Il cinquantenario di Fra Leopoldo

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Il 27 gennaio 1922 Fra Leopoldo terminava la sua carriera terrena.

Erano le ore 0,30 di un venerdì.

Si direbbe che l'adoratore del Crocifisso fosse chiamato in cielo, nel giorno dedicato alla memoria della Passione di Gesù, per unirsi « a Maria SS.ma, agli Angeli e ai Beati del Cielo » nella eterna glorificazione dell'Agnello di Dio immolato per la nostra salvezza.

La morte non era giunta inattesa, sebbene rapidissima: egli l'aveva predetta fin dall'anno precedente e poi ne aveva anche indicato la data e le circostanze: « Quando mi ammalerò in modo da mettermi a letto, sarà per morire ».

Racconta il P. Maccono, suo confratello e suo primo biografo: « Da parecchio tempo la malattia di cuore gli rendeva oltremodo faticosa la scala che doveva percorrere per salire alla sua cella, che si trovava al terzo piano, pure non diceva nulla e continuava nei suoi lavori e nei suoi esercizi di pietà, con la consueta diligenza e col solito zelo.

Ma un giorno lo colse la febbre e dovette mettersi a letto.

Il medico venne e sentenziò che era polmonite.

Prescrisse i soliti rimedi, diede le solite istruzioni, forse egli stesso convinto che erano tentativi inutili, stante la debolezza estrema del cuore.

Chi più di tutti era persuaso che le medicine erano inutili fu Fra Leopoldo, « Questa è l'ultima mia malattia e vado a trovare la mammina » diceva.

Tuttavia, ubbidiente come sempre, prendeva le medicine che gli presentavano quelli che lo assistevano …

Il Giovedì 26 gennaio il Servo di Dio chiese: « Che giorno è oggi? » « Giovedì », gli fu risposto.

Riprese: « Giovedì, Venerdì … Sabato è l'ultimo. Che grande grazia mi ha fatto il Signore. Questa volta vado in Paradiso … ».

Vennero a visitarlo anche parecchi secolari e Fr. Teodoreto …

Vennero i catechisti, figli del suo cuore, Fra Leopoldo volle dare ad essi un'ultima dimostrazione del suo affetto.

Quando vide Giovanni Cesone accanto al suo letto si rivolse al P. Vallaro pregandolo di dare una benedizione speciale a lui e nella sua persona a tutti i suoi confratelli Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.

Ottenuta disse a Cesone: « Porti la benedizione a tutti i Catechisti presenti e futuri ».

Era la preoccupazione, l'interessamento del Padre verso i figli, che sta per lasciare definitivamente e che lascia eredi della sua idealità … ».

Nessuno pensava che il pericolo di morte fosse imminente e perciò non si credeva urgente amministrargli l'Estrema Unzione.

Ma egli insisteva che la Comunione gli fosse amministrata in forma di viatico e gli si desse l'Olio Santo; lo si dovette accontentare, il giovedì 26 dal P. Ernesto Ferrarotti, allora Vice-curato di S. Tommaso.

Appena ebbe ricevuto quanto gli stava a cuore, non finiva più di ringraziare e si dimostrava felice …

In uno di quei brevi giorni di malattia Fra Leopoldo disse di vedere davanti a sé gigli e rose bellissime.

"Mentre lo guardavo bene sul viso per notarne i cambiamenti" dice il P. Ernesto "lo vidi guardare due o tre volte in un canto del letto verso il muro, con un sorriso sfuggevole, come un lampo, quale mai avevo notato sul suo labbro".

Alle 13,30 di quel giovedì, improvvisamente Fra Leopoldo perdette la parola.

Rispondeva solo più con segni a quanto gli si diceva.

Dalle 22 fino alla morte, che avvenne alle ore 0,30 del venerdì rimasero ad assisterlo il P. Ernesto e Fra. Bernardino.

L'ultimo segno di vita fu quello sguardo e quel misterioso bellissimo sorriso or ora ricordato.

