Avvocato del diavolo - d'altronde mio buon amico, l'Avvocato intendo, non il diavolo! - appiglio ch'egli non mancherebbe, nella sua coscienziosità professionale, di gettare fra le gambe del mio santo cliente per creargli un ostacolo di più.

Detto questo in omaggio alla prudenza e ai Decreti di Papa Urbano VIII, mi viene proprio la voglia irresistibile di fermarmi su questa « santità » conclamata dalla voce comune, per studiarla un poco più da vicino.

Difatti, che Fr. Teodoreto fosse santo glielo si leggeva in volto e lo proclamano tutti quanti l'hanno conosciuto: sacerdoti, antichi alunni, membri dell'Unione, e principalmente i suoi Confratelli, che lo avevano sotto gli occhi di continuo.

Ma da questa conclamazione e proclamazione universale nasce ovvio un desiderio: quello di carpirgli il segreto o la cifra del suo altissimo grado di virtù, per vedere se caso mai facesse anche al caso nostro e ci rendesse possibile il raggiungere la stessa mèta, ch'è quella a cui Gesù Signore invitò tutti, quando disse: « Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro che è nei cieli ».

Può darsi che se avessimo chiesto a lui qual era la sua « formula di santità » - dopo le convinte proteste ch'egli non era santo per nulla - ci avrebbe anche detto che, a buon conto, di formule del genere non ne aveva per davvero o non sapeva d'averne.

Quindi a volergliene attribuire una noialtri, guardando dal di fuori e sia pure per vedere di dentro, corriamo il rischio di prendere una gran cantonata.

Io ho peraltro un dato positivo, che dimenticai d'inserire nella biografia grande scritta di lui, più come raccolta di testimonianze e documenti utili ai fini del suo Processo, che non come lavoro artisticamente elaborato.

Nel novembre del 1945, di passaggio a Torino proprio per le Feste dei Santi, richiesto di tenere la conferenza spirituale alla Comunità del Collegio San Giuseppe, azzardai una mia « formula di santità », che, a dir vero, si scosta alquanto da quelle che hanno abitualmente corso.

Osservato che Dio ha messo nell'uomo un'inappagabile sete di meglio in tutti i campi della sua attività; che a questo anelito corrisponde nella natura umana, unica e sola, una possibilità di perfezionamento in ogni settore, fisico, intellettuale, morale, soprannaturale; deducendone che tale perfezionamento è dunque il disegno di Dio sull'uomo; e pensando che assecondare il disegno di Dio sia ciò che di più doveroso e saggio una creatura ragionevole possa fare per piacere a Lui, ne conclusi che la santità consiste per l'appunto, ecco la formula, « nel portare il talento di umanità che Dio ci ha dato al suo massimo e armonico sviluppo, per assecondare il disegno di Dio medesimo, con l'aiuto della sua santa grazia ».

Un umanesimo integrale, dunque, nell'ordine naturale e in quello della sopranatura, da me proposto soprattutto per la gioventù studiosa, che ama le affermazioni positive e mal sopporta le remore di qualsiasi specie.

La conferenza fece un'impressione favorevole, e parecchi Fratelli me lo vennero a dire; ma soprattutto mi confortò il giudizio di Fr. Teodoreto, il più attento dei miei uditori, che nientemeno mi esortò a pubblicare la mia « formula », affinché molti se ne potessero valere.

Assecondai il suo invito;1 ma, malgrado ch'egli fosse all'origine del mio scrittarello, e malgrado la lusinghevole prefazione dell'Ecc.mo Mons. Norberto Perini, Arcivescovo di Fermo, quella mia « formula » ebbe la ventura o la sventura di qualche decisa graffiata, a stampa e a voce, da parte di autorevoli personalità, anche perché taluni concetti avrei dovuto esplicitare meglio, affinché fossero intesi a dovere.

È quindi lungi da me l'intenzione di raccomandarla ai miei uditori d'oggi, tanto più che non penso il Fr. Teodoreto si sia molto ispirato ad essa per le sue mirabili ascensioni nelle vie del Signore.

