Il congresso Eucaristico Internazionale di Filadelfia

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Nella settimana dal 1° all'8 Agosto 1976 si è celebrato a Filadelfia ( U.S.A. ) il 41° Congresso Eucaristico Internazionale, che assunse una grandiosità degna davvero del grande paese che lo ospitava.

In America tutto raggiunge proporzioni gigantesche; e tutte le manifestazioni del Congresso furono imponenti, tali che in Europa non sarebbero neanche possibili.

Ma la grandiosità non fu solamente esteriore e costituì anzi una dimostrazione di vita spirituale e di ricchezza interiore davvero straordinarie, tanto più notevole in un paese a maggioranza protestante e con una forte percentuale di gente che vive ignorando qualsiasi religione.

Ci pare che in questa circostanza il cattolicesismo Nord-Americano abbia rivelato una vitalità insospettata.

La Chiesa Americana deve affrontare dei problemi tremendi, che tutti conoscono, ma gode veramente della libertà.

Mentre nel Continente Antico il comunismo esercita una feroce tirannia e conduce un'implacabile persecuzione contro la religione, mentre cattolici e protestanti si combattono a sangue nell'Irlanda del Nord e in tutte le Nazioni vi sono segni di intolleranza, in America tutti i gruppi professano pacificamente le proprie idee religiose.

La Chiesa non ha bisogno altro che di questa libertà per annunciare il Vangelo e non chiede altro, ma ne gode in ben pochi paesi del mondo.

Uno di questi paesi è appunto la Federazione degli U.S.A.

A Filadelfia i cattolici sono una minoranza, priva anche di un'antica tradizione, ma le loro manifestazioni furono rispettate e facilitate da tutti, in primo luogo dalle autorità.

Il rispetto umano, questo stupido atteggiamento di tanti italiani, vi è sconosciuto e ciascuno professa apertamente il proprio credo.

La celebrazione del Congresso Eucaristico coincideva con il bicentenario dell'indipendenza americana e cioè di quella dichiarazione del 4 luglio 1776 con cui le antiche colonie inglesi del Nord America abolirono la loro dipendenza dall'Inghilterra e si costituirono in Stato autonomo assumendo la denominazione di Stati Uniti d'America, con una propria costituzione, tuttora vigente.

Anche per questo motivo, a cui forse era dovuta la scelta dell'America a sede del Congresso, vi fu invitato il Presidente Ford, quantunque non cattolico, ed egli intervenne alla cerimonia di chiusura e vi tenne anche un discorso, che riferiremo più avanti.

Si sperava che al Congresso di Filadelfia intervenisse anche il Papa, e forse egli stesso avrebbe desiderato intervenire; ma non gli fu possibile, e delegò a rappresentarlo il Card. James Knox.1

Però il papa seguì attentamente tutte le fasi del Congresso e nel giorno di chiusura si recò a Bolsena dove celebrò la Messa nel santuario del celebre miracolo eucaristico e fece la seguente omelia:

« Noi tutti, in questo momento, siamo a Filadelfia, in America, dove si celebra, nel fervore della sua conclusione, il Congresso Eucaristico Internazionale.

Bolsena è a Filadelfia.

Non è soltanto un collegamento televisivo, che, per un magico prodigio della scienza e della tecnica, trasferisce la scena e la voce di questa cerimonia in quel continente lontano e in quella grandiosa assemblea; è un collegamento spirituale, ma, nel suo genere, ancor più reale che ci fa partecipare in unità di fede, di culto, di carità a quella straordinaria celebrazione; è l'appartenenza alla medesima Chiesa cattolica, che ci riempie di meraviglia e di gaudio nella esaltazione della sua unità e della sua universalità, proprie della nostra religione cattolica, e proprie del mistero eucaristico, che ce ne da la certezza e in qualche misura anche la spirituale esperienza.

Ricordiamo le classiche parole di San Paolo, proprio relative all'Eucaristia: "Noi, pur essendo molti - scrive l'Apostolo -, siamo un corpo solo; noi tutti infatti che partecipiamo dell'unico pane" ( 1 Cor 10,17 ).

L'unico pane, di cui ora parliamo, è Cristo, Cristo stesso, non solo rappresentato e significato, ma personalmente, realmente reso presente nel sacramento dell'Eucaristia, memoriale incruento, ma autentico, dell'unico suo sacrificio redentore.

Bolsena non dimentica, ed oggi ripresenta a noi e al mondo il miracolo compiuto nel santuario della sua santa Cristina, il quale miracolo ha ravvivato nella Chiesa d'allora e ravviva tuttora la coscienza interiore e ha perpetuato il culto esteriore, pubblico e solenne, dell'Eucaristia, del quale Orvieto e Bolsena conservano ed alimentano nel mondo l'inestinguibile fiamma.

E per quanto grande ed inesauribile sia il mistero eucaristico, e per quanto breve sia l'attimo ora riservato alla nostra riflessione, noi non possiamo tralasciare la considerazione centrale, che il Congresso Eucaristico di Filadelfia ha scelto per uniformare e moltiplicare i nostri pensieri sul mistero eucaristico.

Perché il Congresso ci presenta il mistero eucaristico, ch'è essenzialmente mistero di presenza reale di Gesù e di vero memoriale della sua Passione sotto l'aspetto esteriore di Pane e di Vino, che non è poi altro in sostanza che Cristo stesso rivestito di quella apparenza.