Quando pochi istanti dopo, P. Ernesto cerca di fargli prendere la medicina lo vede immobile e poi d'un tratto emettere due sospiri e piegare il capo come per prendere sonno.

Era spirato …

I catechisti lo vegliarono nella notte dal Venerdì al Sabato e poi chiesero il privilegio di portarlo essi dalla sala alla chiesa e la questa al carro funebre.

Nevicava abbondantemente e nessun avviso era stato diramato.

Eppure la chiesa di S. Tommaso era letteralmente gremita e molti dopo le esequie lo accompagnarono fino al camposanto.

In tutti gli intervenuti era la persuasione che non era morto soltanto un ottimo Religioso, ma un santo e questa persuasione confortava gli animi, perché se non potevano più andarlo a trovare per chiedergli consigli e preghiere, lo potevano ora pregare ».

Fra Leopoldo fu tumulato nella tomba dei Frati Minori al Camposanto Generale di Torino, ma nel 1947 le sue spoglie furono riportate a S. Tommaso e collocate nel Santuario di N.S. del S. Cuore, dove usava trascorrere lunghe ore in preghiera e dove ebbe rivelazioni e colloqui divini.

La sua causa di beatificazione, suscitata da un ampio movimento di devozione popolare, si iniziò nel 1941 e nel 1945 fu inoltrata a Roma, dove rimane in attesa del supremo responso.

Si dice che Roma non ha fretta.

In realtà è la Provvidenza che trae dall'ambra alcuni suoi servi per proporre le virtù all'imitazione dei fedeli, a seconda delle necessità dei tempi.

I santi non hanno alcun bisogno della gloria terrena, godendo già di quella celeste.

Siamo noi, che in questo esilio terreno abbiamo bisogno di luce e di incoraggiamento, di un continuo confronto, che ci serva di sprone, tra la nostra mediocrità e l'eroismo dei santi, di una traduzione del Vangelo in un linguaggio sempre più aggiornato alle nostre situazioni contingenti.

È la nostra debolezza che ha bisogno dell'abbondante soccorso che le viene da tanti e sempre nuovi intercessori.

Molti santi, senza dubbio, anche grandissimi, trascorsero la loro vita nell'ombra e compirono eroismi che saranno conosciuti solamente in cielo, giacché quelli che la Provvidenza di Dio mette sugli altari sono soltanto quelli che hanno una missione particolare ed un messaggio da consegnare al mondo.

Qual è dunque la ragione per cui Dio ha voluto esaltare l'umile cuoco di S. Tommaso?

Qual è il messaggio che egli è incaricato di portarci?

Possiamo ben tentare di dare una risposta a questi interrogativi, pur sapendo che sarà una risposta parziale, giacché i disegni di Dio sono sempre più grandi dei nostri pensieri, ed avvolti in un alone di mistero.

Quello di Fra Leopoldo è il messaggio di una vita pura ed austera, povera ed umile, ma straordinariamente ricca di amor di Dio nella contemplazione di Gesù Crocifisso e fervida di slancio apostolico.

Vita innocente, austerità, umiltà

Fra Leopoldo è una di quelle anime privilegiate che attraversano il cammino fangoso di questo mondo senza imbrattarsi e costituiscono il fiore degli eletti.

La famigliarità straordinaria che Gesù aveva con lui, esigeva senza dubbio una grande purezza di cuore, e Gesù stesso insisterà con il Servo di Dio.

« Io voglio vita innocente, voglio che si pratichi la castità per rendersi degni delle mie grazie, frutto purissimo ricavato dalla preghiera e dalla S. Comunione ».

Vi è forse un richiamo più necessario e più urgente in questa epoca di stomachevole erotismo?

Ma la purezza esige austerità di vita e noi ci adagiamo nella rilassatezza, favorita dal diffuso benessere.

Esige preghiera assidua e vita sacramentale e noi siamo frastornati e dissipati in mille maniere.

Soprattutto esige una sincera umiltà, e mai come oggi l'uomo è stato gonfio di autoesaltazione per le sue scoperte.

