Fratel Teodoreto: Nutrimento di Dio

B232-A4

« Dopo aver consumato la vita nell'esercizio del vostro ministero non aspettatevi altra ricompensa che di soffrire e morire, come Gesù in mezzo ai dolori ».

« Non basta adoperare la Croce, bisogna portarla ».

Sono parole di San Giovanni Battista de La Salle, scolpite nelle « Meditazioni » e messe in pratica dal Servo di Dio, Fratel Teodoreto Garberoglio, morto trent'anni or sono, il 13 maggio 1954, a Torino, rimpianto e venerato da quanti lo conobbero.

Ne ho raccontato la vita in « La santità è un'utopia? », biografia che concede poco spazio all'imbecillità scritturale dell'incenso quotidiano, della retorica barocca e non si presta a preghiere maculate di fervorini.

Fratel Teodoreto, mio professore, non lo avrebbe voluto.

D'altra parte, non scrivo per gli appartenenti agli Ordini monastici e alle Congregazioni religiose.

Seguo il metodo che rese famoso negli annali della letteratura Leon Bloy, il « disperato per fede », scrittore francese che con frusta, bastone, imprecazioni, obbligava gli atei a convertirsi, i peccatori ad umiliarsi e fu padrino di battesimo del filosofo Jacques Maritain e di sua moglie Raissa.

Dissero i soliti forbiti pensatori che fu il frutto della grazia.

Non dubito. Credo che fu anche frutto di uno stile taumaturgico, traumatizzante, che spianò la strada, oltre che ai contemporanei d'oltralpe, a due nostri grandi autori che si formarono alla sua scuola: Giovanni Papini e Domenico Giuliotti.

Confesso che non ho stima dei cattolici che posseggono immense fortune e le adoperano per godersi il paradiso in terra e in cielo.

Nel denaro si nasconde la tentazione di Satana, mentre la povertà - non la miseria, abbominevole peccato degli affamatori di popoli - richiama il credente al Vangelo.

Me lo ha insegnato Fratel Teodoreto che è sempre vissuto in povertà praticando gli insegnamenti di San Giovanni Battista de La Salle.

Se il denaro gli è arrivato da benefattori, lo ha considerato solo il mezzo per le sue iniziative benefiche, non un fine di rasserenante sicurezza.

La Provvidenza - cascata di sorprese - non pone limite ai santi.

La fede non è un palliativo per consolare i deboli.

La fede richiede anime forti, risolute, cuori intrepidi, lotte continue, eroismi sofferenti, dolori beatificanti, privazioni illogiche all'uman godere, accettazioni incomprensibili alla material sapienza.

Impareggiabile formatore di coscienze - più di sessanta giovani hanno seguito la via del sacerdozio o la via della consacrazione religiosa per merito suo - fonda l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria Santissima Immacolata, la Messa del povero, definita dal Servo di Dio, « perla dell'Unione », la Casa di carità Arti e Mestieri con le varie succursali, copia aggiornata di quella stupenda « Académie Chrétienne » del La Salle che ha anticipato i cambiamenti della società moderna.

Un episodio.

A Zurigo, uno scienziato russo, il professor M. Minkowski, docente di neurologia all'università, mi ha detto un giorno in cui la tristezza planava come un velo di nebbia sulle acque del lago: « Non ho studiato dai Fratelli delle Scuole Cristiane.

Non ho conosciuto quel santo personaggio, di cui si parla anche a Zurigo che si chiama Fratel Teodoreto e che gode particolare stima a Neuchàtel dove i Fratelli hanno una casa.

Non sono un credente. Non lo sarò mai, diversamente da te.

Ma ho illimitato interesse verso quegli uomini che donano all'umanità qualcosa di nuovo, un lievito di speranza, una ventata di carità, un appoggio sostanziale senza alcun interesse di lucro ».

Al professor Minkowski non avevo rivelato nulla che riguardasse Fratel Teodoreto, ma le voci correvano tra ex allievi emigrati nella Confederazione per lavoro.

Erano gli anni duri del dopoguerra.

I non raccomandati stentavano a trovare occupazione.

I giovani accettavano qualsiasi soluzione.

La Svizzera apriva le braccia fraterne a chi chiedeva aiuto e conforto, senza interrogare, tranne che sul loro livello di dolore e di infelicità.

Erano italiani che dilaniati dagli orrori della guerra cercavano disperatamente una via per uscire dall'emarginazione in cui erano stati cacciati.

Molti si rivolgevano ai Fratelli delle Scuole Cristiane per un aiuto sostanziale e morale.

Ho vissuto quei giorni.

A Neuchàtel sono di casa.

Ha i vini migliori di tutta l'Elvezia, Bacco è nato qui e qui conserva la primitiva scapigliatura.

Il nome di Fratel Teodoreto passava di bocca in bocca, tocco di magia, con un sapore di arrivederci e mai di amaro addio.

Un ex allievo che occupa una brillante posizione in un'industria ginevrina, incontrandomi durante un congresso, mi parlò di Fratel Teodoreto pregandomi di deporre a nome suo un mazzo di fiori sulla tomba.

Ho rifiutato. Per un motivo.

Non ritengo che Fratel Teodoreto sia morto. La morte non esiste.