Ritengo invece che il nostro venerato Confratello, così attento a tutte le raccomandazioni del suo santo Padre e Fondatore, abbia meditato a lungo un pensiero di lui, proposto ai Fratelli per i loro esami in tempo di ritiro annuale; e che, senza averne l'aria, è una vera « formola di santità », la formula della santità lasalliana: così la chiamai io in un breve scritto composto a commento di essa, nella gioia di averla un giorno « scoperta », dopo averla letta chissà quante volte prima, senza esserne particolarmente colpito.2

Essa suona così: « Non fate differenza alcuna fra i doveri del vostro stato e l'affare della vostra salvezza e perfezione ».

Inaugurazione del busto di Fr. Teodoreto - Parla l'avv. Chiesa

Ed esplicitando meglio, dice subito appresso: « Siate ben certi che non opererete mai meglio la vostra salvezza e non acquisterete mai tanta perfezione, quanto disimpegnando bene i doveri del vostro stato, purché lo facciate con la mira a Dio ».

Ecco la formula che Fr. Teodoreto attuò durante i suoi tredici lustri di vita religiosa, senza mai la minima flessione né a destra né a sinistra: la formula che il Papa Pio XI riassumeva genialmente con l'esaltazione del « terribile quotidiano », da lui fatta eloquentemente nel proclamare l'eroicità delle virtù del Beato Fr. Benildo.

Fr. Teodoreto non fece altro che questo: compiere giorno per giorno e momento per momento il suo dovere religioso e professionale; ma compierlo - per dirlo ancora con Papa Pio XI - « non con la comune e quotidiana così frequente inesattezza, rilassatezza, negligenza, faciloneria; ma con attenzione, pietà, fervore intimo di spirito ».

Realizzò quindi in sé quella via di ascesi che è la gran novità donata alla Chiesa da san Giov. Batt. de La Salle nel Fratello delle Scuole Cristiane, religioso-educatore-laico, il quale alla perfezione salirà non, come altri religiosi, attraverso la contemplazione e la recita della Divina Officiatura o le opere del ministero sacro; bensì attraverso lo studio e l'insegnamento ai piccoli, studio e insegnamento intesi come mezzo di educazione personale e di apostolato sociale.

Fratel Teodoreto fece questo con eroica costanza, con mirabile perfezione, con l'impegno di aderirvi secondo i benché minimi precetti della sua Regola, che si compiace sovente di scendere a particolari da nulla, a minuzie tanto facili a sfuggire all'attenzione o, meglio, alla distrazione dei più.

Ed ecco perché sta bene che questo busto sia collocato proprio qui, in questa Scuola Lasalliana tipica, che meglio di tante altre ricorda le scuole fondate dal De La Salle, completamente gratuita per gli alunni, provveduto il sostentamento dei Maestri da benefattori, che nel caso specifico furono inizialmente i Duchi Sabaudi, le cui beneficenze ed intenzioni vennero poi consolidate in un Ente, che poco importa si chiamasse prima della Mendicità Istruita e dopo della Munifica Istruzione; quanto invece importa che sia solertemente amministrato, come oggi è, dal Presidente Marchese Morelli di Popolo e di Ticineto avv. Vincenzo e dai loro degni Consiglieri e Collaboratori.

Qui Fr. Teodoreto, per un totale di oltre quarant'anni, fu Maestro e Professore, Ispettore e Direttore.

Egli percorse quotidianamente questi corridoi con le file disciplinate dei suoi alunni, quando ne aveva la cura diretta; o per spostarsi a invigilare, esortare, richiamare, mettere in emulazione reciproca una classe con l'altra, quand'era ispettore, sempre sereno, sempre raccolto, sempre composto, sempre orante; così come lo si vide poi percorrere le vie cittadine, quando - avendo la direzione di tutta l'Opera che si allargava allora a cinque quartieri torinesi del centro e della periferia - trascorreva dall'uno all'altro, ambasciatore di santi pensieri, di attese ricompense, organizzatore, dopo il Fr. Candido, delle combattutissime « gare di religione », coronate poi, per i vincenti, da belle passeggiate fuori città.