Quanto c'è bisogno di considerare sul serio degli esempi come quelli di Fra Leopoldo che condusse una vita di fatiche incessanti, di povertà e di rinuncie.

Il suo cibo era talora così scarso che c'è da chiedersi come facesse a sostenersi e il suo riposo così breve che senza un soccorso speciale egli non avrebbe potuto resistere.

« Alzati non oltre le tre e tre quarti o le quattro » gli dirà il Signore, nonostante che alla sera si trattenesse in preghiera fino a ora tarda.

Insieme alla mortificazione esterna Fra Leopoldo praticava quella interna, con una umiltà sincera e profonda, favorita pure da molte circostanze che la Provvidenza divina disponeva per rassodare sempre di più questa base.

Cosicché il Signore poté favorirlo di grazie tanto straordinarie.

Mio Dio e mio tutto

Solo l'umile è sapiente, perché sa davvero che la creatura è nulla e tutto viene da Dio.

Per questo Fra Leopoldo fu così ricco di sapienza da venir consultato da tutti.

Solo l'umile è grande perché Dio esalta gli umili e perciò proprio all'umile frate cuoco di S. Tommaso viene preparata l'esaltazione.

In questa frase si può sintetizzare uno dei lineamenti fondamentali di Fra Leopoldo.

Era già la parola d'ordine del suo patriarca S. Francesco, e prima ancora il grido di S. Paolo: "Considero ogni cosa come iattura a confronto del vantaggio sovraeminente che è la conoscenza di Cristo Gesù".

Tutta la vita di Fra Leopoldo è lavoro incessante, grande povertà e sacrificio, senza alcuna soddisfazione umana.

Spesso anche contraddizioni e dolori.

A quei tempi il lavoro umano era sfruttato e mal retribuito, il distacco tra abbienti e poveri grandissimo.

In una dolorosa circostanza Fra Leopoldo non poté nemmeno difendersi da un'attroce calunnia e dovette abbandonare Vercelli per venire a Torino.

Ricordate le riflessioni di D. Rodrigo sul suoi perseguitati: "Chi si cura di costoro? Chi gli darebbe retta? Chi sa che ci siano? … gente di nessuno".

Nel secolo XIX le cose non erano poi tanto cambiate per i poveri rispetto al secolo XVII.

Eppure Fra Leopoldo era sempre lieto, anzi era noto a tutti il suo buon umore e desiderata la sua conversazione che sempre rasserenava.

Il segreto di Fra Leopoldo era il suo amore a Gesù, che riempiva tutta la sua esistenza, che tutta la illuminava e la rallegrava.

Fra Leopoldo aveva un temperamento sensibile.

Ma la SS. Vergine gli dirà un giorno: "Figlio mio, per quanto ti facciano profonde ferite al cuore le spine a cui vai incontro, renditi superiore e abbi sempre pace nel cuore".

Una coscienza pura, un'anima innocente come la sua è senza dubbio sorgente di gran pace e serenità; ma Fra Leopoldo aveva in più un'intima amicizia col Signore.

Assai presto aveva capito che "una cosa sola è necessaria", e che Dio solo può saziare il cuore dell'uomo e che il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto, per acquistare il quale bisogna vendere tutto.

Ed egli, vero sapiente, vero povero in spirito, non aveva esitato a lasciare tutto per mettere il suo cuore in Dio solo.

Non è vero che ciò sia una cosa facile, neanche per i poveri, anzi nemmeno per coloro che si sono consacrati a Dio, che spesso si trovano impigliati dietro coserelle.

Forse Fra Leopoldo non conobbe gli scritti di S. Giovanni della Croce e i suoi terribili "nada" e "todo", però, ammaestrato da Gesù stesso in modo ammirabile, raggiunse la perfetta libertà dello spirito e praticò l'amor puro.

Se c'è un richiamo di cui abbiano bisogno gli uomini di oggi, deviati da falsi miraggi, talmente da aver perduto perfino il senso della vita è proprio questo.

Intimità con Dio

La vita dell'uomo dipende dall'idea che egli si fa di Dio.

