Nel mondo, ma non del mondo

B197-A3

« Padre, non chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li guardi dal male ».

Come emblema programmatico queste parole1 ) si stagliano sul frontespizio della Regola dei Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata, tratte dal Vangelo di San Giovanni, al Capitolo XVII, versetto 15.

La traduzione in lingua italiana può avere diverse sfumature.

Quella della Conferenza Episcopale Italiana dice: « Non chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno »;

Mons. Galbiati: « Non chiedo che li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male »,

Vanetti S. I.: « Non domando che li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno »;

De Ambrogio S. D. B.: « Io non ti prego di ritirarli dal mondo, ma di difenderli dal maligno ».

Bisogna comunque rifarsi al discorso di Gesù dell'ultima cena, nella parte centrale del discorso sacerdotale.

Gesù sta per lasciare i suoi discepoli e ritornare al Padre.

Ma i discepoli resteranno nel mondo.

"Perché amici di Gesù, essi saranno odiati e combattuti come Lui.

Continuerà nella loro vita il dramma della luce ( bene ) e delle tenebre ( male ).

Continuerà in loro il grave giudizio di Gesù contro il mondo cioè quell'insieme di forze intellettuali e morali, alleate con l'Inferno contro Dio ed il suo Cristo, e quindi, irriducibilmente cattive.

Lo Spirito Santo, ultimo dei grandi testimoni, come il Padre e il Figlio, proclamerà nel cuore dei discepoli la condanna del mondo e la vittoria di Gesù e renderà i discepoli stessi capaci di essere veri testimoni.

Ora « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » ( Gv 3,16 ), ma fin dal proemio di S. Giovanni, è detto: « Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo suo, e il mondo non l'ha conosciuto » ( Gv 1,10 ).

Gesù non è del mondo ( Gv 8,23; Gv 17,14 ) e neppure il suo regno ( Gv 18,36 ).

La sua potenza viene da Dio e non dal principe di questo mondo ( Lc 4,5-8 ), perché questi non ha alcun potere su di Lui ( Gv 14,30 ).

Perciò il mondo lo odia; dal canto suo Egli, Gesù, è « la luce del mondo, egli apporta la vita, è venuto dal cielo in terra per salvarlo.

È un odio, quello del mondo, inteso come forza antitetica al Cristo, folle, irragionevole, negatore e distruttore, e che infine provoca la condanna a morte di Gesù.

Ma da questo istante la situazione si capovolge e allora ne consegue il giudizio del mondo e la caduta del suo principe, e la vittoria di Cristo sul mondo malvagio.

Infatti Gesù, accettando con un atto supremo di amore la volontà del Padre, ha lasciato il mondo per ritornare al Padre, dove siede ormai nella gloria e di dove dirige la storia ( Ap 5,9 ).

Nonostante le forze sataniche, Gesù ha realizzato il fine per cui era venuto in terra: morendo ha « tolto il peccato del mondo », ha dato la sua carne per la vita del mondo ( Gv 6,51 ).

E il mondo creatura di Dio caduta sotto il giogo di Satana, è stato riscattato dalla sua schiavitù, e lavato dal sangue di Gesù.

Egli nel quale, tutte le cose erano state create ( Col 1,16 ), è stato stabilito dalla sua risurrezione « capo della nuova creazione »: Dio ha posto tutto ai suoi piedi ( Ef 1,20ss ) riconciliando in Lui tutti gli esseri e ricostituendo l'unità dell'universo.

In questo mondo nuovo la luce e la vita circolano ormai in abbondanza: sono date a tutti coloro che hanno fede in Gesù.

Tuttavia il mondo presente non ha ancora avuto termine.

La grazia redentiva agisce in un universo sofferente.

La vittoria di Cristo non sarà completa che il giorno della sua manifestazione gloriosa, quando consegnerà tutte le cose al Padre suo ( 1 Cor 15,25-28 ).

Fino allora l'universo rimane in attesa di un parto doloroso ( Rm 8,19 ): quello dell'uomo nuovo nella sua nuova statura ( Ef 4,13 ), quello di un mondo nuovo che succede definitivamente all'antico ( Ap 21,4s ).

In rapporto al mondo i cristiani si trovano nella stessa situazione complessa in cui si trovava Gesù durante il suo passaggio in terra.

Non sono del mondo ( Gv 15,19; Gv 17,17 ); e tuttavia sono nel mondo ( Gv 11,11 ), e Gesù non prega il Padre di ritirameli, ma soltanto di custodirli dal male ( Gv 17,15 ).