Ed è bello pensare che Fr. Teodoreto si santificò così, con la premura più affetuosa e quasi materna per i suoi Fratelli, con lo zelo più ardente per le anime giovanili, con la dedizione totale a risolvere i problemi della disciplina, della didattica, della buona educazione, della perseveranza dei suoi alunni.

A santificarlo, erano le stesse operazioni del suo vivere quotidianamente la vita umile del Fratello, cominciando dagli esercizi di pietà ad apertura e chiusura, d'ogni giornata; non altre speciali o specifiche opere aggiunte e marginali, che si potrebbero denominare di « santificazione », le quali il Fondatore non richiede, e a cui anzi non incoraggia neppure.

Difatti, in altro paragrafo della sua Raccolta , di trattateli! spirituali, là dove il santo de La Salle invita i Fratelli a parlare, in tempo di ricreazione, « delle azioni giornaliere », « del fervore con cui cui si devono fare e della facilità che essi hanno di salvarsi ( santificarsi ) nella Società facendole con spirito di fede e di religione », aggiunge questa dichiarazione quanto mai esplicita: « Senza nulla fare di più ».

Chi non vede come questa formula lasalliana di santità, tutta basata sull'essenziale del dovere compiuto per amore di Dio, è tale da invogliare ogni anima di buon volere tentare la grande avventura della propria santificazione?

Avventura che, concepita in questi termini, non cela davvero nessun rischio di possibili delusioni o disastri di sorta!

Tutto al più avverrà che si resti un poco al di sotto dell'ideale vagheggiato; ma chi può mai sperare di realizzare al Cento per cento i propri ideali?

Fr. Teodoreto è una riprova, fra le più convincenti, della validità di questa bella formula, soprattutto perché egli compì tutte le sue « azioni giornaliere » con grande « spirito di fede e di religione », come risultava evidente a chiunque lo accostasse, gli rivolgesse la parola per qualsiasi motivo, o anche solo lo contemplasse in quel suo ininterrotto colloquio con il Signore, che appariva evidente anche se non si fosse scorta fra le sue dita l'immancabile corona del Rosario!

È ben vero che Fr. Teodoreto fece anche qualche cosa « di più », quel qualche cosa « di più » che la formula lasalliana dichiara non necessario.

Fece, e cioè fondò l'Istituto secolare dei Catechisti di Gesù Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata, meritandosi il titolo di Fondatore, primo e finora unico tra i Fratelli che si susseguirono in schiere compatte nei quasi tre secoli di vita dello Istituto lasalliano.

Pure quest'opera, che è la sua più caratteristica, prese le mosse di qui, tenne qui le prime adunanze, reclutò qui i membri fondatori, anche se poi trasportò altrove le sue tende, che ora si Spiegano perfino oltre Oceano.

Quindi il ricordo marmoreo del benemerito Fratello, è ben collocato in questa casa, la prima dai Fratelli aperta in Piemonte e quella dov'Egli fece più lunga dimora.

Fratel Teodoreto si sarebbe forse stupito di sentirsi chiamar fondatore; né so se ammettesse che un titolo tanto nobile, lui vivente, gli fosse attribuito.

Una cosa, a buon conto, è certa: che divenne fondatore senza averlo né voluto né pensato mai …

Proprio come il suo Fondatore, già canonizzato e Patrono degli educatori, che fondò l'Istituto dei Fratelli, senza un disegno preconcetto, lasciandosi guidare man mano dalle sole indicazioni della Provvidenza divina, passate al vaglio dai suoi consiglieri spirituali.

Fratel Teodoreto aveva pensato solo ad un'opera di perseveranza per i giovani, che avesse le caratteristiche della massima serietà di intenti e del ricorso ai migliori mezzi d'ordine soprannaturale …

Le cose gli si voltarono poi in mano, via via che procedeva; e, null'altro facendo che assecondare gli inviti di Dio - a lui comunicati il più sovente dal Servo di Dio Fra Leopoldo Musso O.F.M. - e il Consiglio dei Superiori ecclesiastici e religiosi, si trovò ad aver fatto una cosa nuova e veramente grande, prima ancora che il Decreto Provida Mater Ecclesia, del 2 Febbraio 1947, desse l'approvazione a questo recente tipo di Istituti detti secolari.