Cristo-pane, Cristo-Vino, perché?

Oh! quale teologia può sgorgare da così elementare questione!

Basti a noi accennare a due punti di tale dottrina.

Il primo punto è quello della fame e della sete, esigenza continua, molteplice, ineludibile, che entra nella definizione dell'uomo.

L'uomo è un essere che ha fame e sete.

Cioè un essere insufficiente per se stesso; un essere dal continui e molteplici bisogni di nutrizione, dalla cui soddisfazione dipende la sua presente esistenza.

Dall'aria per respirare, dal latte materno appena egli varca le soglie della vita, dal cibo e dalla bevanda materiali più volte al giorno, alle cento altre cose a cui tende la sua vita per costituzionale necessità, il sapere, il possedere, il godere, sempre questo essere che si chiama uomo ha necessità di avere dal di fuori di lui ciò che manca alla sua esistenza, al suo sviluppo, alla sua salute, alla sua felicità.

Perciò desidera, perciò studia, perciò lavora, perciò vuole, soffre, prega, spera, aspetta; sempre è teso a qualche complemento che lo sorregga e lo faccia vivere in pienezza, e, se possibile, sempre.

Questo quadro di esistenza, ch'è quello reale, di tutti, può essere riassunto in una sola emblematica espressione: l'uomo è un vivente bisognoso di pane, d'un suo pane che lo nutra, lo integri, gli allarghi e gli prolunghi la sua sempre avida e caduca esistenza.

Una esistenza tesa nello sforzo di mantenersi e di dilatarsi, ma condannata a sperimentare la propria insufficienza e caducità, e a subire alla fine una morte fatale.

Non vi è in terra pane che le basti; non vi è dalla terra pane che la renda immortale.

Ed ecco allora la divina parola del Signore Gesù: « Io sono il pane della vita … se uno mangia di questo pane vivrà in eterno » ( Gv 6,48-51 ).

La vita umana ha in Cristo, per chi crede alla sua Parola, il suo compimento, il suo pegno di vita immortale.

Sì, Fratelli e Figli, ricordiamolo bene: Cristo è il pane della vita.

E questo significa un'altra cosa, pure assai importante.

È questo il secondo punto.

Come il pane ordinario è proporzionato alla fame terrena, così Cristo è il pane straordinario, proporzionato alla fame straordinaria, smisurata dell'uomo, capace, smanioso anzi di aprirsi ad aspirazioni infinite ( S. Agostino, Confessioni 1,1 ).

Noi abbiamo spesso la tentazione di pensare che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai destini dell'uomo; dell'uomo moderno specialmente, che spesso si illude d'essere nato per altro alimento superiore che non quello divino, e d'essere riuscito a saziarsi d'altre conquiste, che non quelle della fede, ovvero che sospetta essere la religione uno pseudoalimento, praticamente vacuo e vano.

No; Cristo non si copre di queste sembianze alimentari per deludere la nostra fame superiore, ma si riveste delle apparenze di cibo materiale, oltre che per farci desiderare quello spirituale, ch'è Lui stesso, per riconoscere e per rivendicare le esigenze legittime della vita naturale.

È Lui, che prima di annunciare Se stesso come pane del cielo ha moltiplicato il pane della terra fino alla sazietà di coloro che per ascoltarlo lo avevano seguito in una zona disabitata, e che non avevano di che mangiare ( Gv 6,11ss ); è Lui che ha rivolto all'umanità l'incomparabile invito: « Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed io vi ristorerò » ( Mt 11,28 ).

È Lui, che non più sotto le specie di pane e di vino, ma sotto quelle d'ogni essere umano sofferente e bisognoso, svelerà all'ultimo giorno, quello del giudizio finale, che tutte le volte che noi abbiamo soccorso qualcuno, abbiamo soccorso Lui, il Cristo: « Io ho avuto fame e voi mi avete dato da mangiare; Io ho avuto sete, e voi mi avete dato da bere; … » ( Mt 25,35 ).

Così che l'Eucaristia diventa per noi non solo il cibo per ciascuna delle nostre anime, per ciascuna delle nostre comunità cristiane; ma stimolo di carità per i fratelli d'ogni specie ( ricordiamo la parabola del buon samaritano - Lc 10,33ss ), che hanno bisogno di aiuto, di comprensione, di solidarietà, caricando così l'azione del bene sociale d'un'energia, d'un idealismo, d'una speranza che, finché Cristo sarà con noi con la sua Eucaristia, non verranno meno giammai.

Cristo è il pane della vita.

Cristo è necessario, per ogni uomo, per ogni comunità, per ogni fatto veramente sociale, cioè fondato sull'amore e sul sacrificio di sé, per il mondo.

Come il pane Cristo è necessario!

Il Congresso di Filadelfia, celebrato in un periodo di tempo caratterizzato tristemente dall'ateismo, che non è soltanto un'ideologia, ma una formidabile potenza politica, rappresenta senza dubbio una solenne affermazione dei diritti di Dio, un riconoscimento di Gesù Cristo, re universale e principe della pace e quindi un messaggio di pace, un richiamo e un contributo a quella pace di cui il mondo ha tanto bisogno, giacché il riconoscimento dei diritti di Dio è premessa necessaria e fondamento dei diritti dell'uomo e della pace universale.