La loro separazione nei confronti del mondo malvagio lascia intatto il loro compito positivo nei confronti del mondo da redimere ( 1 Cor 5,10 ).

Anzitutto separazione: il cristiano deve custodirsi immacolato dal mondo ( Gc 1,27 ); non deve amare il mondo ( 1 Gv 2,15 ) perché l'amicizia per il mondo è inimicizia contro Dio ( Gc 4,4 ).

Evitando di modellarsi sul secolo presente, rinunzierà quindi alla triplice concupiscenza ( 1 Gv 2,16 ).

In una parola, il mondo sarà crocifisso per lui ed egli per il mondo ( Gal 6,14 ), se ne servirà come se non se ne servisse ( 1 Cor 7,29ss ).

Questo è un distacco profondo, che evidentemente non esclude i beni di questo mondo conforme alle esigenze della carità fraterna ( 1 Gv 3,17 ).

Ma da un altro lato ecco la missione positiva del cristiano dinnanzi al mondo attualmente prigioniero del peccato.

Come Cristo è venuto per rendere testimonianza alla verità, così il cristiano è inviato nel mondo per rendere una testimonianza che è quella di Cristo stesso.

L'esistenza cristiana, che è tutto l'opposto di una manifestazione spettacolare, rivelerà agli uomini il vero volto di Dio.

Vi si aggiungerà la testimonianza dei predicatori del Vangelo che hanno ricevuto l'ordine di annunciarlo al mondo intero.

Ma il mondo si leverà contro di essi, come si è levato contro Gesù, cercando di riconquistare coloro che fossero sfuggiti alla sua corruzione.

Così ci ammonisce S. Pietro nella sua seconda lettera.

In questa guerra inevitabile l'arma della lotta e della vittoria sarà la fede ( 1 Gv 5,4 ).

La nostra fede - dice S. Giovanni - vincerà il mondo, finché durerà il tempo presente, non c'è da sperare che questa tensione tra il mondo e i cristiani sparisca del tutto, anche se ci sono periodi della storia umana come l'attuale in cui pare sia più forte.

Fino al giorno della separazione definitiva, sudditi del Regno e sudditi del maligno rimarranno mescolati come la zizzania ed il grano, nel campo di Dio, che è il mondo creato.

Ma fin d'ora comincia ad operarsi il giudizio nel segreto del cuori, che si paleserà pubblicamente nel dì supremo, quando Dio giudicherà i buoni ed i cattivi.

Per la comprensione di questa situazione di lotta e di sofferenza, di antinomia e di contradditorietà, ci può soccorrere uno scritto del Cristianesimo nascente, che si pone dal 150 al 200 d. C., di una bellezza e freschezza davvero singolari, denominato « La lettera a Diogneto ».

I cristiani - dice la lettera - per dirla in una frase, sono nel mondo ciò che l'anima è nel corpo.

L'anima è diffusa in tutte le parti del Corpo: anche i Cristiani lo sono nelle città del mondo.

L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo: anche i Cristiani si sa che sono nel mondo, ma non provengono dal mondo.

L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; anche i Cristiani si sa che sono nel mondo, ma la loro pietà rimane invisibile.

La carne odia l'anima e le fa guerra, senza averne ricevuto ingiurie, ma solo perché le proibisce di godere dei piaceri; anche il mondo odia i Cristiani, che non gli hanno fatto alcun torto, ma solo perché essi si oppongono ai piaceri.

L'anima ama la carne, che l'odia, e le membra; anche i Cristiani amano coloro che li odiano.

L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa stessa sostiene il corpo; anche i Cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma essi sono quelli che sostengono il mondo.

L'anima Immortale abita in una tenda mortale; anche i Cristiani dimorano come pellegrini tra le cose che corrompono, in attesa dell'incorruttibilità dei cieli.

Maltrattata nei cibi e nelle bevande, l'anima si fa migliore; anche i Cristiani, perseguitati, si moltiplicano di giorno in giorno.

Circa i costumi morali dei Cristiani la « Lettera a Diogneto » dice: « I Cristiani si sposano come tutti gli altri ed hanno figli, ma non espongono i neonati.

Hanno comune la mensa, ma non il letto.

Vivono nella carne, ma non secondo la carne.

Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo.

Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro tenore di vita superano le leggi.

Amano tutti e da tutti sono perseguitati.

Non sono conosciuti e vengono giudicati; sono condannati a morte ed essi ne ricevono vita.

Sono mendichi e fanno ricchi molti; sono privi di tutto, e dì tutto abbondano.