È difficile all'uomo percepire la verità senza qualche sfumatura di errore, e perciò la storia della Chiesa è tutta una lotta contro l'errore.

Fra Leopoldo illuminato da Dio, è come un diapason della vita spirituale, che richiama tutti al tono giusto.

Contro l'astrattismo e l'intellettualismo, contro ogni giansenismo, contro ogni presunzione o diffidenza o tiepidezza egli porge l'esempio di una religione vera, e di un rapporto di amore purissimo tra persona umana e persona divina, di una donazione totale e perpetua, di una "intimità molto stupenda" come direbbe l'autore dell'Imitazione di Cristo, e che sperimenta le più alte forme mistiche.

Chissà se egli avrà letto il Cantico dei Cantici?

Eppure il suo rapporto col Signore è simile a quello descritto in questo libro sacro: amore che comprende e oltrepassa tutte le forme dell'amore umano - amore di figlio, di amico di sposo -: la perfezione dell'amore.

Fin da quando era ancor secolare si sentì dire da Gesù: "Tra me e te in avvenire ci sarà una grande intimità".

Non è che prima d'allora non ci fosse intimità, ma questa doveva stringersi sempre più ed assumere quelle manifestazioni sensibili di cui sono pieni di quaderni di Fra Leopoldo.

Un'intimità che è partecipazione di pensieri, di affetti, di interessi, di attività, di sofferenze, in attesa della visione eterna: "Il mio vivere è Gusto è la mia morte un guadagno".

Egli non lo disse nei medesimi termini, ma l'idea fu certo la stessa che ebbe S. Teresa quando vide la morte appressarsi: "Signore, era tempo che ci vedessimo".

Con una tale intimità divina che cosa può ancor temere l'uomo?

E di che cosa non sarà ancora capace?

E dove trovare un ideale più alto e felicità maggiore su questa terra?

La devozione a Gesù Crocifisso

Senza dubbio furono molti i santi, se non tutti, che fecero di Gesù Crocifisso il centro della loro vita, che si affacciarono a questo abisso di amore e di dolore e ne rimase stupefatti, estasiati e come travolti da un incontenibile amore, a cominciare da S. Giovanni Evangelista ai piedi della croce con la SS. Vergine Addolorata, da S. Paolo Apostolo che dichiarava di non conoscere altra cosa fuorché Cristo e Cristo Crocifisso, da S. Francesco d'Assisi che per primo portò nel suo corpo le stigmate di Gesù e andava gridando: "l'amore non è amato".

Perché Gesù Crocifisso è l'ultima e più sublime rivelazione che Dio abbia fatto di sé, è il centro e la sintesi del cristianesimo, nonché il suo fondamento, nonché il suo emblema, la più alta ispirazione e sorgente della santità, la radice di ogni eroismo più alto e di ogni vera consolazione.

Ma come ogni uomo ha la sua personalità e il suo stile con le sue sfumature, così l'amore a Gesù Crocifisso non si esprime mai allo stesso modo.

L'amore a Gesù Crocifisso è caratteristico in Fra Leopoldo.

Anima semplice e priva di cultura umana, ma pura e ardente.

Fra Leopoldo ebbe intuizioni teologiche altissime e molta sapienza, per cui divenne maestro di spirito.

E la sua sapienza era Gesù Crocifisso.

Egli si chinava amorosamente sull'"amabilissimo" Signore Gesù Crocifisso, ne contemplava le piaghe ad una ad una e si immergeva in questa contemplazione per molte ore del giorno e della notte, struggendosi di compassione, di amore e di dolore.

Ma ne considerava anche l'esaltazione in cielo e l'immenso fiume di redenzione scaturita da quelle piaghe, in cui avrebbe voluto immergere tutta l'umanità.

L'atteggiamento di Fra Leopoldo è quello dell'adorazione, cioè il culto di latria, l'inabissarsi della creatura davanti a Dio: "adoro profondamente prostrato".

In quell'uomo straziato dai più atroci tormenti, quasi non più un uomo, ma un verme, egli riconosce il suo Dio fatto vittima dei peccatori.