Esiste un passaggio che noi definiamo « morte », su cui si sono dilettati e si dilettano poeti, filosofi, spiritualisti, mistici.

Fratel Teodoreto non è mai « morto » nel senso corporeo del vocabolo, come non è mai « morto » San Giovanni Battista de La Salle, il cui insegnamento continua attualissimo nei secoli.

Dovrei collocare fiori sulla tomba di un vivo?

La parola « morte » è troppo sfruttata dai furbi a danno dei semplici perché io ne prenda atto e vi partecipi.

La paura della morte non ha mai contagiato Fratel Teodoreto, come non ha contagiato il de La Salle.

I santi non hanno paura di avvicinarsi all'ignoto.

La morte per chi non crede è la fine; per chi crede è solo un cambiamento, in meglio, di una situazione inspiegabilmente contradditoria qual è la vita.

Mi ha particolarmente colpito il senso della preghiera di Fratel Teodoreto, sull'esempio del Fondatore.

Il de La Salle ha lasciato ai Fratelli delle Scuole Cristiane il seguente messaggio: « Voi siete gli ambasciatori e i ministri di Dio nella professione che esercitate; dovete dunque comportarvi come rappresentanti di Cristo.

È lui che vuole che i vostri alunni guardino a voi come a lui stesso, che ricevano i vostri insegnamenti come fossero dati da lui stesso.

Devono essere persuasi che è la verità di Cristo che parla per bocca vostra, e che è nel suo nome che voi insegnate.

Essi sono la lettera che egli vi ha dettato e voi scrivete ogni giorno nei loro cuori, non con l'inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivente che agisce in voi e per voi, con la virtù di Cristo ».

Fratel Teodoreto lo ha sempre proclamato.

La preghiera, ritenuta da molti un atto di debolezza, è invece una dichiarazione di forza che obbliga Dio ad ascoltarci.

La preghiera lievita e potenzia il desiderio dell'apostolato.

Si spiegano così i « ritiri » mensili dei catechisti e dei Fratelli in ossequio ai « désert carmélitains » frequentati dal de La Salle e popolati - come ha scritto Fratel Secondino Scaglione - da realtà invisibili e divine.

Nei « ritiri » si sente Dio, si ha l'esperienza di Dio per trasmetterla alle anime.

Con la preghiera, la carità.

San Paolo pone la carità al primo posto nella vita del cristiano.

Mi pare che la carità risulti, secondo una recente statistica, agli ultimi posti nella graduatoria della civiltà, fatte le debite eccezioni di apostolato ecumenico e missionario.

Fratel Teodoreto è sempre vissuto di carità. La carità lo ha spinto ad agire come San Paolo e come San Giovanni Battista de La Salle.

La carità ha incoronato la sua esistenza.

Lo ha fatto con umiltà, modestia, sollecitudine, di nascosto, concedendo agli altri i riconoscimenti.

Si potrebbe definire il santo del silenzio e del raccoglimento.

Ci sono santi che suonano le trombe per farsi ascoltare; altri, che pur possedendo fiato possente, agiscono in sordina.

La stessa Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane ha sempre seguito su questa via il Fondatore.

Si comprende come siano occorsi due secoli prima che il de La Salle fosse canonizzato.

La Chiesa, talvolta, o meglio i suoi ministri, rivelano ampi vuoti di memoria.

C'è santità anonima e santità pubblicizzata. La vita di San Giovanni Battista de La Salle non è stata conosciuta abbastanza dal grosso pubblico.

È successo a Fratel Teodoreto, che pur qualcosa ha compiuto, educatore di uomini e non crescitore di egoisti, ambiziosi, approfittatori, imbelli.

Il suo amore per la povertà.

È un tasto che i cristiani anemici toccano a malincuore, perché nel mondo il povero non conta nulla, pedina mossa da chi possiede, da chi amministra, da chi governa.

Fratel Teodoreto ha fornito un esempio a coloro che fanno la corte a Cristo, spacciandosi per distributori di virtù, credendo di essere i primi nel regno dei Cieli, amoreggiando simultaneamente con Sant'Agostino e con Voltaire.

L'amore per la Madonna, bruciante, intenso ha caratterizzato la sua esistenza.

Fratel Teodoreto aveva approfondito la tematica mariologica, ne conosceva lo sviluppo.

Parlando con me passava disinvoltamente dal patristico al medioevale; dai secoli XVII e XVI II caratterizzati dalle prospettive soteriologiche di Salazar e da quelle spirituali della scuola francese sino al nostro secolo.

Conosceva bene la « Société Francaise d'Etudes Mariales », fondata nel 1934 per ristabilire un equilibrio fra la devozione mariana così ardente e la povertà teologica della scienza analoga.

Aveva una sconfinata adorazione per Gesù Crocifisso divulgando il pio esercizio composto dal Servo di Dio, fra Leopoldo Maria Musso, affidato da Fratel Teodoreto ai catechisti perché si facessero fiaccole di penitenza e di umanità.

Se dovessi restringere in una frase l'intera esistenza di Fratel Teodoreto, se lo dovessi definire, scriverei: « Fratel Teodoreto è stato il nutrimento di Dio ».

Elio D'Aurora