E come non sperare che l'immenso coro di preghiere innalzato da Dio incessantemente durante la settimana del Congresso in nome e in sintonia con tutta la Chiesa non sia un valido baluardo contro i tremendi pericoli che oggi incombono sull'umanità?

In tutti i periodi più duri della sua storia la Chiesa si è sempre rivolta al suo Fondatore, che fin dall'inizio le aveva detto: « nel mondo avrete tribolazioni; ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo ».

I Congressi Eucaristici Internazionali ebbero inizio nel 1874 per impulso ( come spesso succede ) di un'anima pia Maria Tumisier, figlia spirituale di San Pier Giuliano Eymard, il fondatore dei Sacramentini, e il primo Congresso Internazionale si tenne in Avignone.

Attualmente i Congressi Eucaristici Internazionali si celebrano ogni 4 anni e sono intervallati dai Congressi Mariani, che hanno pure un ritmo quadriennale, cosicché ogni due anni in qualche parte del mondo c'è un Congresso Internazionale.

L'organizzazione dei Congressi Eucaristici Internazionali è affidata a un Comitato permanente, che ha sede in Roma, presso i Padri Sacramentini di S. Claudio.

Oltre ai Congressi Internazionali si organizzano quelli Diocesani, che dipendono da un altro Comitato.

Il tema scelto per questo Congresso e approvato dal papa, è stato « l'Eucaristia pane di vita ».

È questo un tema sempre fondamentale per la vita cristiana, ma di grande attualità, oggi, mentre una gran fame attanaglia l'umanità, non perché la provvidenza di Dio sia manchevole, ma perché l'uomo pare che si studi di incepparla.

Quando si dice che in tutto il mondo ogni tre persone ve ne sono due denutrite e che un gran numero di esse muore letteralmente di fame si dice una cosa terribile: terribile in sé, ma più terribile ancora per il male morale che esso denuncia, male profondo, assai complesso e arduo.

La deficienza di pane materiale richiama l'insufficiente giustizia nella distribuzione dei beni temporali, la scarsa solidarietà e il poco amore fra gli uomini: il Congresso di Filadelfia ha messo bene in rilievo la multiforme fame del mondo, che non può essere veramente e pienamente saziata se non da Colui che disse: « Io sono il pane della vita: chi viene a me non avrà più fame ».

Due cose, dice l'autore della Imitazione di Cristo ( libro IV,4 ), sono necessarie all'uomo per vivere bene: l'Eucaristia a ristoro dell'anima e del corpo e la parola di Dio, luce che illumina i suoi passi.

L'inaugurazione del Congresso si fece in Cattedrale con il solenne ricevimento del Legato Pontificio, card. James Knox, e vi parteciparono 30 Cardinali, 24 Arcivescovi, 150 Vescovi, 250 preti, autorità civili.

Religiosi in gran numero e una marea di fedeli.

Iniziato alle ore 12 si concluse praticamente a mezzanotte.

L'Arcivescovo di Filadelfia, card. John Krol rivolse al Legato Pontificio il saluto della Diocesi e del Congresso.

Quindi un notaio diede lettura dei documenti papali di nomina e il card. Knox pronunciò un discorso di ringraziamento e di circostanza.

Seguì la S. Messa in lingua inglese, concelebrata da 70 ecclesiastici, di cui 12 Cardinali, 24 Vescovi e 16 Prelati, questi numeri corrispondono a quello dei primi discepoli ai quali Gesù parlò del pane di vita.

Nella omelia il card. Knox parlò sul tema della prima giornata del Congresso: l'Eucaristia e le varie specie di fame della famiglia umana.

Si distribuirono 5000 comunioni.

Dopo la Messa incominciò l'adorazione al SS. Sacramento, che rimase esposto all'altare maggiore durante tutta la durata del Congresso, mentre nella Cappella di N.S. del SS. Sacramento si celebravano Messe e si distribuivano comunioni quasi ininterrottamente.

L'atteggiamento dei fedeli fu sempre edificante e manifestava una sincera pietà.

Alle 18 - il Sindaco della città, Mr. Rizza, diede ricevimento in Municipio ad una scelta rappresentanza dei congressisti e consegnò al card. Legato un dono simbolico per il papa.

Alle 19 - iniziò la sfilata dei gruppi convenuti al Congresso: parrocchie, scuole, enti vari, con più di 40.000 partecipanti, che durò tre ore, meravigliando la marea di gente assiepata lungo le strade, che incominciava così a rendersi conto della imponenza del Congresso.

Non successe il più piccolo incidente, la gente appariva lieta, serena, disinvolta, ma rispettosa.

I temi del Congresso erano simboleggiati da carri allegorici.

La sfilata si concluse con la Benedizione eucaristica alla quale erano presenti 350.000 persone.

Nella giornata del 2 Agosto si svilupparono parallelamente due temi, assai diversi tra loro: la vita di famiglia e la fame nel mondo.

Sugli aspetti più qualificanti della problematica religiosa della famiglia moderna avevano parlato in pubblica assemblea degli specialisti in materia, dopo di che incominciò la discussione per gruppi separati.

Alla messa serale presieduta dal Legato pontificio, card. Knox, partecipò una folla di 20.000 persone che avevano seguito gli studi sulla famiglia, ed erano rappresentate sette organizzazioni internazionali che si occupano dei problemi della famiglia alla luce del Vangelo.