« Gesù crocifisso, scandalo per i giudei e follia per i pagani, ma per quelli che sono chiamati Cristo Potenza e Sapienza di Dio ».

Un'adorazione però piena di amore, di gratitudine e di meraviglia, in unione con Maria SS. con tutti gli Angeli e i Santi del Cielo per glorificare Dio e presentargli tutta l'umanità e ottenerne la riconsacrazione, la restaurazione, la liberazione da tutte le necessità.

Insieme a tutta la Chiesa militante, purgante e trionfante presente a Dio in una visione ecumenica che non ammette particolarismi, e non tollera compromissioni col male Fra Leopoldo esprime la sua ansia apostolica e presenta la sua assidua preghiera per tutte le necessità del mondo, affinché la redenzione di Gesù non sia vana per nessuno.

Oltre a questa ansia apostolica c'è in Fra Leopoldo una viva sollecitudine riparatrice.

Egli non si da pace per l'ingratitudine degli uomini verso il loro Redentore, si duole della freddezza anche dei consacrati e passa lunghe ore del giorno e della notte a fare riparazione.

Mentre fuori gli uomini si consumano dietro le loro cupidigie e riempiono il mondo di ingiustizie d'ogni genere, questo frate nel silenzio del suo convento offre l'olocausto della sua vita pura, delle sue sofferenze nascoste e della sua preghiera incessante, affinché l'amore sia riamato e la sciagurata creatura umana sia risparmiata.

Ancora a tutti gli uomini d'oggi incorreggibilmente solleciti dei soli loro interessi personali, Fra Leopoldo ricorda che prima di tutto vengono gli interessi di Dio, che la colpa prima di essere un male degli uomini è un'offesa di Dio, e che urge il dovere della riparazione per le colpe proprie e quelle di tutti.

Fra Leopoldo poteva dire in tutta verità, con S. Paolo, di non conoscere altra cosa fuorché Gesù e Gesù Crocifisso e di partecipare alla sua passione con molta pazienza.

Gesù Crocifisso deve tornare al centro dell'attenzione umana, tanto nella vita privata che nella vita sociale, nella Chiesa, nella Teologia, nella Liturgia, e allora sarà ricomposta la gerarchia dei valori e l'armonia delle cose, perché tutto è da Lui, per Lui e in Lui.

Devozione a Maria SS. ma

Nella prima parte della vita di Fra Leopoldo la devozione alla SS. Vergine è predominante.

È la SS. Vergine che guida Fra Leopoldo verso il Crocifisso.

In una visione del 1887 la SS. Vergine Addolorata gli apparve in atteggiamento mestissimo e gli disse: « Ricordati di ciò che ha sofferto mio figlio ».

È la SS. Vergine che lo guarì da un malattia mortale l'8 maggio 1899, mentre tutti lo davano ormai spacciato.

Apparendogli con il bambino Gesù in braccio gli disse: « Alzati, la grazia della tua guarigione è fatta ».

Ed egli, pieno di riconoscenza, le le promise di consacrare tutto il rimanente della sua vita a Lei ed a Gesù.

Ed è questa tenerissima madre che lo accompagna e lo guida in tutta la sua vita, gli parla sensibilmente durante le veglie notturne nella cappella a lei dedicata sotto il titolo di N.S. del S. Cuore di Gesù, lo ammonisce, lo istruisce, lo consola, lo incoraggia.

Essa viene perfino ad aprire e richiudere la porta che dal convento mette nella chiesa, perché Fra Leopoldo, che non ha la chiave, possa fare la sua notturna adorazione.

Gran parte dei detti contenuti nei quaderni di Fra Leopoldo sono di Maria SS. e Fra Leopoldo ebbe sempre per lei il più filiale affetto ( la chiamava la mammina ), la più profonda e fedele devozione, indisgiungibile da quella di Gesù Crocifisso.

Zelo

Se la carità è la fiamma lo zelo ne è il raggio.

Chi ama diviene attivo a propagare la sua fiamma.

Chi ama Dio ama anche il prossimo e si fa tutto a tutti.

