Il venticinquennio del Fr Teodoreto

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Il 13 maggio 1954 il Servo di Dio Fr. Teodoreto chiudeva la sua giornata terrena: una giornata attiva e ricca quanto mai, della quale rimangono le opere e si raccolgono i frutti.

La sua memoria, pertanto, al contrario di quanto avviene per i comuni mortali, non si è per nulla affievolita, ma si fa più viva, e cresce la consapevolezza, che attraverso la sua vita il Signore è passato ancora una volta in mezzo a noi e ci ha parlato.

La ricorrenza di questo primo venticinquennio è un invito a considerare questa parola o, come si dice oggi, a studiare il suo messaggio.

Un messaggio come quello evangelico, di cui è l'eco fedele, fatto di concetti semplici e profondi, di cose assai più che di parole.

Appunto per questo gioverà soprattutto citare dei fatti.

Era in corso la prima guerra mondiale, io avevo 14 anni e frequentavo il catechismo quaresimale che si faceva ogni giorno dalle 13 alle 14 presso la parrocchia di S. Teresa a Torino.

Il mio catechista, Stefano Massaia, uno dei primi soci dell'Unione del SS. Crocifisso e dì Maria SS. Immacolata fondata di fresco dal Fr. Teodoreto, mi invitò a partecipare alle adunanze dell'Unione del sabato sera e io vi andai senz'altro.

L'adunanza si teneva in una classe della Scuola Elementare di via delle Rosine ed era fissata per le ore 21, ma alle 20,30 la classe era già piena di ragazzi che discorrevano animatamente.

Due cose mi impressionarono subito, rivelandomi quasi un mondo nuova.

La prima era il modo rispettoso ed educato con cui si trattavano fra loro i ragazzi, così diverso da quello delle scuole pubbliche che io frequentavo.

La seconda era appunto il Fr. Teodoreto.

Egli giungeva verso le 21 dopo le preghiere della sua comunità.

Appariva sereno, sorridente, quasi radioso, ma alquanto riservato e salutava tutti con tanta distinzione e soavità di modi che ispirava confidenza e rispetto allo stesso tempo.

Alla sua presenza ogni pensiero meno nobile si dileguava e si creava subito un clima di serietà e di raccoglimento spirituale.

Per prima cosa faceva recitare la devozione a Gesù Crocifisso, in ginocchio sugli sgabelli ( tanto duri da far male alle ginocchia ).

Poi un ragazzo leggeva l'epistola della domenica ricorrente e quindi il Fr. Teodoreto ne faceva il commento.

« Il Vangelo lo sentirete spiegare domani in chiesa », ci diceva.

Parlava con molta semplicità e naturalezza, come se facesse lezione.

In lui non era neanche pensabile una reminiscenza letteraria.

Ma le cose che diceva erano così vere, così giuste, così belle che suscitavano l'entusiasmo.

Un entusiasmo calmo, ma fervido ed efficace.

Non avevo mai fatto un'esperienza simile, sebbene avessi sempre frequentato l'oratorio; e dopo d'allora ho seguito tanti corsi di Esercizi Spirituali, ma non sono mai riuscito a superare quella carica di fervore.

Fr. Teodoreto si era inserito nella mia vita come un pilota al timone della nave, quasi mi attendesse al varco e aveva dato alla mia vita l'orientamento definitivo, benché allora io non me ne rendessi conto.

Del resto non ero io solo a sentire cosi. Fr. Teodoreto li aveva tutti in mano i suoi giovani, che gli volevano un bene dell'anima e io seguivano volentieri.

Quante volte l'amico Ughetto ( l'indimenticabile, carissimo Umberto Ughetto ) mi sussurrò dopo qualche conferenza: « ma non ti pare che il Direttore » ( così noi chiamavamo Fr. Teodoreto ) « sia ispirato? ».

Non parliamo di Cesone, che non avrebbe mosso un dito senza parlarne con Fr. Teodoreto.

Una volta, durante un corso di Esercizi Spirituali, il Fr. Teodoreto si trovò senza rasoio e lo chiese in prestito a Cesone.

« Fra noi … » gli disse. Quel « Fra noi … » riempì di consolazione il cuore di Cesone, tanto che sentì il bisogno di venirmelo subito a raccontare.

Fr. Teodoreto aveva creato nell'Unione un clima di fervore spirituale, di amicizia, di soavità, di quella distinzione che nasce dalla vita interiore, che era un incanto e faceva desiderare le adunanze.

Nell'Unione non ci fu mal, nessuna attività ricreativa: era questa una delle caratteristiche che la distingueva da tutte le altre associazioni di Azione Cattolica della città e di cui spesso le davano lode i predicatori dei ritiri.

Fr. Teodoreto aveva avuto fede nella potenza della grazia e aveva osato impostare tutta la sua opera sul soprannaturale, lui, che allora era forse l'unico Assistente laico di Azione Cattolica.

Ecco il segreto di Fr. Teodoreto: egli fu veramente un uomo di fede.