Il Fr. Emiliano, in uno dei suoi articoli così perspicui, originali, profondi, che scrive ogni volta sul periodico L'Amore a Gesù Crocifisso - precisamente nel numero del Maggio-Agosto 1961 - stabilisce un felice parallelo tra la vita di Fr. Teodoreto e quella di san Giov. Batt. de La Salle, di cui il nostro Servo di Dio fece il proprio esemplare.

E avvenne così - quasi a premio della estrema sua fedeltà nel meditarne la dottrina, osservarne le regole e i consigli, imitarne gli esempi - che arrivasse anche inconsciamente a ricopiarlo nel pregio raro d'aver fondato un istituto religioso, per altro verso originale e nuovo nella Chiesa di Dio, come fu quello stesso del De La Salle.

Di questa santità domestica del Fr. Teodoreto - domestica, ho detto, non addomesticata, intendiamoci bene! - vorrei notare solo più due aspetti, che la rendono particolarmente simpatica e che sgorgano dal tipo stesso della « formula » da lui così esemplarmente attuata.

La prima caratteristica è che la sua santità non pesava menomamente sugli altri.

Un bell'umore definì martire colui che vive a quotidiano contatto d'un santo!

C'è almeno un po' d'esagerazione in questa paradossale sentenza alla Chesterton; ma è indubbio che taluni santi sono tremendamente incomodi, proprio come pensava tra sé e sé Don Abbondio del Cardinale Federico: « Oh che santo, ma che tormento! ».

Fr. Teodoreto non era incomodo ai suoi vicini, né a Messa né a mensa; non alla Messa, e cioè in Cappella, dov'era talmente sprofondato nella presenza divina - se non aveva responsabilità di sorveglianza - da non vedere nulla intorno a sé; e neppure a mensa, dove mangiava di buon appetito anche le insipidissime vivande a cui da anni lo costringevano le sue malattie; e sapeva celare così bene le proprie mortificazioni, che nessuno se ne avvedeva.

Questo sarebbe l'aspetto negativo della sua carità, al quale corrisponde l'aspetto positivo, che lo portava, fra l'altro, a scusare, compatire, interpretare in bene tutto … perfino le birichinate!

Così avveniva che, per lui, un religioso dissipato fosse un religioso tanto contento di trovarsi al servizio di Dio, da doverlo lasciar trasparire anche in modi piuttosto inconsueti e rumorosi; e chi sonnecchiava alla predica o alla meditazione è evidente che s'era affaticato tanto nelle opere d'apostolato, da non poterne proprio più: ecco come giudicava il santo Fratello!

Stiamo parlando di carità, ed è forse caritatevole concludere.

Lo farò in modo che, se Fr. Teodoreto fosse qui vivo ad ascoltare - così com'è parlante nell'aspetto, in quest'opera egregia dello scultore Alberto Soldani - così ben incorniciata dalle linee dell'architetto Fr. Alessandro Chiappini - non se ne avrebbe troppo male.

Già celebrando due mesi addietro, al Collegio San Giuseppe, il primo decennale della morte di Fr. Giocondo, notavo come la sua figura sia di quelle che apertamente documentano la vitalità, l'attualità, la perennità del Fratello delle Scuole Cristiane, quale lo concepì arditamente il santo de La Salle.

Il Fr. Teodoreto - che a Fr. Giocondo assomigliava così poco, né in tutto concordava la loro visione sull'apostolato giovanile - n'è una riprova più evidente ancora: la sua bellezza, il suo valore, la sua santità gli viene tutta di lì: dal fatto di aver pienamente realizzato in sé, senza vani rimpianti e senza aspirazioni diverse, quell'ideale di educatore-apostololaico che è il Fratello, quando risponde al disegno che ne vagheggiò, divinamente ispirato, il santo Fondatore delle Scuole Cristiane.

Fr. Leone di Maria


1 Una formala di santità. Casa Ed. A. & C., 1946, pp. 28. Esaurita - poche copie presso l'Autore.

2 Articolo apparso in « Rivista Lasalliana » del mese di giugno 1957, da pag. 169 a 181. Gli estratti di detto articolo sono esauriti.