E Fra Leopoldo non poteva perciò non diventare apostolo.

Fin da quando era secolare, non si lasciò sfuggire occasione per fare del bene.

Il suo esempio era notato e faceva impressione; la sua affabilità e dolcezza conquistavano i cuori; la sua conversazione era un efficacissimo apostolato.

Dice Fr. Teodoreto che la conversazione con Fra Leopoldo produceva un fervore spirituale paragonabile a quello che si ricava da un corso di Esercizi Spirituali ben fatti.

È per questo che tante persone andavano a visitarlo a S. Tommaso, meragliando i suoi confratelli che non Capivano perché tanta gente venisse in convento a cercare un frate laico illetterato.

Fra Leopoldo prendeva anche delle iniziative, come quando a Viale d'Asti, ancora cuoco presso la famiglia Caissotti di Chiusano, riuscì a ravvivare la vita religiosa in tutto il paese.

Ma le opere sue più notevoli furono la diffusione della devozione a Gesù Crocifisso e la collaborazione con il Servo di Dio Fr. Teodoreto nella fondazione dell'Unione Catechisti e della Casa di Carità Arti e Mestieri.

« Leopoldo, la tua missione, è quella di far penetrare la devozione - adorazione al SS. Crocifisso in tutte le famiglie cristiane ».

Così gli dirà la SS. Vergine: « Un numero immenso, incalcolabile di anime andranno salve per questa divozione, e tu ne avrai il merito ».

Scrive F. Teodoreto: « Alternando le preghiere vocali con l'orazione mentale più affettuosa, Fra Leopoldo, quasi senza accorgersene, venne a comporre, sotto la guida di Gesù Crocifisso, una nuova formula di preghiera, che egli stesso scrisse e propagò fra le persone di sua conoscenza ».

Queste persone erano i primi Zelatori.

Una di esse presentò la devozione a Fr. Teodoreto: i piani di Dio si attuavano senza che alcuno lo notasse.

Tr. Teodoretó era come un terreno fertile e seminato, che attende solo la pioggia per germogliare e fruttificare in ricca messe e Fra Leopoldo con la devozione a Gesù Crocifisso e poi con una serie di comunicazioni da parte di Dio rappresentò questa pioggia fecondatrice.

L'eredità di Fra Leopoldo passava ai Fratelli delle Scuole Cristiane e all'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, da essi fondata; essa si rendeva stabile e acquistava un organo per espandersi in tutto il mondo.

« È mio desiderio che passi ai Fratelli delle Scuole Cristiane ciò che io ho cooperato per mezzo tuo » gli dirà il Signore.

L'eredità leopoldiana comprende tre cose, fra loro strettamente congiunte: la devozione a Gesù Crocifisso, l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata, la Casa di Carità Arti e Mestieri.

La prima è opera strettamente personale di Fra Leopoldo, le altre due sorsero in collaborazione con i Fratelli ed i catechisti, ma Fra Leopoldo vi diede la forma.

La devozione venne tradotta in molte lingue ed è tuttora diffusa in tutto il mondo, compiendo un'azione silenziosa, ma indispensabile, di fermentazione della pietà cristiana.

La Chiesa, dopo di averla approvata e indulgenziata, l'ha ufficialmente recepita nella raccolta "Preces et pia opera indulgentiis ditate".

E se anche è mutata la disciplina delle indulgenze, rimane sempre il riconoscimento che l'inclusione in quella raccolta comporta.

Oggi tutte le devozioni private soffrono di una specie di eclisse, ma è un momento di debolezza nel pensiero religioso, che passerà presto, perché le divozioni serie sono indispensabili alla vita di pietà e chi le pratica contribuisce anche ad un ritorno della genuina vita cristiana.

Dice il Concilio Vaticano II: « La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia.

Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, è sempre tenuto a entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto; anzi, secondo l'insegnamento dell'Apostolo, è tenuto a pregare incessantemente » ( Cost. Sacra Liturgia, N. 12 ).

