Duemila torinesi ad una proiezione sulla Sindone

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Di fronte ad un pubblico attentissimo che gremiva in ogni ordine di posti il cine Reposi, giovedì 25 ottobre 1984, il prof. Pierluigi Baima Bollone commentando un centinaio di diapositive ha riassunto le ricerche sinora effettuate da studiosi di tutto il mondo giungendo alla clamorosa conclusione che l'uomo della Sindone è Gesù e che le prove scientifiche corrispondono perfettamente alla descrizione della Passione e della Morte in Croce fatta dai quattro Vangeli.

L'illustre esperto torinese ha convalidato le comunicazioni presentate alla « Conferenza internazionale sull'elaborazione numerica dei segnali » svoltasi a Firenze nel settembre di quest'anno.

Il mistero della Sindone ha sempre affascinato i torinesi anche non credenti che - nonostante il silenzio dei mass-media - sono accorsi numerosissimi e con una partecipazione qualificata di medici, chimici, esperti fotografici, storici alla serata promossa a favore della « Lega italiana per la ricerca sul cancro ».

L'attesa non è andata delusa.

Attraverso una dettagliata panoramica storico-scientifica il prof. Baima ha sintetizzato i risultati ottenuti in particolare dalle ricerche eseguite dopo l'ultima estensione del 1978 per il quarto centenario dell'arrivo della reliquia a Torino conservata gelosamente nel Duomo di S. Giovanni a partire dal 1578 dopo il suo trasferimento da Chambery.

Le risposte da dare sulla Sindone erano sostanzialmente tre:

dimostrare che il sacro lenzuolo non era frutto di ricostruzioni successive;

che proveniva effettivamente dalla Palestina e apparteneva ad un'epoca contemporanea a Gesù;

che l'impronta effigiata era veramente il volto divino e non di uno qualunque crocifisso.

La prima risposta è venuta dalle lastre ottenute dall'avvocato astigiano Secondo Pia che fotografata la Sindone per la prima volta nel 1898 osservò che la figura impressa sulla tela era in negativo il che faceva escludere che potesse essere stata elaborata prima dell'invenzione della fotografia.

Pia scriveva nella sua relazione « di aver provato una emozione fortissima allorché scorsi per primo apparire sulla lastra il Sacro Volto ».

Le successive fotografie di Giuseppe Enrie fatte durante l'estensione del 1931 confermarono l'impossibilità di trucchi e di manipolazioni mettendo in crisi le teorie contrarie all'autenticità del venerato Lino.

La seconda prova venne nel 1976 dal criminologo zurighese Max Frei, ora scomparso, che dopo tre anni di ricerche attraverso l'esame dei pollini presenti nel sudario aveva affermato che esso « proveniva dalla Palestina ed era contemporaneo a Gesù ».

La scoperta di ben sei specie di piante palestinesi e di una turca oltre a otto mediterranee consentiva a Max Frei di chiarire che la Sindone « non è un falso ed è un tessuto che ha soggiornato, in Palestina, Turchia, Francia, Italia » come provato dalla sua storia.

Ma è con l'intervento dei tecnici della Nasa, l'ente spaziale americano, che fotografarono la Sindone nel 1973 in occasione della prima astensione televisiva ottenendo alcune immagini tridimensionali che ci si avvicinò alla soluzione definitiva dell'affascinante mistero.

I sofisticati apparecchi che analizzarono le foto del pianeta Marte trasmesse dalle sonde Viking consentirono di trarre dal Sacro Lino una immagine in rilievo mediante la lettura dei chiaro scuri del sudario.

Fu possibile contare i 105 colpi della ftagellazione inflitta alla vittima, provare la incoronazione eseguita mediante una cuffia di spine messa sul capo, far risaltare il colpo di bastone che ruppe le cartilagini nasali.

A Torino il Prof. Tamburelli perfezionò questa tecnica.

L'immagine tridimensionale ha permesso di vedere nell'uomo della Sindone persino il sudore di Sangue che secondo i Vangeli sgorgò dal volto di Gesù nell'orto dei Getsemani, e nel 1980 l'analisi spettrometrica accertò che le macchie di sangue erano di natura umana.

Restava l'ultimo passo da compiere: la dimostrazione che le impronte appartenevano al corpo del Signore e non ad uno dei tanti condannati a morte dagli occupanti romani.

Attraverso l'elaborazione numerica dei segnali il Prof. Robert Haralick dell'Università della Virginia grazie al più potente elaboratore elettronico del mondo è riuscito ad analizzare gli strati interni del Sacro Lino sinora rimasti inesplorati.

Sull'occhio destro del crocifisso è così apparsa l'impronta di una moneta coniata sotto Ponzio Filato dopo l'anno 29 d.C. con le lettere TIOUCAICAPUC corrispondenti all'imperatore Caio Tiberio.

All'epoca di Gesù gli ebrei usavano chiudere le palpebre dei morti con due monete a sua volta tenute fisse da bende che avvolgevano il capo.

E finalmente la prova decisiva.

Le prime immagini del viso di Gesù di cui abbiamo traccia sono una icona del sesto secolo conservata nel monastero di S. Caterina nel Sinai e una moneta bizantina del settimo secolo con un Cristo simile alla Sindone: un volto frontale dalla barba folta e dai capelli fluenti.

L'equipe dello studioso americano ha confrontato con l'elaboratore il volto della Sindone con quello dell'icona e della moneta con risultati di perfetta identità per cui c'è da concludere che entrambe sono state copiate in epoche diverse dalla Sindone che è quindi il lino che avvolse proprio il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla Croce.

Con questo esperimento, l'ultima istanza, quella più difficile da dimostrare, ma quella più importante che la Sindone di Torino, il Quinto Vangelo, è veramente l'impronta del corpo del Signore, è diventata finalmente certezza e patrimonio di tutti i credenti.

Beppe Foradini


« Ci ha sottratti al potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo Figlio diletto, per il quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.

Questi è l'immagine di Dio invisibile, primogenito avanti ogni creatura; poiché in Lui tutte le cose furono create: quelle celesti e quelle terrene, le visibili e le invisibili … ed Egli esiste avanti tutte le cose e tutte hanno consistenza in Lui ». ( Col 1,13-17 )