È significativo il fatto che in un Congresso Eucaristico si sia riservata una particolare attenzione alla vita di famiglia, cellula di ogni società e chiesa domestica.

La giornata del 2 agosto era anche dedicata alla fame di pane, che affligge tante parti del mondo e un'imponente adunanza aveva avuto luogo nella grande sala di riunione del Civic Center, dove avevano preso la parola il P. Arrupe, generale dei gesuiti, mons. Helder Camara, arciv. di Recife, il Card. Cordeiro di Karaki e il presidente della Unione americana dei lavoratori dei campi.

Il tema venne poi sottolineato nella Messa solenne, nello Stadio dei Veterani, durante l'offerta simbolica dei doni e la preghiera dei fedeli.

Nell'omelia, invece, tenuta dal Card. Cooke, venne illustrata la fame d'amore che attanaglia il mondo e che deve trovare la sua risposta principalmente nella famiglia, nonché nella difesa della vita in tutte le sue esigenze e manifestazioni, compresa la vita dello spirito.

L'anima dell'amore è lo Spirito Santo, perché Egli stesso è l'Amore.

La fame essenziale dell'uomo è la fame di Dio.

Questo solenne monito è quanto mai opportuno al Nuovo Mondo, dove almeno la metà degli abitanti vive ignorando Dio, ma non lo è meno alla vecchia Europa, che forse mai come oggi si è tanto allontanata da quella che è la stessa sorgente della sua civiltà.

Le preghiere del Congresso e gli studi sul tema della fame nel mondo suscitarono anche l'impulso all'azione e fecero sorgere alcune iniziative pratiche, come quelle denominate « Ciotola di riso » e « Canestro di vettovaglie ».

La Messa di ringraziamento fu celebrata, alle ore 20, nello stadio dei Veterani gremito di 60.000 persone, da 43 Vescovi e 280 sacerdoti, mentre un coro di mille persone, in tuniche color girasole eseguiva i canti liturgici.

Mentre la giornata del 2 Agosto era stata dedicata alla fame di pane e di amore che travaglia il mondo, in quella del 3 Agosto si affrontarono due temi non meno gravi: la fame di libertà e la fame di giustizia, e furono affrontati da tre oratori, Mons. Benelli, di Roma, mons. Camara di Recife e M. Teresa, venuta dall'India.

Mons. Benelli svolse dapprima il concetto di libertà e di giustizia secondo l'insegnamento della Chiesa e quindi illustrò l'opera della Chiesa per l'attuazione della libertà e della giustizia nel mondo.

Mons. Camara e M. Teresa fecero sentire l'ansia dei loro paesi per una condizione di libertà e di giustizia.

Alle 10 - venne concelebrata una imponente messa per gli handicappati ortopedici e fisici, presieduta dal Card. Flahiff, arcivescovo di Winnipeg.

Alle 13 - altra concelebrazione, di oltre 250 sacerdoti, presieduta dal Vescovo Ausiliare di Filadelfia, per gli anziani, che furono più di 20 mila.

La funzione durò due ore e risultò particolarmente commovente.

L'omelia fu tenuta dal Card. O Boyle, ottantenne.

Alle 20 - una grande Messa di impetrazione per la pienezza di libertà e giustizia nel mondo, concelebrata da oltre 500 preti e presieduta dal card. Legato, Knox, con la partecipazione di 20 cardinali.

Attorno all'altare erano le rappresentanze armene, negre, bielorusse, cinesi, ceche, croate, francesi, tedesche, spagnole, ungheresi, irlandesi, italiane, coreane, lituane, maronite, indiane d'America, filippine, polacche, portoghesi, rutene, slovacche, vietnamite.

Bellissimi i canti e la coreografìa.

Il coro era formato di 1000 elementi, venuti da ogni parte d'America, oltre al coro della Cattedrale.

Parallelamente innumerevoli iniziative e adunanze di associazioni di tutto il mondo: Ukrain Heritage Group, Marriage encounter, Worid wide family, Lituania Heritage Group, Amici di P. Pio. Lega Katerina Tekawita.

La giornata del 4 Agosto fu dedicata alla vocazione religiosa.

Nello stadio dei Veterani si adunarono schiere di religiosi e di religiose per la Messa concelebrata da duemila sacerdoti, sotto la presidenza del card. Knox.

L'omelia fu tenuta dal card. Wright, che commentò la parola del profeta: « ho udito la voce del Signore che diceva: chi manderò? e chi andrà per noi? e io risposi: eccomi, manda me ».

« Un conto » ha detto l'oratore, « è esercitare una professione, un altro conto assumerla come vocazione.

Ben diversi saranno i risultati, come dedizione, servizio, tributo di amore, risposta alla fame e alla sete di ogni genere che tormenta gli uomini.

A ciascun uomo, a ciascuna donna, Dio affida una missione, come la storia dei santi sta a dimostrare, quasi paradigma eminente di ciò che accade per tutti, comunemente.

Questa missione è una chiamata di Dio a cui si deve rispondere, se non si vuole che rimangano dei vuoti nel tessuto di provvidenza e di grazia disposto da Dio per i suoi figli.

