Ci fu pastore per 11 anni

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Alberto Ballestrero nasce a Genova il 3 ottobre 1913.

Entra giovanissimo, a 15 anni, nell'Ordine Carmelitano, dove prende il nome religioso di Anastasio del S. Rosario, e viene ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, a 22 anni.

All'interno del suo Ordine ricopre molti e importanti incarichi, fino alla sua elezione a Preposito Generale per 12 anni.

Durante tale servizio visitò circa 900 case sparse in tutto il mondo.

Membro della Commissione preparatoria del Conc. Vat. II e Padre conciliare come rappresentante dei Superiori Generali, diede la sua fattiva collaborazione soprattutto per quel che attiene alla vita religiosa.

Elevato all'Episcopato nel 1973, sostenne per tre anni la responsabilità della Chiesa di Bari, quindi per undici anni quella di Torino.

Nel giugno 1979 venne nominato Cardinale.

Ebbe per sei anni la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana culminata nella celebrazione dell'importante Convegno Ecclesiale di Loreto ( 1985 ).

Predicatore di raro valore, dettò gli Esercizi Spirituali in Vaticano nella Quaresima del 1975.

Molte delle sue istruzioni vennero raccolte in volumi dati alle stampe con grande successo, soprattutto sui temi di vita cristiana sia per laici che per religiosi.

Il 31 gennaio lascia, per raggiunti limiti di età, il governo della Diocesi di Torino al Vescovo Mons. Saldarini Giovanni, già Ausiliare del Card. Martini, Arcivescovo della Diocesi di Milano.

A scopo celebrativo, riportiamo alcuni stralci di suoi scritti, su temi a lui congeniali e particolarmente intonati agli argomenti del nostro bollettino, quali l'orientamento vocazionale della vita e il germoglio di questo nelle famiglie.

Perenne giovinezza della consacrazione sacerdotale

« Chi è consacrato Sacerdote non invecchia e attinge dall'immortalità e dall'eternità del sacerdozio di Cristo quella forza d'animo, quella perseveranza di cuore e quella serenità di vita che l'aiuta a continuare fino all'ultimo giorno, non presentando un sacerdozio in declino, ma un sacerdozio che ha parole di giovinezza, di eternità, sempre, anche quando, a pronunciarle, sono labbra che tremano e gesti incerti per l'età, non per la fede e per l'entusiasmo ».

( 1954 )

La vocazione sacerdotale a sostegno di tutti

« Noi tutti abbiamo tanto desiderio che il Signore accompagni la nostra vita.

Ogni cristiano vive un po' della nostalgia d'aver conosciuto il Signore Gesù, d'aver ascoltato la sua voce e d'aver ricevuto da Lui le parole di vita eterna e la grazia che divinizza l'esistenza.

Ebbene, questo noi possiamo avere dal sacerdozio.

Dovunque passa un sacerdote, passa il Signore.

Dovunque un sacerdote parla, Cristo parla.

Dovunque un sacerdote benedice, Cristo benedice; dovunque un sacerdote pronunzia parole di perdono, di assoluzione, di grazia, Cristo perdona, assolve, gratifica.

Abbiamo tanto bisogno di ritrovare la fiducia, la confidenza, la familiarità del sacerdote!

Non è un separato chi con la sua vocazione e con i suoi privilegi sale l'altare, ma è un prescelto tra tanti fratelli a diventare il primogenito di tutti e a portare di tutti il peso, a tracciare per tutti la strada e a diventare per tutti il sostegno in ogni desolazione, in ogni momento di stanchezza ».

( 1964 )

La Famiglia contesto prezioso per le vocazioni

« La famiglia è contesto prezioso per le vocazioni, non soltanto attraverso ad alcuni comportamenti educativi, ma soprattutto attraverso la profonda concezione cristiana della famiglia stessa.

Oggi la famiglia è in crisi; le ragioni per cui è in crisi si dice che siano molte, ed è vero; ma penso che una delle ragioni più profonde della crisi della famiglia è che la famiglia viene prevalentemente intesa come fenomeno e affare privato, di due persone che si vogliono bene: ci vogliamo bene, mettiamo su famiglia.

Questo individualismo, sia pure a due, di coppia, non è conforme alla visione cristiana della famiglia.