Non una fede generica e astratta, ma una fede incrollabile, pratica, coerente fino alle ultime conseguenze e che investa tutto l'uomo, pensieri ed opere, sofferenze e gioie, come insegna il Santo De La Salle, di cui Fr. Teodoreto era degno figlio spirituale.

Una fede così esige molto coraggio perché implica la rinuncia a quelle cose a cui l'uomo è più tenacemente attaccato e cioè il proprio modo di pensare e di volere e costituisce ad un tempo una luce che guida e da forza a compiere il bene e un sacrificio che ha bisogno di luce e di forza per essere compiuto.

La virtù è ad un tempo amore della verità, rettitudine di volontà e saggezza di mente.

La vera sapienza ( come anche la vera libertà ) consiste nel fare il bene e io mi sono domandato qualche volta se è la sapienza che guida alla giustizia o se è la rettitudine d'animo che impone l'esercizio del bene e fa sapienti.

Volevo dir questo: il Fr. Teodoreto è mirabile per saggezza e per santità di vita e non so quale delle due cose venga prima.

Quanto rifletteva e pregava prima di parlare e com'era misurato nelle sue parole!

Certo parlava assai più con Dio che con gli uomini, ma quando bisognava intervenire non mancava ed era deciso.

Sappiamo come abbia atteso diversi anni prima di attuare il progetto concepito durante il suo secondo noviziato.

Voleva esser sicuro di non seguire delle viste semplicemente umane, ma di attuare il volere di Dio, che talvolta parla assai sotto voce e solo i santi lo intendono.

Ne nacque un'opera originale che pone l'Istituto dei Fratelli in primo piano nel lavoro di aggiornamento ( che non incomincia solo ora ).

Non si dimentichi che l'Unione Catechisti fu uno dei primi cinque Istituti Secolari approvati dalla Chiesa, anche se per tante circostanze non ha ancora raggiunto lo sviluppo numerico auspicato e predetto.

Ma pare che sia nello stile di Fr. Teodoreto mirare alla profondità prima che all'estensione.

Un'altra caratteristica fondamentale del Fr. Teodoreto è l'umiltà.

Non si stancava di raccomandarla ai catechisti e non tollerava il minimo segno di amor proprio o di vanità.

Aveva subito pronta una frase tagliente e in quei momenti scompariva la sua abituale soave affabilità.

Quanto a sé era il ritratto vivente della modestia e non trovava mai di essersi abbastanza abbassato.

Il suo tratto con il prossimo era ispirato evidentemente dalla carità, ma non meno dalla umiltà, ed era un motivo non secondario della edificazione che si riceveva parlando con lui.

Eppure aveva molta dignità e ispirava rispetto.

Me lo ricordo durante il periodo in cui era Direttore della scuola serale di via delle Rosine e sorvegliava le classi passeggiando in corridoio.

Quando un insegnante non sapeva più a che santo voltarsi per tenere a posto qualcuno, lo mandava dal Direttore, ed era una meraviglia vedere i più irriducibili e sfottenti scavezzacolli abbassare la cresta davanti a lui e diventare boni, boni.

Egli, senza mai perdere la calma, né alzare la voce diceva loro quel che si meritavano e prendeva i provvedimenti del caso.

Poi faceva un cenno e quelli se ne andavano mogi, senza fiatare.

Mi pare che la ragione della sua autorità vada ricercata specialmente nella sua unione con Dio.

Si era svestito di se stesso abbracciando totalmente la causa di Dio, per cui sentiva urgere dentro il dovere e a un tempo la forza di affermarne i diritti.

Godeva di un grande prestigio, sia nell'Istituto che in un largo strato di pubblico; prestigio che oggi è diventato venerazione e si va sempre più estendendo.

Tuttavia non gli mancarono le contraddizioni, talora sorde e nascoste, talora aperte e quasi violente.

Se non ci fossero state, mancherebbe un contrassegno immancabile e troppo importante delle opere di Dio.

Ma lui non fece mai un lamento.

Un giorno mentre discorreva con i catechisti nel corridoio di via delle Rosine piombarono tre individui i quali con tutto il fare dei bravi durante quella tale intimazione a Don Abbonalo gli dissero che essi non volevano saperne dell'Unione Catechisti nella loro scuola e che si guardasse bene dal fare le relative pratiche presso la Direzione.

A me saltò subito la mosca al naso: ma chi erano quei tre messeri che pretendevano di dettar legge in casa dei Fratelli?

A parte poi ogni altra considerazione, le regole della buona creanza avrebbero anche suggerito degli altri modi.

Ma forse gli stessi mandanti non avevano previsto questi particolari.

Fr. Teodoreto intuì subito la situazione: fissò in silenzio i tre messeri e questi se ne andarono.

Il Fr. Teodoreto sapeva di essere depositario di un importante messaggio per l'Istituto dei Fratelli di cui era stato investito attraverso il Servo di Dio Fra Leopoldo e con segni straordinari.

Egli non era solamente il promotore di una associazione giovanile chiamata Unione del SS. Crocifisso, ma era l'iniziatore di un autentico movimento di riforma.