Sono disprezzati, e nel disprezzo trovano gloria; sono coperti di infamie e trovano giustificazione.

Sono ingiuriati e benedicono; si insolentisce contro di loro ed essi trattano con riverenza ».

Ora ai giorni nostri qual è la tattica da seguire per essere nel mondo e non del mondo?

Si può dire che tale condotta è sempre ispirata agli stessi principi del passato ed interessa le virtù cardinali e teologali, nonché i doni dello Spirito Santo.

Tra le virtù una parte preponderante l'ha la prudenza, la quale regola la stessa carità, che pure è la regina delle virtù.

Al riguardo può essere utile la riflessione su parabole evangeliche concise, ma dense d'insegnamento.

« E chi di voi volendo innalzare una torre, non calcola prima a tavolino le spese che si richiedono, per vedere se ha l'occorrente a compirla, affinché, gettate le fondamenta e non potendola finire, tutti quelli, che guardano, non comincino a burlarsi di lui e non dicano: "Costui ha cominciato a fabbricare e non ha potuto finire?".

O qual re in procinto di muover guerra ad un altro re, non pensa prima posatamente se con diecimila uomini possa affrontare chi gli viene incontro con ventimila? ».

Il Santo Padre si domanda: Che cosa dunque dobbiamo fare? Non è facile rispondere in breve!

Potremmo rimandare la vostra ben giustificata curiosità allo studio di quel trattato sulla vita moderna, che è la « Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo », la celebre « Gaudium et Spes » che il Concilio ha lasciato in eredità alla nostra e certo alle future generazioni: noi pensiamo che tale Costituzione contenga un'immensa ricchezza d'insegnamento di grande attualità e di alta sapienza.

Potrebbe essere uno dei buoni propositi dell'Anno Santo di rileggere, meditare, commentare appunto la « Gaudium et Spes »; vale per tutti.

Se possono bastare ai fini di questa breve esortazione giubilare alcune raccomandazioni, noi vi diremo:

1°) ascoltare la voce, i « segni dei tempi » ( Mt 16,4 ); cerchiamo di renderci conto di ciò che avviene, e delle idee che muovono il mondo; a questo scopo, la lettura della cosiddetta « buona stampa » è provvida e in un certo senso indispensabile;

2°) educarci ad un giudizio critico delle cose ( 1 Ts 5,21 );

insegna S. Paolo: « tutto esaminate, ritenete db che è bene; e

3°) ricordiamoci che l'essere distinti da ciò che chiamiamo mondo, non ci separa dal mondo in senso positivo, cioè dall'umanità, anche nei suoi aspetti manchevoli o deplorevoli o bisognosi del grande lume della verità e del benefico farmaco della carità; in uno dei più antichi e dei più belli documenti della tradizione cristiana, l'epistola a Diogneto, si legge: Per dir tutto in una parola: ciò che è l'anima nel corpo, questi sono nel mondo i Cristiani ( VI,1 ).

Valga questa parola per noi, e valga per orientare, secondo lo spirito del Concilio e dell'Anno Santo, il nostro atteggiamento, il nostro confronto col mondo contemporaneo.

« Tanto alto è il posto che ai Cristiani assegnò Dio, ne a loro è lecito abbandonarlo ( a Diogneto VI, 1-10 ).

Il monito della « Lettera a Diogneto » ci richiama a due articoli della Regola dei Catechisti, che c'impegnano a contribuire al bene ed al progresso del mondo, inteso nella sua realtà creata da Dio ( cosmo ed umanità ), senza essere del mondo, inteso come regno del maligno e dei suoi alleati.

Li trascriviamo perché possono essere utili alla meditazione nostra ed altrui:

Art. 14-1 Catechisti trovano nella professione religiosa un nuovo argomento per adempiere i doveri familiari e per essere cittadini coscienti, retti ed attivi, ispirandosi all'insegnamento della Chiesa Cattolica.

Art. 15 - « I Catechisti si sforzano di acquistare la massima competenza nella loro civile professione, di adempierne perfettamente e fedelmente i doveri, con profondo spirito cristiano e religioso, in modo da non trascurare nulla di quello che riconoscono essere la volontà di Dio ».

P. Bagna

1 L'articolo fa eco al discorso del Papa all'udienza generale dimercoledì 30 aprile u.s. « Orientare l'Anno Santo secondo lo Spirito del Concilio ».


La Confessione frequente resta una sorgente privilegiata di santità, di pace e di gioia.

Paolo VI ( esortazione apostolica sulla gioia )