L'Unione Catechisti è cresciuta tra difficoltà e contraddizioni di ogni genere ed è ancora lontana da quello sviluppo che prometteva Fra Leopoldo, quantunque abbia delle ramificazioni fuori Torino e anche all'Estero.

Ma intanto il suo sviluppo è stato qualitativo, raggiungendo la forma di Istituto Secolare, e cioè di vita di perfezione, e inoltre essa è sempre stata come una bussola di orientamento per coloro che si occuparono di Azione Cattolica, come confessava la buon'anima del can. Pittarelli.

Può darsi che alcune predizioni di Fra Leopoldo abbiano ancora da avverarsi e può anche darsi che siano condizionate alla corrispondenza degli uomini.

Certo si è che le direttive leopoldiane quando furono eseguite diedero ottimi frutti.

Tra questi frutti c'è la Casa di Carità Arti e Mestieri, istituzione unica nel suo genere, che umanamente non si spiega, ma che sempre più fiorisce nella perfetta fedeltà dei suoi fondatori.

Proposta ai Fratelli delle Scuole Cristiane, non solo come opera singola, ma ancora come criterio di orientamento delle loro opere e dei loro metodi educativi, non poté essere attuata per difficoltà e collusioni esterne allora insuperabili. Fra Leopoldo che tanto si era adoperato per quest'opera, che riteneva voluta da Dio, ne ebbe un vivissimo dolore e morì con questa spina nel cuore.

Anzi a causa dei dissensi sorti a motivo di essa fu richiamato dai suoi superiori e proibito di ricevere visite, e perfino credette di essere abbandonato dal Fr. Teororeto e di aver perduto la sua fiducia.

Era il calvario.

Non poteva l'apostolo di Gesù Crocifisso non morire sul Calvario.

La Casa di Carità poi venne realizzata dopo la morte di Fra Leopoldo dai catechisti, senza che quasi se lo fossero proposto, ma come sviluppo naturale del loro apostolato catechistico.

E se questa è una prova che nessuno può fermare i disegni di Dio, è anche una prova di quanto Fra Leopoldo avesse veduto giusto e fa sperare negli sviluppi futuri.

Carismi

Fra Leopoldo ebbe doni singolari, in vista della sua particolare missione.

Il cibo ed il riposo insufficienti, durante tanti anni non avrebbe potuto essere sopportato senza una grazia speciale.

Le lunghe ore di preghiera durante la notte, dopo tutte quelle diurne e dopo lo sfibrante lavoro quotidiano erano sostenute senza dubbio da un dono straordinario.

La particolarissima unzione spirituale e l'efficacia soprannaturale delle sue conversazioni erano qualcosa di più della comune edificazione che emana dalle anime fervorose, in misura più o meno grande a seconda della loro unione con Dio.

Ma dove maggiormente risalta il carattere straordinario è nella manifestazione sensibile della presenza di Gesù e di Maria in quotidiani colloqui, da lui trascritti in voluminosi quaderni, per ordine di Gesù stesso, contenenti una vera ricchezza di insegnamenti spirituali.

In questi scritti specialmente è contenuto e illustrato il messaggio di Fra Leopoldo.

È notevole il fatto, e venne già rilevato ampiamente, che tali scritti, i quali trattano di altissimi argomenti di vita spirituale, e sono opera di un uomo la cui istruzione si era fermata alla 2' classe elementare, contengono bensì abbondanti errori di ortografia e di sintassi, ma nessun errore dottrinale, neppure una sfumatura di inesattezza.

È evidente la presenza di una viva luce interiore, proveniente non da studi, ma da una grazia infusa.

Conclusione

La ricorrenza di questo cinquantenario è un invito a studiare il messaggio di Fra Leopoldo, che non potrebbe essere celebrato in modo migliore.

Dio voglia che siano molti ad approfittare della luce e dell'impulso al bene che da esso deriva e che l'apostolato di Fra Leopoldo continui dal cielo, in misura più ampia, ravvalorato dalla sua intercessione.

E che le opere da lui ispirate e promosse fioriscano come un monumento alla sua gloria e una sorgente di vita per molti.

C.T.