Nella sua umiltà egli non avrebbe mal osato affermare tanto, ma ogni cosa era incominciata fuori di lui, con evidenti segni del cielo, ed egli ne era semplicemente portatore e messaggero, e si guardava bene dall'assumere degli atteggiamenti di profeta, ma esponeva umilmente i fatti ai suoi superiori.

I quali superiori ne avevano una grande stima e gli affidavano ogni anno la direzione degli Esercizi Spirituali dei Fratelli, ma il complesso della famiglia religiosa, una congregazione numerosa, composta di insegnanti e cioè di uomini di spiccate personalità con un bagaglio di idee e di convinzioni personali, e inoltre oberati di lavoro da non poter mai alzare il capo, dava segno di essere totalmente assorbita dai suoi impegni e di non aver afferrato che il Fr. Teodoreto non veniva a proporre un aggravio, ma un aiuto e soprattutto a ribadire i principi e le condizioni per l'efficacia di ogni opera educativa.

La causa dunque era troppo grossa per passare liscia.

Fr. Teodoreto pregava assai, anzi si studiava di realizzare l'esortazione dell'Apostolo: « sine intermissione orate » ed era uno spettacolo edificante vederlo camminare per strada tutto raccolto, in evidente colloquio con il Signore.

Bisognava poi vederlo in chiesa.

La sua pietà aveva un carattere molto realistico e consisteva in un rapporto personale con il Signore Gesù, considerato particolarmente nella sua passione redentrice.

Il mistero della Redenzione, fondamentale e caratteristica nel cristianesimo era necessariamente in rilievo in una scuola che si definiva « cristiana » e il Crocifisso, sua massima espressione, oggetto di un culto particolare presso l'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Non fa quindi stupire che Fr. Teodoreto abbia accolto con interesse i foglietti, allora ancora manoscritti, della devozione a Gesù Crocifisso che Fra Leopoldo diffondeva.

Lo stile di questa preghiera poi e il suo contenuto altamente apostolico consuonavano perfettamente con la sua anima serafica.

Fr. Teodoreto entrando in religione aveva cambiato nome, ma non aveva mai dimenticato quello di Giovanni, impostagli nel Battesimo, non in onore del Battista, ma dell'Evangelista, il discepolo prediletto di Gesù, che con Maria sua madre assisté sul Calvario alla sua agonia e alla sua morte.

E Fr. Teodoreto fu sempre un imitatore fervido del suo santo protettore: nella vita innocente, nell'amore a Gesù Crocifisso ed a Maria SS. Immacolata, nell'attività apostolica, nell'amabilità del tratto.

E « il discepolo che Gesù amava » non pare essere anche il modello ideale del catechista?

Non è raro il caso che lo storico, guardando le cose a posteriori, ne scopra delle armonie insospettate, o, come diceva Pio XI, delle eleganze: le eleganze della Provvidenza.

Non vi è discepolo di Gesù che non sia segnato con il segno della croce: « chi vuoi venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ».

Figurarsi poi chi ha fatto della croce un oggetto di particolare contemplazione e ispirazione.

É qui che brilla la generosità degli eletti, ed è qui che cadono e falliscono i mediocri.

« Gli mostrerò quanto dovrà patire per il mio nome »: è il programma di ogni apostolo, il quale non è semplicemente un altoparlante, ma un membro di Cristo, che è maestro di verità, ma soprattutto vittima di sacrificio.

Certe verità fondamentali non sono mai abbastanza meditate e stentano a penetrare nell'animo umano, che vi si direbbe allergico.

L'efficacia dell'apostolato esige sì tutto l'impegno umano, con tutte le risorse della mente, del cuore, della cultura, di tutte le energie, ma è dal coefficiente « sacrificio » che dipende il valore della formula.

Lo richiamava recentemente il papa Paolo VI in un discorso ai Vescovi americani sul ministero della confessione, richiamando l'esempio del santo curato d'Ars, e diceva: l'esempio di S. Giovanni Vianney non è superato.

Fr. Teodoreto condusse un tenore di vita assai duro.

É già austera la Regola dei Fratelli e lo era ancor di più ai suoi tempi.

A lui si aggiungeva ancora il peso della scuola serale, che riduceva il suo riposo a poco più di cinque ore, e l'impegno dell'Unione Catechisti.

Ma al di fuori non appariva alcun segno di stanchezza, come non appariva alcun segno delle pene interiori, che non furono poche, né piccole.

Molte cose si dovevano indovinare, perché lui appariva sempre sereno e disponibile.

E nessuno poteva accorgersi delle sue mortificazioni e penitenze volontarie.

Solo dopo morte ne apparve qualche indicazione.

Non gli mancò la prova delle malattie, l'ultima delle quali lo immobilizzò in un letto, senza parola e senza conoscenza.

Furono cinque giorni di agonia, con un rantolo straziante, che si concluse con la morte, senza poter più scambiare una parola o un cenno, e il cui ricordo fa ancora male.

Incominciava però il cammino della gloria, e questi venticinque anni furonoun continuo andare verso di essa.

C. T.