Ma senza dubbio, un'attenzione particolare merita la vocazione sacerdotale e religiosa, perché suscitata espressamente da Dio al fine di placare la fame dello spirito che emerge come valore e come tormento su tutte le altre fami degli uomini.

Le persone consacrate a Dio devono prendere sempre più coscienza di quest'attesa dell'umanità nei loro confronti, per corrispondere in pienezza di generosità all'eccezionale missione che Dio confida loro ».

L'oratore accennò anche al dovere di non ostacolare le vocazioni e al dovere specifico dei religiosi di suscitare continuatori alla loro missione.

Durante questa giornata, in tutte le chiese degli Stati Uniti, dall'Atlantico al Pacifico, il SS. Sacramento rimase esposto all'adorazione, con la specifica finalità di ringraziare e pregare per le vocazioni religiose.

Nel pomeriggio il Card. Suenens di Malines in una adunanza di 15.000 religiose, illustrò la dottrina del Concilio sulla vita religiosa.

Parallelamente si svolgevano varie altre manifestazioni, come il rito celebrato in Cattedrale in omaggio di Santa Elisabetta Anna Seaton, l'adunata di 6.000 scouts e di altre organizzazioni cattoliche giovanili, con una messa celebrata da 100 preti, presieduti dal Vescovo Me. Auliffe e l'omelia di un altro Vescovo, mons. Daly.

La giornata si chiuse con la liturgia eucaristica della « Black Community », cui parteciparono oltre 10.000 negri d'America, mentre celebrava il card. Maurice Otunga, di razza negra.

Arcivescovo di Nairobi, attorniato da un nugolo di sacerdoti e Vescovi, quasi tutti negri, e assistito dal Legato pontificio, card. Knox.

I canti caratteristici dei negri accompagnarono tutta la funzione.

Durante la giornata avevano avuto luogo l'adunanza sull'apostolato della sofferenza e la Conferenza nazionale cattolica della vita rurale.

Il tema centrale attorno a cui si svolsero tutti gli studi del 5/8 è la fame di verità, oggi più che mai sentita e che le lacerazioni di cui soffre la Chiesa rendono più che mai viva.

Durante la giornata i rappresentanti delle varie Chiese cristiane avevano esposto il loro punto di vista sul tema centrale dell'Eucaristia, e alla sera ci fu una manifestazione caratteristica, espressione del comune desiderio di unità di una Chiesa trepidante e sofferente per la divisione: fu la manifestazione più patetica di tutto il Congresso.

Alcune centinaia di ministri delle varie confessioni si riunirono in preghiera nell'auditorium del « Civic Center » al termine di una giornata dedicata interamente ad una conferenza ecumenica presieduta dal Card. Willebrands.

Sedici capi religiosi presiedevano il servizio.

Con i Cardinali Knox, Krol, Willebrands e il Delegato Apostolico erano i capi delle comunità americane: della Chiesa unita presbiteriana, episcopaliana, battista della alleanza mondiale, greca ortodossa, armena apostolica del Nord America, luterana, delle donne unite, metodista unita e altri ancora.

La platea e le gradinate erano gremite di fedeli.

Le preghiere erano guidate alternativamente da ministri di vari culti e intercalate dai canti del coro di mille elementi.

Dopo alcune letture bibliche parlò il card. Willebrands sulla Chiesa, ma egli terminò il suo discorso con queste parole: « Secondo la dottrina cattolica noi dobbiamo dire che se non professiamo la pienezza dell'unità nella fede noi non possiamo esprimere e celebrare insieme il segno e il compimento di questa pienezza …

Quanta pena e dolore causa in noi il fatto che anche in occasione di questo Congresso Eucaristico non possiamo celebrare insieme la Cena del Signore nella « statio orbis ».

Questo fatto ci rivela la serietà del danno arrecato all'inconsutile veste di Cristo dalle nostre divisioni … ».

A questo punto si svolgeva il rito della lavanda dei piedi, in un'atmosfera di profonda sincerità e commozione: dodici dei sedici capi religiosi davano inizio alla lavanda, in un gesto denso di significato e carico di desiderio e di implorazione a Dio.

Poi tutta l'assemblea recitava la preghiera del Signore e si effondeva nell'abbraccio di pace.

 Fu come un singhiozzo della Chiesa per la lacerazione di cui soffre e un pianto di implorazione per il ritorno all'unità.

La benedizione comune impartita da tutti i ministri presenti concludeva il rito, mentre il coro eseguiva un inno eucaristico.

Nella stessa giornata del 5/8 si era celebrata al mattino una Messa di petizione e di ringraziamento per la santità in America e al pomeriggio si svolse il rito eucaristico per i « pellirosse ».

Celebrante principale, predicatore e diacono erano tutti indiani, canti e preghiere nelle lingue delle varie tribù, con riti tipici.

Era la prima volta nella storia dell'America che questi fedeli partecipavano ufficialmente e da protagonisti a un rito così solenne.

Nel pomeriggio ci fu una celebrazione in onore del Beato John Neumann, quarto vescovo di Filadelfia, del quale è in corso la causa di canonizzazione, e in serata un grande raduno dei pentecostali cattolici, presieduto dal card. Suenens, con oltre 60.000 partecipanti.

La giornata di Venerdì 6/8 era dedicata ai giovani e il tema proposto era: « l'Eucaristia e la fame di comprensione » e inoltre: « la donna e l'Eucaristia ».