La famiglia è l'assunzione di una responsabilità all'interno della comunità umana e della comunità ecclesiale.

Se gli sposi non sono sposi per assolvere questa responsabilità all'interno della comunità cristiana ed umana, sarà inevitabile che la famiglia poi riverberi gli egoismi da cui è ispirata.

Nella "Familiaris Consortio" …, il Documento conclusivo del Sinodo sulla famiglia, è detto chiaramente che la famiglia è un ministero; chi si sposa assume nella Chiesa una collocazione ministeriale e la assume precisamente non soltanto per essere nella comunità cristiana testimone dell'Amore di Dio, ma anche per essere nella famiglia cristiana testimone della fecondità di questo amore.

Troppi problemi oggi sono aperti nella concezione della famiglia ».

« Ritengo che il discorso del rapporto famiglia-vocazione debba essere approfondito: non basta semplicemente dire come dicono tanti sposi, anche cristiani, … se mio figlio, se mia figlia mi dicono che vogliono seguire una certa strada io non li ostacolerò; non è questo, non basta, è questione che l'ambiente famigliare sia un ambiente nel quale si respirano le responsabilità ecclesiali, si respirano le responsabilità umane; e si viene educati a prendere le proprie responsabilità e a fare le proprie scelte: Io, che cosa faccio? dove mi colloco?

Perché le vocazioni nascono così, non è semplicemente seguire un gusto o seguire una attrattiva, le vocazioni devono essere aiutate a maturare e questo è vero soprattutto oggi, ed è per questo che io ritengo che l'educazione alla formazione delle nostre famiglie deve diventare meno individualistica e più ecclesiale, più comunitaria, più sociale, più attenta precisamente a queste dimensioni che poi sono relative della famiglia.

Perché è dalla famiglia che poi nasce ogni altra società, è dalla famiglia che le società hanno un seguito.

( 1986 )

« Seguimi »

« Signore, tu chi sei? Questo desiderio di conoscerti è la vera risposta alla tua venuta.

Sei venuto per essere cercato ogni giorno, là dove ti doni nell'inesauribilità del tuo Mistero.

Ogni giorno tu mi rivelerai "chi sei".

Gesù dammi questa fede e questa speranza.

La mia vita terrena non è più banale, gretta, meschina, da quando tu l'hai percorsa camminando per le mie stesse strade, godendo e soffrendo le mie stesse vicende, insegnandomi che la provvidenza del Padre vigila su tutti e soprattutto su coloro che seguono te.

Fammi fedele al tuo "vieni e seguimi".

Dicendo "vieni", non hai detto: andremo qui, andremo a far questo, a far quello …

Hai detto in modo assoluto "vieni e seguimi"; perciò il nostro andare è seguirti.

Seguirti con fedeltà, ma anche con umiltà.

Non ti dirò come Pietro: "Signore dove vai? Darò la mia vita per te".

Tu mi risponderesti: "Ci sarà chi ti cingerà i fianchi e ti condurrà dove non vorresti".

Signore, mi sia dato di seguirti e non di precederti.

Signore, mi sia dato di seguirti senza domandarti dove mi porti.

Ho tanta fiducia in te e mi basta; dove tu mi porterai, verrò.

Se ti seguirò, potrò diventare testimone di tutti i tuoi miracoli; se invece vorrò precederti, non conoscerò che la follia e il peccato.

Dove ti piacerà camminare, là io camminerò.

Gesù, per dove ti piacerà passare, là io passerò.

Mi basti tu, perché non soltanto cammini sulla mia strada, ma sei addirittura la "mia strada".

Se sarai per me via serena e pianeggiante, sii benedetto!

Se sarai sentiero affocato e polveroso, sii ugualmente benedetto!

Mi basta sapere, per la mia pace, che non sono chiamato a camminare per tante strade ma per una sola: te.

Tu sei la strada che mi conduce alla mèta: in Patria, alla Casa del Padre.

Sarò pellegrino fino a quel momento.

Allora finalmente nessuno mi comanderà di andare, né tu mi dirai più: "vieni", ma la tua voce, fatta di amore, mi inviterà: "Rimani!" ».

A. Ballestrero