La conclusione dell'anno Santo

B198-A1

L'Omelia del Papa Paolo VI nella notte del Natale 1975

Figli della Chiesa!

Fratelli nel mondo!

Ascoltate ora la parola conclusiva dell'Anno Santo.

Noi lo abbiamo iniziato, invocando la misericordia di Dio sopra di noi, sopra la Chiesa, sopra il mondo.

Noi abbiamo dato a quel rito dell'apertura della Porta Santa un duplice significato simbolico, ma tremendamente reale, quello della necessità d'ottenere un perdono, senza del quale una barriera di disperazione ostacolerebbe il nostro ingresso nel tempio di Dio.

Noi abbiamo infatti riconosciuto la nostra angosciosa ed esistenziale necessità di ricomporre il nostro rapporto normale e felice col Dio vivente;

noi abbiamo spiritualmente sperimentato così la nostra incapacità assoluta a riallacciare da soli in amicizia vitale tale indispensabile rapporto;

noi abbiamo rasentato con la vertigine della paura l'abisso d'una fatale rovina;

noi abbiamo osato, noi uomini di questo splendido e babelico secolo, trepidanti e coraggiosi, battere ancora alla porta, da noi stessi deserta, della casa paterna, cioè della reviviscenza all'economia del Vangelo, quella della riconciliazione con l'armonia primaria, con Te, o Dio della giustizia e della bontà.

Noi lo ricorderemo per sempre: un atto, un patto di religione ha cercato di ricollegare, con esito positivo, questa nostra vita, cosiddetta moderna, la nostra vita attuale, storica, civile, qualunque sia, negatrice, scettica, aberrante, indifferente, ovvero ancora pia e fedele, con Te, Dio, prima, vera, unica, ineffabile sorgente della Vita, che non si spegno, e che dovunque risplende.

Tu sei, o Dio, per ogni verso. Necessario.

Tu sei oggi nostro, o Dio, insostituibile. Dio mistero di pace e di beatitudine.

Noi lo confessiamo: noi abbiamo curvato le nostre fronti folli d'orgoglio, di sufficienza, e d'insipienza, ed abbiamo rigenerato nell'umiltà sincera e sapiente la nostra coscienza davanti alle esigenze del messaggio del Regno di Dio.

La metanoia cristiana, che al bivio dell'indirizzo direttivo dell'esistenza, guida i passi dell'uomo nel senso esatto della salvezza, ha determinato la nostra scelta, che il battesimo, per chi fra noi è cristiano, aveva già deliberata; ora è confermata; e lo sarà sempre.

Siamo convertiti cristiani.

Ed è questo il secondo significato che per noi ha assunto l'Anno Santo: La Fede è la vita.

È la Vita, perché raggiunge Te, o Dio, sia pure sulla riva limite della nostra capacità di conoscere e di amare.

Te, oceano dell'Essere, pienezza superante e incombente d'ogni Esistenza, ciclo dell'insondabile profondità, non solo della terra e del cosmo, ma pari solo a Te stesso, infinito oltre lo spazio, Padre di tutto quanto esiste.

La Vita sei Tu, Dio sospeso come una lampada beatificante sulla penombra della nostra balbettante esperienza, a contatto con il mondo, con la storia, con la nostra stessa misteriosa solitudine interiore, tanto più bisognosa di codesta luce sovrana, quanto più vasto e incognito è il panorama che la scienza e la civiltà aprono al nostro avido e sempre miope sguardo.

Ed anche questo rimarrà.

Noi trarremo dalla Fede - di cui Cristo, Parola del Padre, è sorgente - la luce supplementare di cui il sapere umano ha bisogno per procedere libero e fidente, nel suo progrediente cammino, lieto di poter alternare lo studio razionale e sperimentale, guidato da suoi autonomi principi, con la preghiera, sì, questo gemito, questo canto dell'anima che li conferma quel principi li integra e li sublima.

L'uomo nuovo di questo Anno Santo non dimenticherà dunque la preghiera, e a questo linguaggio innocente dei figli di Dio, ricondurrà la infantile memoria; la Chiesa gli sarà coro e maestra.

E dove andremo noi ora nell'ebbrezza di ricuperata e sempre incipiente beatitudine, di questa pace, ch'è tutta energia ed impulso all'effusione più prodiga e più fraterna?

Comprenderemo noi, o Cristo, fatto pastore davanti ai nostri passi frettolosi di toccare fin d'ora, nel periodo così breve e fugace, riservato al nostro esperimento di tuoi autentici seguaci, una meta degna e concreta, comprenderemo noi il "segno dei tempi", ch'è l'amore a quel prossimo, nella cui definizione Tu hai racchiuso ogni uomo bisognoso di comprensione, di aiuto, di conforto, di sacrificio, anche se a noi personalmente ignoto, anche se fastidioso ed ostile, ma insignito dall'incomparabile dignità di fratello?

La sapienza dell'amore fraterno, la quale ha caratterizzato in virtù ed in opere, che cristiana sono giustamente qualificate, il cammino storico della santa Chiesa, esploderà con novella fecondità, con vittoriosa felicità, con rigenerante socialità.

Non l'odio, non la contesa, non l'avarizia sarà la sua dialettica, ma l'amore, l'amore generatore d'amore, l'amore dell'uomo per l'uomo, non per alcun provvisorio ed equivoco interesse, o per alcuna amara e mal tollerata condiscendenza, ma per l'amore a Te; a Te, o Cristo scoperto nella sofferenza e nel bisogno di ogni nostro simile.

La civiltà dell'amore prevarrà nell'affanno delle implacabili lotte sociali, e darà al mondo la sognata trasfigurazione dell'umanità finalmente cristiana.

Così, così si conclude, o Signore, questo Anno Santo; così o uomini fratelli riprenda coraggioso e gioioso il nostro cammino nel tempo verso rincontro finale, che fin d'ora mette sulle nostre labbra l'estrema invocazione: Vieni, o Signore Gesù.