Nella mattinata oltre 30.000 ragazzi si radunarono nello stadio per la Messa concelebrata dal card. Knox con alcune centinaia di preti e di Vescovi.

L'omelia fu tenuta dal card. Manning e il rito durò due ore.

Quasi tutti i ragazzi fecero la comunione.

La messa per i giovani fu celebrata verso sera nel palazzetto dello sport e vi presiedeva il card. Dearden.

All'omelia il Vescovo Rene Gracida parlò del mistero eucaristico in rapporto ai problemi della gioventù.

In Cattedrale il card. Terence Cooke presiedette una speciale concelebrazione per i militari, ai quali, al Vangelo, parlò il card. Medeiros.

Al termine delle celebrazioni venne rappresentata una commedia musicale a tema religioso, dal titolo « Godspell » che fu applauditissima e dovette essere più volte ripetuta.

Durante la giornata di venerdì 6/8 ci fu l'assegnazione del premio francescano per la pace 1976 al presidente della Conferenza Episcopale Americana, Mons. Joseph Bernardin Arcivescovo di Cincinnati, e nella notte una grande liturgia notturna in onore della Madonna, cui parteciparono 50.000 fedeli e in cui all'omelia parlò in modo insuperabile l'Arcivescovo Fulton Sheen.

Durante la notte si snodò la processione con la statua della Madonna di Fatima, ci fu l'esposizione del SS. Sacramento, con momenti di adorazione in silenzio, l'atto di consacrazione al S. Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria, l'intero Rosario sceneggiato e meditato, la rinnovazione dei voti battesimali, due omelie, ecc. fino alle 5 del mattino, quando s'i celebrò la prima Messa del giorno.

La giornata di Sabato 7/8 fu dedicata a tutti i popoli del mondo e consacrato alla riflessione sul rapporto tra l'Eucaristia e la fame di pace nel mondo.

In tutte le preghiere sì domandava a Dio la pace e tutte le celebrazioni liturgiche, in 28 riti e nazionalità diverse, oltre ad esprimere l'universalità della Chiesa, manifestavano anche il desiderio di intesa e di armonia tra i popoli: ciascuna comunità celebrò festosamente le proprie origini etniche e culturali.

I pellegrini, approfittando della fine settimana affluirono a Filadelfia da ogni parte d'America più numerosi ancora dei giorni precedenti e furono invitati a passare un'ora di adorazione davanti al SS. Sacramento.

La domenica 8/8 si celebrò la "statio orbis » ossia l'assemblea eucaristica mondiale.

Il papa, recatesi a Bolsena, al santuario che ricorda il celebre miracolo eucaristico, per unirsi in modo particolare al Congresso americano, era rappresentato a Filadelfia dal Card. Legato Knox.

La chiusura del Congresso fu un'apoteosi, difficile a immaginarsi in Europa.

Una parata delle Nazioni e degli Stati, composto di 4200 marciatori, rappresentanti di 50 Stati e di 50 Nazioni si svolse dallo Stadio dei Veterani allo Stadio Kennedy e fu seguita dalla processione eucaristica, composta di 2500 sacerdoti, dei quali 2000 concelebranti e 1000 ministri per la distribuzione della Comunione.

Quindi iniziò la Messa solennissima, cui presenziò anche il presidente Ford e tenne un breve e vibrante discorso, dicendo di non vergognarsi della propria fede religiosa, ma di manifestarla e riconoscerla come il più apprezzato patrimonio di ciascuno e di tutti.

Egli riconobbe esplicitamente il contributo della Chiesa alla libertà, alla pace, alla comprensione reciproca e perciò alla costruzione di quell'unità di molti popoli e razze, che sono gli Stati Uniti d'America, oltre che all'unificazione morale del mondo.

« Noi siamo oggi profondamente coinvolti dal problema della crescita del secolarismo nel mondo » disse il Presidente.

« Noi condividiamo la vostra profonda apprensione per la crescita dell'irriverenza verso la vita.

Il valore supremo della persona, alla quale la vita viene donata da Dio, è una convinzione che ci viene dalle Sacre Scritture, confermata da tutti i maestri della Chiesa ».

Il Presidente partecipò all'intera cerimonia, accanto ai Cardinali, con visibile apprezzamento per il successo del Congresso, manifestazione senza precedenti in America.

Subito dopo l'inizio della messa ci fu la trasmissione del messaggio del Papa da Bolsena.

Dopo la comunione i cardinali Knox e Krol, espressero la loro riconoscenza al Papa, al Presidente degli Stati Uniti, al clero, ai fedeli e a tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita del Congresso, che può forse aver avuto nel passato qualche manifestazione di eguale fervore, ma certamente nessuna che lo eguagli in solennità, grandiosità e perfezione organizzativa.

Il Card. Krol che ne era a capo aveva a disposizione 5.000 volontari.

Furono celebrate 58 liturgie maggiori, si svolsero 8 seminari maggiori, 18 congressi minori, 27 rappresentazioni artistiche, una mostra d'arte liturgica, una mostra missionaria con oltre 500 stands.

Tutte le famiglie religiose e le organizzazioni cattoliche d'America hanno avuto modo di presentare le loro attività.

Ogni manifestazione fu registrata su nastro magnetico e ne risultarono 120 ore di registrazione.

La partecipazione del popolo fu immensa: la processione di sabato sera, per il trasporto del SS. Sacramento all'adorazione notturna impiegò due ore per un percorso di poche centinaia di metri e una folla di adoratori circondò l'ostensorio in ogni momento, con un fervore straordinario.

Ci fu chi offrì per le spese del Congresso fin cinque milioni di dollari.

Per quanto sia l'America cinque milioni di dollari ( più di quattro miliardi di lire ) da una sola tasca sono veramente notevoli.

Anche per i poveri del terzo mondo furono raccolte delle offerte cospicue.

La stampa di ogni tendenza seguì il Congresso con sincera simpatia e con articoli importanti.

Non una voce si alzò a contraddire, non una stonatura.

Dove trovare nel vecchio mondo un paese in cui alla Tv si parli per delle ore di Gesù Cristo, ad opera di laici, davanti a platee di persone di ogni genere, che hanno fame di cose spirituali?

Questa è davvero libertà e democrazia.

C'è da esser grati all'America per questa affermazione di fede e di vita cristiana, che è per tutta la Chiesa un incoraggiamento e per tutta l'umanità una grande riparazione contro il laicismo dilagante e l'ateismo invadente.

Affinché fossimo liberi Cristo ci ha dato la libertà ( Gal 5,1 )

Uno dei temi dibattuti durante il Congresso Eucaristico Internazionale di Filadelfia è stato la Fame di Libertà che travaglia gli uomini di oggi.

È un tema attualissimo: dappertutto si acclama o si lotta per la libertà e tutti sono gelosi della propria indipendenza; ma di fatto nel mondo di oggi c'è pochissima libertà, nonostante le apparenze, e anche nelle nazioni libere ( che non sono la maggioranza ) i singoli cittadini sono determinati in mille maniere, talvolta a loro stessa insaputa.

La libertà è il frutto di una conquista e tutta la storia degli uomini è intessuta di lotte per la libertà.

I popoli più forti hanno sempre dominato quelli più deboli, senza farsene il minimo scrupolo morale e senza neanche badare ai mezzi impiegati, e gli Oppressi hanno sempre cercato di scuotere il giogo.

Ma l'indipendenza è difficile da conseguire: allorché un popolo è riuscito a scuotere il giogo politico che lo opprime ecco che si trova a subire da qualche parte quello economico o quello ideologico o tutt'e due.

Come mai certi paesi immensi, dotati di incalcolabili ricchezze naturali, vivono a tutt'oggi nella miseria e nel servaggio del sotto sviluppo?

A che cosa è servito alla massa dei loro cittadini il conseguimento dell'indipendenza nazionale se sono rimasti schiavi della miseria e dell'ignoranza?

Evidentemente la loro guerra per l'indipendenza non è ancor finita e forse il più importante è ancor da fare.

Nell'ambito di ogni nazione la divisione della ricchezza e del potere sono oggetto di lotte continue, più o meno palesi o violente: il ricco e il potente domina il povero.

La natura sociale dell'uomo impone che esso viva in società e se è vero che tutta la struttura sociale è al servizio della persona, è anche vero che ne stabilisce molti limiti, pur prescindendo da qualsiasi abuso.

Il diritto positivo, che viene continuamente rielaborato in ogni nazione e perfino nell'ordine internazionale è una preziosissima tutela della libertà dei singoli e dei popoli, ma esso è tutt'altro che sufficiente.

La più sicura tutela dell'ordine sociale e della libertà individuale è data dalla rettitudine morale delle persone.

I popoli dov'è generale l'onestà dei singoli e la sanità delle famiglie, fioriscono nell'ordine e nella pace, mentre nessun sistema giuridico, per quanto perfetto può garantire la sicurezza e la normalità quando i principi morali stanno franando.

È dunque la legge morale il più sicuro baluardo della libertà sociale.

Identico discorso vale per i rapporti fra gli Stati nell'ordine internazionale, nonostante lo scetticismo e la diffidenza che regna in questo campo, perché la vita delle società non è che il riflesso della vita dei singoli membri.

Tutti dunque sono corresponsabili della vita internazionale e quindi delle condizioni esteriori che consentono l'esercizio della libertà.

Talvolta si direbbe che c'è fin troppa libertà, quando si vede che non c'è più alcun ritegno o limite nel costume, nella stampa e in tutti i campi, i delitti si moltiplicano e assumono forme sconosciute nel passato.

Ma questo non è indice di libertà, anzi è indice del contrario.

In realtà l'uomo d'oggi, è determinato da mille cause, che gli impediscono di godere pienamente di quella libertà che sarebbe esigita dalla dignità della sua natura.

Il progresso dell'umanità non si è sviluppato in modo armonico, ma prevalentemente in campo materiale e tecnologico e ciò non ha ampliato lo spazio della libertà, forse anzi lo ha diminuito, creando nuovi determinismi.

Si è perfino oscurato il concetto di libertà e quella che i più vanno rivendicando è solo la libertà esteriore.

Questa è importantissima, ma la più essenziale è quella interiore.

In che cosa consiste dunque la vera libertà?

« La libertà, secondo la sua essenza, è capacità di compiere il bene » ( Haring ).

Non dunque come una bilancia in perfetto equilibrio, indifferente ad abbassarsi dall'una o dell'altra parte, ma piuttosto come l'ala dell'uccello, che può spaziare nell'ampio cielo solo se non è ferita, né trattenuta da alcun legame.

L'intelligenza ha per oggetto il conoscere e trova la sua attrazione e perfezione nel possesso della verità.

La volontà ha per oggetto il bene e realizza la sua perfezione decidendo il bene; ma per realizzarlo ha bisogno di essere illuminata dall'intelletto.

L'intelligenza non è una facoltà libera, ma è come uno specchio che riflette ciò che ha davanti.

L'uomo che stravolge la propria mente, rifiutando di vedere la verità commette uno dei peccati più gravi e più pericolosi "che non può essere perdonato né in questo mondo, né nell'altro » secondo la terribile espressione di Gesù.

L'impugnazione della verità conosciuta è un suicidio morale, perché è la mente che guida la volontà.

Oltre che dall'intelligenza l'atto volitivo dipende dalla sensibilità, e cioè è tutto l'uomo che esamina, pondera e decide.

Spesso le indicazioni dell'intelligenza sono in contrasto con gli impulsi della sensibilità.

Allora l'uomo agisce nella libertà se sa vincere le remore e "fare la verità nella carità" attuando il detto di Gesù: « Se persevererete nei miei insegnamenti … conoscerete la verità e la verità vi farà liberi ».

Questo è l'ordine delle facoltà umane e l'uomo diventa libero paradossalmente sottomettendosi alla legge di Dio.

« Servire Dio è regnare » diceva in modo splendido S. Agostino, facendo eco alle parole di S. Paolo: « Il Signore è spirito e dove c'è lo spirito » cioè dove lo spirito domina i sensi e l'amor proprio « ivi c'è libertà ».

Libertà è parola che suscita entusiasmo, che indica lo spezzarsi di ogni servaggio, l'intolleranza di ogni sopraffazione, il rifiuto di ogni abuso ed ingiustizia.

Ma può essere posseduta in diversi gradi: da un inizio debole a un consolidamento sempre più marcato per mezzo della virtù, cioè dell'abitudine del bene, con l'aiuto della grazia.

« Chi mi libererà da questo corpo di morte? » si domandava S. Paolo.

« La grazia di Dio per Gesù Cristo N. S. ».

L'abitudine del male si chiama vizio, ed è come una catena che viene ribadita sempre più strettamente, per cui si dice di un vizioso che è schiavo del vizio.

L'abitudine del bene invece produce la virtù, che rende sempre più facile fare il bene, per cui la via della perfezione è più difficile all'inizio e lo diventa sempre meno quanto più avanza.

In altri termini avviene per lo spirito come per il fisico: la vigoria si accresce con il fiorire della salute.

Ma non si dice dell'uomo virtuoso che è schiavo del bene, perché è proprio il bene che rende l'uomo libero.

S. Pietro esorta i cristiani a mettere tutto l'impegno nell'esercizio delle virtù "per rendere sempre più salda la loro vocazione ed elezione" e a "comportarsi da uomini liberi, non servendosi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio" ( 1 Pt 2,16 ).

L'abuso della libertà dovrebbe chiamarsi piuttosto abdicazione della propria dignità.

Essa è causa di tutti i nostri mali, sia nel campo individuale, con l'indebolimento della volontà e l'accecamento dell'intelligenza, sia nel campo sociale con tutti i disordini, che ben conosciamo e lamentiamo.

La libertà umana non è illimitata e non è certo ampia come quella dell'angelo, dovendo sottostare ai limiti del suo pensiero, delle sue conoscenze, delle leggi fisiche, delle esigenze sociali, ecc. ma i peggiori limiti sono quelli che si pone l'uomo stesso operando il male.

"Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato » ( Gv 8,34 ).

La libertà è il maggior dono che Dio fece all'uomo creandolo ( Dante ), è il fondamento della sua dignità, che lo rende senza paragone superiore a tutte le creature terrestri, responsabile delle proprie azioni e artefice del suo destino.

Essa risponde a un profondo anelito dell'anima umana e non può esser vinta da alcuna costrizione esteriore, ma unicamente rinunciata da una capitolazione interna, frutto di viltà d'animo.

I santi martiri, talvolta creature fragilissime, hanno sopportato tormenti atroci senza deflettere di un punto, mentre altri cristiani cedevano e apostatavano.

Mistero della libertà umana.

Gesù è venuto a ridonarci la libertà perduta e perciò si chiama Redentore: « Se il Figlio vi farà liberi sarete realmente liberi » ( Gv 8,36 ).

Spezzate le catene che ci facevano schiavi del peccato.

Egli ci insegna la strada della libertà e ci dona i mezzi per conseguirla; « la legge dello spirito, che da la vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della carne » e perciò « nessuna condanna pesa più ora su quelli che sono in Cristo Gesù » ( Rm 8,1-2 ).

Tutta la storia della salvezza è una storia di liberazione.

« Aspetta il Signore ed Egli ti libererà » ( Pv 20,22 ).

Perfino « la creazione verrà affrancata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla libertà della gloria dei figli di Dio » ( Rm 8,21 ).

La vita nuova in Cristo Gesù è dunque un inno gioioso al nostro liberatore, come già cantava l'antico profeta: « hai spezzato le mie catene, a te sacrificherò un'ostia di lode ».


1 Prefetto della S. C. per i Sacramenti e il Culto Divinò,e Legato Pontifìcio